Amazon, pubblicità a pacchi
Il colosso espande il suo impero oltre l’ecommerce e no, noi non possiamo sottrarci (né mentirgli)
Ad Amazon non si può mentire. Si può mentire a Google, che raccoglie dati sui suoi utenti dalle ricerche su internet e dalle e-mail, e si sa che si cercano un sacco di stupidaggini, e le email non sono mai sincere. Si può mentire a Facebook, che raccoglie materiale dalle connessioni personali, e se certo si tratta di materiale utile per immaginare le aspirazioni, meno lo è per comprendere le persone. Ma ad Amazon non si può mentire. Il mezzo di comunicazione tra Amazon e i suoi utenti non sono i “mi piace”, le ricerche, gli allegati: è la carta di credito, e quella non mente. Amazon sa cosa ci piace meglio di Google e di Facebook, perché quello che ci piace alla fine lo compriamo, e nel caso lo rimandiamo indietro. Il numero di dati è inferiore, abbiamo decine di interazioni quotidiane con Google e con Facebook, gli acquisti su Amazon sono senz’altro più rarefatti, ma precisi: il like lo mettiamo pagando, e visto che siamo piuttosto affezionati a quello che compriamo – esattamente come continuiamo a difendere un politico che abbiamo votato anche se combina disastri o a tifare una squadra di calcio perdente – il nostro amore per Amazon è grande. Pochi giorni fa un sondaggio della Georgetown University e della Knight Foundation ha chiesto agli americani quali fossero le istituzioni di cui si fidassero di più: primo l’esercito, secondo Amazon.
Era soltanto questione di tempo prima che Amazon decidesse di mettere a frutto questo tesoretto di dati e di fiducia in qualcosa che non fosse il potenziamento del suo servizio di ecommerce. La scelta è caduta sulla pubblicità. Molti report in questi mesi – da ultimo ieri il Wall Street Journal – segnalano che Amazon quest’anno è diventato il terzo distributore di pubblicità online negli Stati Uniti. L’azienda sta assumendo centinaia di persone nel settore, e anche se per ora è in terza posizione piuttosto distante da Google e Facebook, i due giganti dell’online advertising, il suo tasso di crescita è elevato e le stime indicano che negli anni prossimi diventerà un gigante pubblicitario. Il primo veicolo di pubblicità per Amazon è ovviamente il suo sito internet. Gli inserzionisti pagano Amazon per presentare i loro prodotti tra quelli consigliati o sponsorizzati, oppure per farli apparire più in alto nella ricerca. Ci sono anche annunci più tradizionali, sotto forma di banner, e annunci video, che Amazon può pubblicare sulle sue piattaforme di streaming o sui siti partner come IMDb. Amazon può usare i dati degli utenti per la profilazione anche su siti terzi.
Insomma, l’azienda di Jeff Bezos ha praticamente tutto quello che serve per diventare il prossimo gigante della distribuzione pubblicitaria, oltre che un gigante nell’ecommerce, nel cloud computing e in altri campi. L’espansione di Amazon ricalca il perfetto manuale della superpotenza digitale, che sfiora il monopolio: il più grande commerciante digitale del mondo diventa anche uno dei più grandi pubblicitari del mondo. Aggiungiamo il fatto che molti dei beni promossi non soltanto sono venduti, ma sono anche prodotti direttamente da Amazon, e il cerchio si chiude perfetto.
In Italia, nel frattempo, Amazon ha ottenuto la licenza di operatore postale, per chiudere una vertenza con l’Agcom che in estate aveva multato l’azienda per pratica abusiva dell’attività. Amazon non vuole dire se ha intenzione di soppiantare i corrieri con un servizio fatto in proprio, ma ha senza dubbio i mezzi per farlo, e aggiungere un altro pezzo al suo impero.