L'Italia potrà aumentare la produzione interna di idrocarburi?
Dopo anni di estrazioni altalenanti e di opposizione popolare a progetti energetici, abbiamo chiesto se c’è motivo di confidare in una stagione di ripresa della produzione nazionale
Davide Tabarelli, Nomisma Energia
Occorre essere ottimisti, nonostante le pessime statistiche degli ultimi anni che indicano un calo costante. Ottimisti perché la stragrande maggioranza degli italiani lo capisce, visto che sono i primi importatori al mondo di gas e petrolio, le due fonti più importanti sul loro bilancio energetico, il 70 per cento dei 170 milioni di tonnellate equivalenti petrolio (Mtep) consumati nel 2017. In totale sono stati importati 100 Mtep, mentre la produzione nazionale è scesa a 10 Mtep, metà gas e metà petrolio. Il prezzo medio di queste importazioni è di 300 € per tonnellata, il che significa che ogni anno mandiamo all’estero come bolletta idrocarburi 30 miliardi di risorsa pari all’1,7 del pil. Sono felici gli italiani, perché questo è uno spreco che solo un paese ricco si può permettere, mentre il suo governo litica, dall’inizio del suo insediamento, con l’Ue per lo 0,1 per cento di pil. Le riserve accertate di petrolio e gas in Italia potrebbero consentire una produzione nazionale doppia, con investimenti immediati dell’ordine di 5-10 miliardi di € che andrebbero a mantenere attiva un’industria dell’indotto che tutto il mondo ci invidia. Chi non ci crede vada all’Offshore mediterranean conference a Ravenna, dove le imprese locali, che impiegano 5 mila dipendenti, attirano da tutto il mondo migliaia di visitatori. Le nostre imprese sono in giro per il mondo a fare i progetti più innovativi, che sono anche quelli più rispettosi dell’ambiente, mentre in casa non riusciamo a estrarre quello che abbiamo. Il governo del cambiamento non può non accorgersene.
Giovanni Battista Zorzoli, coordinamento Free
In molti tendono a dimenticarlo quando si parla di scenari energetici, ma è importante tenere in considerazione che tra due mesi avremo a disposizione il Piano nazionale energia e clima, un documento che il governo è tenuto a presentare alla Commissione europea entro fine anno per chiarire quale sarà il futuro energetico del paese, con obiettivi operativi al 2030 e scenario al 2050. Il trend descritto da questo documento ci permetterà di capire quale sarà il trend discendente della domanda di idrocarburi sul lungo termine: dovremo tenerne conto nel valutare se ci sarà un ritorno economico da un aumento della produzione nazionale di idrocarburi . Come coordinamento Free abbiamo pubblicato una valutazione del mix energetico richiesto per soddisfare gli obiettivi del Piano energia e clima al 2030, da cui risulta che ci sarà una consistente diminuzione della domanda di idrocarburi. Non si tratta di essere ideologicamente favorevoli o contrari a queste fonti energetiche, ma di guardare ai numeri. In base a quanto abbiamo potuto osservare, non ritengo che avremo bisogno di disporre di maggiori quantità di gas e petrolio rispetto a quelle che già abbiamo. Non dimentichiamo che in sede europea abbiamo l’impegno di raggiungere una quota di rinnovabili pari al 32 per cento dei consumi finali di energia, come stabilisce il pacchetto Clima Energia dell’Ue al 2030, mentre l’efficienza dovrà arrivare all’obiettivo del 32,5 per cento. La cornice è questa, non resta che aspettare l’inizio del nuovo anno per vedere su quali dati, che non potranno essere clamorosamente diversi dalle nostre stime, verterà la discussione in Italia.