Fiat sotto analisi
Il Piano Fca per l’Italia è una potenziale svolta per un paese avviato verso una fuga retrograda dall’industria
L’incontro dell’ad di Fca Global Mike Manley e del responsabile per l’area Emea Pietro Gorlier a Torino e le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici ha rappresentato un passaggio molto importante. Manley è stato molto chiaro nell’illustrare il piano di sviluppo a livello mondiale e la scelta relativa all’elettrificazione completa della gamma e la produzione di veicoli a guida autonoma. Tutto ciò nel quadro delle previsioni di mercato dell’automotive dei prossimi quattro anni: la domanda in area Nafta è ancora forte, America Latina e Asia Pacifico in crescita, area Emea (Europa e mediterraneo) in crescita con rallentamento del 2020 per elettrificazione, ma non per il mercato Italiano che dovrebbe mantenere crescita perché abbiamo uno dei parchi auto più vecchi in circolazione. Nel mondo prosegue il passaggio dalle berline ai Suv con stabilizzazione nel 2020. La scelta di abbandonare la produzione di berline e dedicarsi ai truck e Suv è stata un’intuizione di Sergio Marchionne che oggi consente di scontare meno cali di mercato di altri player come General Motors. Non solo, un ulteriore insuccesso delle politiche protezionistiche di Donald Trump stanno mettendo in difficoltà anche Ford per i dazi alle importazioni di alluminio, che hanno la tassazione più alta. In controtendenza, Manley ha affermato che il Piano consentirà di proteggere l’occupazione in Italia e in Europa.
Elettrificazione
A dispetto delle attese, il ceo Manley ha detto che il Piano di Fca consentirà di proteggere l’occupazione in Italia e in Europa
Sull’elettrificazione, nella conferma della scelta, sono state evidenziate alcune criticità relative alle previsioni di mercato, alla riduzione dell’occupazione in prospettiva relativa alla riduzione del numero dei pezzi e maggiore automazione e semplicità delle linee e minore ricorso alla componentistica del veicolo. Inoltre, la scelta dell’elettrificazione comporta una necessità, come avviene in altri paesi, di dotazione di infrastrutture per la rete di ricarica, per lo smaltimento delle celle, e di nuove regolamentazioni su cui il nostro paese è molto indietro. In ogni caso i veicoli elettrificati passeranno dal 2 per cento attuali al 12 nel 2022 al 22 nel 2030 questo anche per evitare di incorrere sanzioni delle nuove normative Le emissioni passeranno nel 2020 dai 130g/km ai 95g/km (meno 8 per cento) e una successiva di ulteriori 15 per cento dopo il 2021 e 35 per cento successivamente. Le valutazioni delle maggiori case automobilistiche che sui componenti dei motori si passerà da 900 componenti a 100 componenti e un maggior livello di automazione, e stimano che potrà avere una riduzione dell’occupazione del 20 per cento nel settore. Il rischio è che, a fronte delle nuove limitazioni, chi non andrà verso l’elettrico, perderà ancora più occupazione. L’assistenza sarà ridotta, il tagliando periodico passerà da 22.000 a 200.000 km. Volkswagen molto impegnata nell’elettrico, sostiene che “le nuove normative europee faranno perdere 100 mila posti di lavoro”. La riduzione riguarderà in particolare la manodopera collegata all’assemblaggio del motopropulsore, alla manutenzione del veicolo, alla componentistica e al rifornimento. Nei segmenti più piccoli la tecnologia avrà un prezzo con minore competitività su cui si rischia di subire importazioni dall’Asia per piccoli veicoli frutto di produzioni molto sussidiate da governi asiatici.
I “Nimby” alleati dei fossili
Anche in questa partita i radicalismi e le mode bloccano le transizioni virtuose. Anche nel passaggio tra la Fiat Uno e la Punto c’è necessità di 1/10 di forza lavoro nello stabilimento, ma il lavoro non è finito ed è aumentato il lavoro collegato all’elettronica e a tante cose che, una volta, erano optional pregiati e che ora sono di serie. Certo, la prossima svolta della mobilità necessità una parallela svolta di un ecosistema intelligente su cui l’Italia a oggi fa solo dei gran convegni. Da questo punto di vista, chi chiede normative con scadenze immediate si salva la coscienza, ma in realtà non si accorge che la cosa più semplice da fare è oramai – con ancora molte problematiche di sostenibilità – l’auto elettrica che però non funziona senza una rigenerazione rapida di tutto quello che c’è attorno. Abbiamo chiesto di considerare la fase di transizione con maggiori modelli alimentati da metano e gpl nella fase di transizione dei prossimi diciotto mesi. Guardiamo l’impatto della CO2 per area sul sito electricitymap.org in tempo reale e capiremo molte cose. Le mode non aiutano le sacrosante battaglie per l’aria pulita. La campagna europea contro i diesel per l’inquinamento di Nox (biossido di azoto) è piuttosto strampalata: esso è prodotto nelle nostre città in misura maggiore per il riscaldamento che per la mobilità, e da un euro4 ad un euro6 l’emissione di Nox si è ridotto del 40 per cento. L’euro6 D final lo abbatte ulteriormente e produce meno CO2 degli altri combustibili. Ragioniamo sui dati o sulle mode del momento? E andiamo sempre alla fonte, ricordiamoci che nella transizione all’elettrico non dobbiamo trascurare da quale fonte si ricava l’energia elettrica.
Guida autonoma, svolta dal 2021
Per realizzare un’auto a guida autonoma vi sono cinque livelli di evoluzione. Oggi Fca è tra il livello 1 e 2. Il livello 3 (2020-21) sarà il prossimo e che consentirà al guidatore di tenere le mani lontano dal volante pronto però a intervenire. Il livello 4 sarà la guida autonoma completa prevedibile per il 2023 e 2025. Nel 2021 si lancerà il livello 3. Fca ha sviluppato tre partnership per potenziare la guida autonoma. Lavoro sulla Waymo che è già una realtà che consentirà il livello 4 e 5. Altra partnership e Aptiv per livello 2, per il livello 3 si utilizzerà Bmw per i modelli Maserati nel 2022 e 2023.
Auto 100 per cento digital connect
Entro il 2021 per il 100 per cento dei veicoli Fca la connettività digitale sarà incorporata come standard o come optional. Si potranno offrire servizi di assicurazione, prenotazioni, ecc. che cambieranno l’esperienza di guida, e che farà un salto di qualità con la guida autonoma. Inizierà Maserati, poi Fiat, poi Alfa Romeo e poi Jeep. Un’auto a guida autonoma consente “un’esperienza di guida” nuova. Si stanno integrando le tante offerte di utilizzo del tempo che si libererà nel poter fare altro mentre l’auto ci porta a destinazione.
Risultati finanziari
I rivali di Fca hanno accanto i loro governi, in Italia le fabbriche non sono neanche più viste come bacini di voti figuriamoci come risorse
Il Piano in sintesi
Tredici modelli: quattro completamente nuovi (500 elettrica, C-Suv Alfa, Suv Maserati media, Compass a Melfi e nove restyling. Sono dodici interventi tra ibridazione e elettrificazione (a basso e alto voltaggio). due nuovi motori e due aggiornamenti Euro6 D final (diesel). Il piano presentato a Balocco da Marchionne prevedeva 8,7 miliardi € per area Emea nel quinquennio 2018-2022. Il piano presentato oggi è di oltre 5 miliardi€ nel triennio 2018-2021 e solo per l’Italia. Gli altri modelli del piano previsti nel piano di giugno entro il 2022 e non inclusi nel triennio 2018-2021 vengono confermati. Gli stabilimenti saranno tutti aggiornati con piattaforma elettrica o ibrida. Il piano prevede anche il re-shoring (ovvero il rientro della produzione in Italia) di due modelli, la 500 dalla Polonia e la Jeep Compass dal Messico.
Criticità del Piano
I “No al diesel” ricordino che la transizione energetica e una sterzata rapida sull’elettrico non sono prive di rischi ambientali
Senza soldi pubblici ma la politica guarda
Infine, la transizione all’elettrico e alla nuova mobilità necessità di nuove regolamentazioni e moderne infrastrutture di ricarica, produzione e smaltimento, è un lavoro in cui la politica e chi ha incarichi di governo dovrebbe recuperare i nostri ritardi, che altrimenti determinerebbero ulteriori ostacoli alla sostenibilità della transizione. La riduzione dell’occupazione nella produzione elettrica può essere compensata dall’economia che può nascere dai nuovi sistemi e servizi necessari in un ecosistema intelligente e digitale, ma a condizione che si colga presto tutto questo come sfida progettuale. E’ chiaro che le normative sulla transizione alla nuova mobilità dovranno considerare le tempistiche non schizofreniche e fare in modo che gli obiettivi siano realistici e non solamente teorici e autolesionistici. E’ un valore che nei 5 miliardi non ci sia un euro di denaro pubblico. Ma le istituzioni, il governo, tutta la politica devono tornare a occuparsi di lavoro e industria in modo serio e meno modaiolo. Tutti i rivali di Fca hanno accanto i loro governi: ovunque la politica industriale è all’interno della politica estera di ogni paese. In Italia le fabbriche non sono più viste neanche come bacini elettorali, figuriamoci come risorsa per il paese e il territorio. Eppure l’Italia metalmeccanica rappresenta il 52 per cento delle export italiano. E’ quell’Italia a prescindere che non si arrabbia più perché si è abituata a fare a meno della politica.
Storia contrattuale di successo
Sullo sfondo la strategia internazionale, la necessità di risorse finanziarie e quella di rafforzarsi sul mercato asiatico
Le buone notizie (spesso) snobbate
Nel quadro di previsioni di un mercato piuttosto stagnante e con gli annunci dei tagli operati da Gm ci sembra un ottimo segnale in controtendenza. Ci auguriamo che cambi la narrazione di questa storia e qualcuno comprenda il bisogno di un corale sostegno allo sviluppo industriale del paese, specie in un momento di grande incertezza. Si investono 5 miliardi di € in Italia su prodotti innovativi, senza denaro pubblico e senza sostegno governativo. Bisognerebbe fare qualche riflessione aggiuntiva. Personalmente apprezzo molto che il coo, Pietro Gorlier, invii una lettera con in contenuti del piano prima a tutti i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo e poi alla stampa. E’ un segno di riconoscimento importante del valore delle persone che lavorano. Sarebbe un bel colpo, rinnovare anche il Ccsl (il contratto dei tre gruppi) presto e bene, noi faremo la nostra parte. Abbiamo richiesto aumenti in pagabase del 10 per cento e puntato le normative per rafforzare la partecipazione dalle commissioni di reparto fino alle strategie nazionali. Chiediamo di andare a regime con un nuovo sistema di inquadramento professionale capace di valutare con più efficacia la persona nel lavoro e ne consenta la crescita. Per questo abbiamo chiesto di rafforzare l’impianto di formazione e diritto allo studio e la loro certificazione all’interno di un passaporto delle competenze. La strada per aumentare il valore del lavoro aiuta a vincere la sfida della produttività. Puntare “a parole” sulla persona è uno slogan spesso tradito dai comportamenti nel nostro paese. E’ ora di fare sul serio.
* Marco Bentivogli è segretario generale Fim-Cisl