il presidente cinese Xi Jinping (foto LaPresse)

Così l'Italia vuol fare di “Ping” un fenomenale “navigator”

Alberto Brambilla

America e Cina sono in guerra tecnologica ma sulla croceristica navale sono alleati perché a prestare conoscenza è Fincantieri

Roma. La tregua nella battaglia commerciale sino-americana chiamata al G20 di Buenos Aires da Donald Trump è durata meno di una settimana, si è interrotta con l’arresto in Canada, su richiesta degli Stati Uniti, della figlia del fondatore di Huawei, un colosso della tecnologia telefonica sussidiato da Pechino e considerato un campione nazionale dai militari. Per la Cina è come un atto di guerra. C’è però un ambito commerciale in cui le superpotenze rivali sembrano concordi nell’approfittare l’una dell’altra perché il perdente della relazione è l’Europa, complice l’Italia: la cantieristica per navi da crociera.

  

La Cina definisce la costruzione navale come industria strategica dall’inizio di questo secolo per affermarsi come una grande potenza marittima, in linea con la nuova postura dell’Esercito popolare spostata dalla difesa terrestre alla sicurezza navale. Oggi la Cina è il più grande costruttore navale in termini di tonnellaggio e di valore lordo. Ma non ha ancora un solido ancoraggio nelle costruzioni navali da crociera perché manca di esperienza. Qui gli interessi americani e cinesi coincidono. L’americana Carnival Corporation, più grande compagnia croceristica mondiale, vuole entrare nel mercato cinese che ha potenzialità di crescita notevoli. Nel 2017, 146 milioni di cinesi hanno viaggiato all’estero spendendo 285 miliardi di dollari, ma solo il 2 per cento (2,5 milioni) ha deciso di farlo con una “esperienza divertente” che David Foster Wallace “non rifarebbe mai più”. La strategia di Carnival è quella di ottenere accesso al mercato cinese e dare alla Cina la possibilità – per la prima volta in assoluto – di costruire navi da crociera nei suoi porti e di accumulare esperienza grazie al sostegno dell’italiana Fincantieri, controllata del Gruppo Cassa depositi e prestiti.

 

Per entrare nel promettente mercato, Carnival ha stretto accordi di collaborazione con la China State Shipbuilding Corporation (Cssc), uno dei principali conglomerati cantieristici di stato, coinvolgendo Fincantieri che fornisce in licenza la piattaforma tecnologica e supporto tecnico e progettuale durante la costruzione a Shanghai, nei moli del distretto di Baoshan e di Huarun Dadong. Il 28 agosto 2018, alla presenza del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e dell’ad di Cassa depositi e prestiti, Fabrizio Palermo, la collaborazione tra Fincantieri e Cssc ha avuto un ulteriore sviluppo con la firma di un memorandum di intesa tra i due gruppi per estendere la cooperazione industriale già esistente a tutti i segmenti della costruzione navale mercantile. Un pacchetto completo: navi per l’industria petrolifera e del gas, traghetti, mega yacht, navi speciali, infrastrutture d’acciaio, ingegneria navale e approvvigionamento di attrezzature, cabine da crociera, decorazione d’interni e creazione di una catena di fornitura affidabile. “Dalla sua creazione nel 1990, Fincantieri ha costruito ottanta navi e sviluppato esperienza in progettazione, design e filiera produttiva. Ci vorrà tempo prima che i cantieri navali asiatici riescano a colmare il divario con quelli europei, soprattutto per quanto riguarda i complessi sistemi di approvvigionamento e la flessibilità durante la produzione. Con la nostra esperienza possiamo aiutare l’industria croceristica cinese in questo percorso”, ha detto il ceo di Fincantieri China, Fabrizio Ferri.

  

La visione di Xi Jinping è di costruire venti navi da crociera all’anno entro il 2030, una nave costa in media un miliardo di euro. Secondo Luigi Merlo, presidente di Federlogistica, il rischio è che i cinesi creino una condizione di sovracapacità produttiva, saturando il mercato, come successo con l’acciaio. Altro pericolo generale delle collaborazioni con la Cina – constata Intesa Sanpaolo in un report disponibile sul sito del Centro per il trasferimento tecnologico Italia Cina – è il fatto che la tecnologia e il know-how che l’impresa italiana ha conferito alla joint venture company “defluiscano” dalla società comune verso altre società o altre attività del socio cinese. Il rischio di trasferire tecnologia ai cinesi aveva motivato le perplessità del governo francese sull’alleanza, in gestazione, tra Naval Group e Fincantieri nella navalmeccanica. Per usare i più virali strafalcioni del ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, l’Italia s’impegna a fare di “Ping” il più grande “navigator” del pianeta.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.