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Draghi termina il Qe mentre l'economia dell'Eurozona peggiora

Mariarosaria Marchesano

Stime di crescita riviste al ribasso per il prossimo biennio, finisce il programma di acquisti di titoli di stato ma la politica monetaria resterà accomodante

Milano. "La decisione di porre fine al Quantitative easing è più di tipo politico che economico e farà piacere ai falchi del Consiglio direttivo, in particolare ai tedeschi. Nonostante le revisioni al ribasso del pil dell'area euro, la Banca centrale spera nella comparsa di sacche di crescita e di una ripresa dell’inflazione di fondo con l’aumento dei salari. Queste speranze sembrano tuttavia eccessivamente ottimiste se si considera ciò che sta succedendo nel mondo, per non parlare dell’Europa. Sospetto che Draghi non riuscirà più ad aumentare i tassi". E' il commento a caldo di Paul Diggle, economista di Aberdeen Standard Investments, sulla scelta, confermata oggi dall'Eurotower, di portare a zero gli acquisti netti di bond entro la fine dell'anno e di mantenere inalterati i tassi d'interesse.  

  

Tale orientamento era in realtà atteso come pure era prevedibile che il presidente Mario Draghi annunciasse la revisione al ribasso delle stime di crescita dell'economia per gli anni 2018 (dal 2 per cento previsto a settembre all'1,9 per cento) e 2019 (dall'1,9 per cento all'1,7 per cento) mentre è stata confermata a più 1,7 per cento la previsione per il 2020. La Bce, come hanno osservato anche altri analisti alla vigilia della riunione, si trova nel dilemma di prendere atto della crescita debole dell'economia della zona euro (i dati economici della hanno continuato a deludere per tutto l'anno le aspettative) e la spinta inflattiva proveniente dai salari che stanno aumentando più del previsto. In questo contesto, Draghi ha preferito mettere un punto fermo sul Qe, “che è stato il motore di crescita dell'Eurozona” e “resta parte integrante della cassetta degli attrezzi”, lasciando in sostanza aperto lo scenario dei tassi d'interesse che, di certo non subiranno rialzi fino all'estate 2019, ma non esclude neanche che potrebbero restare invariati anche in seguito considerato il contesto macro e la necessità di far convergere l'inflazione “su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine”.  

  

Draghi, inoltre, ha precisato che nel Consiglio direttivo non sono stati discusse altre opzioni di politica monetaria come i Tltro, finanziamenti alle banche, ma che siccome la Bce “intende mantenere liquidità sul mercato”, è possibile che se ne discuterà in seguito. E sui programmi di reinvestimento dei titoli a scadenza, ha detto che verranno fatte nelle giurisdizioni dei paesi dove gli stessi titoli arriveranno a termine e che tali operazioni potranno proseguire anche successivamente al primo aumento dei tassi e “fino a quando sarà necessario avere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario”, senza dare un limite di tempo.   

  

Non sono mancate, infine, considerazioni sulle politiche degli stati. “Il Consiglio direttivo ribadisce la necessità di ricostruire i buffer fiscali”, perché questo è particolarmente importante "nei paesi in cui il debito pubblico è elevato e per il quale la piena adesione al Patto di stabilità e crescita è fondamentale per assicurare finanze sane”. Allo stesso modo, ha aggiunto: “L’attuazione trasparente e coerente del quadro di governance fiscale ed economica dell'Ue nel tempo e tra i vari paesi rimane essenziale per rafforzare la capacità di ripresa dell'economia della zona euro”. Inoltre, “migliorare il funzionamento dell'Unione economica e monetaria resta una priorità. Il Consiglio direttivo accoglie favorevolmente il lavoro in corso e sollecita ulteriori passi specifici e decisivi per completare l'unione bancaria e l'unione dei mercati dei capitali”.