Perché siamo precipitati nel peggior mondo del lavoro possibile
“Con il decreto dignità stanno facendo grippare il motore dell’economia”. Parla Colli-Lanzi (Gi Group)
Milano. Eravamo se non nel migliore, in uno dei migliori dei mondi possibili. E siamo precipitati nel peggiore. Il tutto nel giro di pochi mesi. E’ esterrefatto Stefano Colli-Lanzi, fondatore e amministratore delegato di Gi Group, la maggiore agenzia italiana per il lavoro con un fatturato da 2,3 miliardi di euro, presente in 28 paesi. “Fino a luglio avevamo un sistema di norme per il lavoro tra i migliori del mondo, il secondo più apprezzato dopo quello olandese. Aveva anche il pregio di rendere il contratto a tempo indeterminato più attrattivo e meno vincolante – dice l’imprenditore – ed eravamo arrivati ad abbattere il contenzioso tra lavoratori e aziende. Ora abbiamo invece la peggiore legge sul lavoro”.
Colli-Lanzi si riferisce al decreto dignità del governo Lega-M5s, entrato in vigore in novembre, che prevede una serie di penalizzazioni al lavoro temporaneo. In particolare, ha introdotto le causali (dopo i primi dodici mesi di rapporto diventa necessario apporre una delle causali previste dalla legge per rinnovare il contratto), ha fatto aumentare i costi con un contributo addizionale, ha imposto un limite quantitativo del 30 per cento come massima percentuale di contratti a termine e infine alcuni passaggi del decreto si prestano ad interpretazioni diverse, lasciano un certo margine di discrezionalità nel caso di contenzioso. Il risultato? “Un impatto devastante sul lavoro a tempo determinato, che invece di essere demonizzato andrebbe considerato per quello che è: un sistema utilizzato dalle aziende per coprire picchi di produzione, gestire nuovi progetti, provare un lavoratore prima di assumerlo a tempo indeterminato, che resta, quest’ultimo, lo strumento centrale per l’occupazione nelle aziende”.
Un segnale delle conseguenze del decreto lo si è colto dagli ultimi dati forniti da Assolombarda sulle richieste di lavoratori in somministrazione nell’area di Milano e di Brescia: dopo aver messo a segno crescite superiori al 20 per cento al trimestre, nel terzo trimestre del 2018 hanno subito improvvisamente una netta contrazione, rispettivamente del 37 e del 26 per cento. L’impressione è che questo governo sia capace solo di mettere sabbia nel motore dell’economia invece dell’olio, presentando progetti che ostacolano l’attività delle imprese: come è accaduto con l’idea di tassare le auto che inquinano di più o di ridurre il lavoro domenicale. Solo che nel caso del decreto dignità, qui non si tratta di parole o di progetti, ma di un provvedimento entrato in vigore. “Guardi, faccio mia l’immagine della sabbia nel motore”, aggiunge Colli-Lanzi: “Qui stanno facendo grippare il motore dell’economia. Già il paese è debole e il pil è in calo, introdurre norme di questo tipo è un suicidio”.
Da luglio a oggi, ricorda il numero uno di Gi Group, il mercato del lavoro si è trovato a operare in quattro regimi normativi diversi, attraverso quelli transitori e quello definitivo, in un clima di crescente incertezza. “Non ho capito perché su una materia così delicata si è voluto intervenire con un provvedimento di urgenza. Il decreto dignità, fa perdere tutti perché irrigidisce le possibilità di assunzione per le imprese con la reintroduzione delle causali, scritte tra l’altro in modo da essere inapplicabili, e non aggiunge tutele significative per le persone; l’unico effetto certo è già oggi quello di aumentare il rischio di contenzioso giudiziario”.
Eppure, Colli-Lanzi resta fiducioso: “Lungi dall’essere portatrici di precariato, le agenzie per il lavoro contribuiscono a migliorare l’incontro tra domanda e offerta, svolgono un ruolo fondamentale perché aiutano le imprese a coprire quell’enorme gap tra posti che non vengono coperti per mancanza di personale qualificato, e lavoratori che non trovano occupazione. Noi facciamo politica attiva per il lavoro. E mi aspetto che anche il governo lo faccia”. Se non il governo gialloverde, quello che verrà dopo. Ma Colli-Lanzi questo non lo dice.