Il malconcio Trump se la prende con quei “pazzi della Fed”
La Banca centrale americana pronta ad alzare i tassi. Il presidente scarica i suoi problemi sui banchieri
Milano. Donald Trump stavolta ce l’ha messa tutta per fermare la mano dei banchieri della Fed, compreso quella del “traditore” al presidente Jerome Powell che si ostina a disobbedire all’invito del presidente a non operare un altro rialzo dei tassi, il terzo di fila, che potrebbe trasformare il Natale di Wall Street in un pericoloso “Santa Claus crash”. Ovvero l’anticamera di un 2019 a rischio non solo per i mercati americani, ai minimi da 14 mesi dopo aver bruciato da settembre ad oggi 3.400 miliardi di dollari di valore, ma anche per il carisma di The Donald che tanto poggia sulla sua nomea di uomo d’affari. Uno che sa fare quel che ci vuole per far correre l’economia – che comunque si accinge prepara a superare, a giugno, i 120 mesi consecutivi di crescita, il record storico stabilito tra il 1991 e il 2001.
Ma contro questo obiettivo – ha ruggito Trump – remano quei “pazzi della Fed”, come li ha definiti Peter Navarro, ideologo di Trump che guida la guerra dei dazi contro la Cina che – parola del presidente – “pensano a una nuova stretta anche se il dollaro è forte, la Cina vacilla e Parigi è in fiamme”. Sapremo stasera se l’offensiva di Trump avrà successo oppure se, per reazione, avrà suscitato lo spirito di corpo della Fed, ferma nel tutelare la sua indipendenza dalla politica. Le previsioni puntano sul pareggio: l’aumento è dato al 70 per cento, ma sarà comunque accompagnato da dichiarazioni “morbide” all’insegna della massima cautela sull’anno che verrà. Ma gli operatori sperano in un altro regalo: l’impegno della Fed a rallentare il drenaggio della liquidità, 50 miliardi di dollari al mese, che altrimenti rischia di creare una crisi nel sistema. Forse è questo il pericolo più grave per il mercato Toro, già malconcio e preoccupato per i pericoli di una probabile recessione.