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The Donald (non “quelli della Fed”) mette in ansia le Borse mondiali

Ugo Bertone

“Ora comprate a prezzi di saldo”. Trump cavalca il mercato Orso minacciando di licenziamento il Banchiere centrale e sfruttando uno zelante segretario al Tesoro

Milano. “Credetemi, adesso avete una straordinaria occasione d’acquisto a prezzi di saldo”. Brillano maligni gli occhi di Donald Trump, nelle vesti del Grinch, mentre parla in conferenza stampa il giorno dopo avere rovinato il Natale di Wall Street. Il mercato azionario, pur zoppicando, sta recuperando una frazione di quanto perso sotto l’albero, il peggior 24 dicembre della storia borsistica americana dal 1918, un disastro che non è difficile attribuire in buona parte alle mosse del presidente travestito da gatto guastafeste.

  

Trump ha, nell’ordine, ingaggiato il braccio di ferro con il Congresso minacciando il blocco del bilancio federale per settimane nel tentativo di strappare in extremis ai Democratici l’assenso al Muro da 5 miliardi di dollari da opporre ai migranti dal sud. Un conflitto che non fa senz’altro bene al dollaro, in attesa delle prossime emissioni record per far fronte al deficit. Ancor più gravi, anche perché del tutto inedite, le bordate contro la Federal Reserve, accusata di volere provocare, con aumenti “ingiustificati” dei tassi, l’arrivo della recessione. Recessione che, puntualmente, è già stata segnalata dall’andamento dei tre principali indici azionari, scivolati sotto i massimi di oltre il 20 per cento, giustificando l’allarme rosso sulla salute della Borsa, e minando così la maggior fonte di consenso per il presidente. Lui, incurante delle regole, ha risposto minacciando il licenziamento di Jerome Powell, il presidente della Fed da lui stesso nominato assieme ad altri membri dell’Istituto (quattro su sette) che hanno votato per il ritocco all’insù del costo del denaro.

    

E’ il quarto rialzo dell’anno, in aperta antitesi con lo stesso Trump. Infine, non pago degli scossoni all’edificio della finanza internazionale, ha benedetto l’intervento del segretario al Tesoro Steve Mnuchin che, con una mossa a sorpresa, ha convocato prima di Natale le sei maggiori banche americane per avere un quadro aggiornato sulla liquidità del sistema dopo i forti ribassi delle Borse. Una mossa sorprendente perché – si legge in un report di Cornerstore Macro – “a Wall Street fino a quel momento nessuno aveva sospettato il rischio di una crisi di liquidità”. E’ stato il Tesoro, insomma, a sollevare l’allarme con ricadute immediate sulle Borse aperte alla vigilia, compreso il listino giapponese che ha lasciato sul terreno un buon 5 per cento.

 

Un eccesso di zelo quello di Mnuchin? “No, io ho la massima fiducia in Steve”, ha subito risposto Trump, avallando così il sospetto che il tonfo di Natale sia stato per davvero uno scherzo da Grinch, tanto per fare scoppiare il bubbone del ribasso una volta per tutte, attribuendone peraltro la colpa a “quelli della Fed”. Una larga parte di osservatori economici, e nei circoli di Washington, cominciano a mettere in dubbio i risultati della guerra dei dazi, che sta causando problemi non solo a Pechino, ma anche a larga parte della corporate America che ha fortemente ridotto le previsioni di crescita. A partire dai Big della tecnologia, in pieno “sboom” dopo la lunga corsa: l’indice Fang (che raccoglie Facebook, Apple, Netflix e Google) ha lasciato sul terreno un terzo del suo valore dal 20 giugno scorso. E non è andata meglio ai titoli di punta del settore chips, da Nvidia a Qualcomm, le officine che sfornano i componenti chiave per il 5G o, peggio, per sfruttare le miniere dei bitcoin.

  

Soffrono i titoli legati al ciclo del petrolio, così importante per l’economia del Texas o dell’Oklahoma, e non brillano di sicuro le società più legate ai clienti/nemici di Pechino, dall’auto ai grandi trader di soia. Insomma, non è (ancora) il caso di parlare di recessione, prospettiva quasi scontata per molti esperti dopo 126 mesi di crescita ininterrotta dell’economia, ma cresce, specie dentro lo Fed, la schiera di chi ritiene che è giunta l’ora di attrezzarsi per far fronte alla frenata che prima poi arriverà. Ma non hanno fatto i conti con il Grinch: dopo gli ultimi ribassi, assicura Trump occhi di gatto, è di nuovo tempo di “buying opportunity”.