Scrivi Carige e leggi Italia. Una crisi bancaria rivela i danni del populismo
Un’azione per 0,0014 euro. La banca genovese soffoca in Borsa, ma questa volta la retorica del “risparmio tradito” non servirà a Lega e M5s
Roma. Ieri Banca Carige ha aggiunto altre perdite all’80 per cento già perso in un anno: il titolo, che il 13 marzo valeva 0,0095 euro, è sceso a 0,0014 mentre la capitalizzazione si è ridotta da 460 a 71 milioni, quanto una startup. La Vigilanza della Banca centrale europea ha convocato il presidente Pietro Modiano e l’ad Fabio Innocenzi e il primo azionista Vittorio Malacalza, prefigurando una sorta di commissariamento tra Francoforte, Banca d’Italia e ministero dell’Economia.
L’aumento di capitale di sabato scorso era andato a monte e i piccoli azionisti hanno subito chiesto aiuto in una lettera a Giuseppe Conte e Sergio Mattarella: s’invoca un intervento politico per una crisi in corso nella città di Beppe Grillo e del ponte Morandi, dove la Lega governa con il sindaco Marco Bucci e dove non mancano né capitali né imprenditoria. Una città che, quando si ribella, manda a casa classi politiche locali e nazionali. Lì, gli applausi e i selfie ai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini ai funerali delle vittime del Morandi sono un ricordo sbiadito. E’ attuale invece l’indifferenza governativa sulla Cassa di risparmio di Genova, fondata nel 1483, appena undici anni dopo il Montepaschi.
Ma ora che la crisi esplode non nella Toscana rossa o nella boschiana Arezzo, chi glielo spiega al popolo grillino-leghista? Di Maio ha appena postato tra i punti del proprio fact-checking della manovra del popolo un “più tasse per assicurazioni e banche: vero!”. Tutta la retorica del risparmio tradito, per cui si promettono 1,5 miliardi di “ristoro” a obbligazionisti e piccoli azionisti “truffati”, non regge più se è il governo a mettere in pericolo il risparmio. C’è in ballo qualcosa di serio: minaccia un settore bancario che nel 2017 si era rimesso in piedi.
Nel 2018 le prime undici banche hanno perso in Borsa 35 miliardi su una capitalizzazione iniziale di 120: ma il vero crollo, 44 miliardi, è iniziato a marzo, con la prima bozza del contratto di governo e il conseguente raddoppio dello spread.
Eppure la gran parte dei maggiori istituti (Intesa, Unicredit, Ubi, Banca Generali, Credem) ha rating e outlook migliori di quelli, declassati, del Tesoro: una situazione che non ha paragoni in Europa e che ha radici in questa stagione politica. Come dimostra la rilevazione di Unimpresa del 26 dicembre, oltre il 50 per cento della capitalizzazione di Piazza Affari è in mano a fondi e società estere. L’impoverimento delle aziende italiane ha favorito l’intervento di soggetti stranieri, investitori sì ma anche opportunisti ed elastici nella mentalità. Esemplare è il caso di Pimco, maggior fondo mondiale di investimento sul reddito fisso, che a fine novembre ha sottoscritto per intero un bond senior di Unicredit da tre miliardi a cinque anni. Il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier ha però dovuto pagare un interesse salato. Il fondo ha ufficiosamente spiegato di aver deciso tenendo conto della situazione politica italiana, apprezzando “il passo indietro del governo sul deficit negoziato con l’Europa”. Andrew Balls, manager Pimco, puntualizza: “Un default sovrano dell’Italia è improbabile ma non si può dire che sia a rischio zero”. Balls evoca anche i timori di una doppia circolazione di titoli di debito sovranisti, paragonando i Minibot ideati dal leghista Claudio Borghi ed i Cir dell’altro leghista Armando Siri, agli Iou (I owe you), obbligazioni proposte dalla California nel 2009 alle maggiori banche americane per scongiurare il default, esperimento concluso con due miliardi di dollari di perdite a carico dei contribuenti.
Dunque si scrive Carige, ma si legge Italia: una crisi bancaria sotto un governo populista. E’ ora che i risparmiatori si guardino non da chi promette di risarcire il risparmio tradito, ma da chi tradisce il loro risparmio.