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"Carige è in sicurezza ma aspettiamo la Bce". Parla Boccuzzi

Mariarosaria Marchesano

Il presidente del Fondo interbancario spiega che non esiste, per ora, il rischio default o bail in. Senza aumento di capitale, il bond sarà convertito subito. Poi si cercherà un cavaliere bianco

Roma. “Abbiamo messo in sicurezza Banca Carige dal punto di vista patrimoniale. Ora attendiamo le decisioni delle autorità di Vigilanza sperando che si riesca a individuare la soluzione più efficace per assicurare un assetto stabile”. Parla Giuseppe Boccuzzi, direttore generale del Fondo interbancario di tutela dei depositi e regista dell’intervento nella banca ligure con la sottoscrizione di un bond subordinato convertibile in azioni da 320 milioni di euro. L’intervento era prodromico all’aumento di capitale da parte dei soci che però è stato bloccato dall’assemblea del 22 dicembre a causa del venir meno del sostegno della famiglia Malacalza, primo azionista con il 27,5 per cento. E ora il destino dell’istituto è nelle mani dalla Bce che, secondo indiscrezioni di stampa, avrebbe convocato a Francoforte sia l’amministratore delegato Fabio Innocenzi sia i rappresentanti della famiglia Malacalza. Quest’ultima, infatti, dovrebbe spiegare come mai ha deciso di non sottoscrivere la ricapitalizzazione da 400 milioni di euro, che avrebbe reso possibile l’avvio del piano industriale, facendo così precipitare la crisi dell’istituto. Che cosa succederà adesso?

  

  

   

Per il momento, proprio la presenza del Fondo dovrebbe scongiurare soluzioni estreme per Carige, il cui titolo ieri è stata ammesso alle negoziazioni di Borsa dopo che non era riuscito ad aprire la seduta causa delle forti vendite (dall’inizio dell’anno l’azione ha perso oltre l’80 per cento e ora il valore è vicino allo zero). E in futuro? Innanzitutto, come chiarisce Boccuzzi, non è del tutto escluso che si possa comunque procedere con l’operazione di aumento di capitale che è destinato in opzione ai soci. Ma nel caso in cui non si riuscisse a percorrere questa strada, oppure anche nell’eventualità di una sottoscrizione parziale, sarà il Fondo interbancario a intervenire in tempi stretti. “In questa vicenda ognuno si assumerà le sue responsabilità e noi stiamo facendo la nostra parte per garantire stabilità in un momento così delicato”, spiega il direttore del Fondo interbancario che si è impegnato a sottoscrivere l’inoptato.

   

La struttura dell’operazione prevede, infatti, che il Fondo possa modificare da subito la sua posizione da obbligazionista ad azionista, anche di maggioranza se necessario, e questo in vista di un’aggregazione con un altro soggetto, ovviamente sotto lo stretto controllo della Bce e degli organismi di Vigilanza che seguono da vicino tutti gli sviluppi. In ogni caso, bisognerà cercare un “cavaliere bianco”, cosa non facile di questi tempi. Per il Fondo interbancario questa non è la prima operazione di salvataggio diretto eseguita in base allo Schema volontario già sperimentato lo scorso anno con le Casse di Risparmio di Cesena, di Rimini e di San Miniato poi vendute a Crédit Agricole Cariparma. Ma è sicuramente la prima messa in campo per una banca di dimensioni maggiori come Carige “a tutela di tutto il settore del credito”. A differenza di quanto è accaduto per altre crisi recenti nel nostro paese (per esempio le banche venete) questa volta il sistema bancario ha deciso di farsi carico in prima persona del destino di un istituto in difficoltà con l’obiettivo di scongiurare il default e un eventuale bail-in che avrebbe ripercussioni su tutto il sistema finanziario. “In realtà – dice Boccuzzi – bisognerebbe capire che le aggregazioni vanno fatte quando una banca è in salute e non in condizioni di emergenza”.

   

Nel caso di Carige la situazione è precipitata proprio mentre il nuovo board, nominato dai Malacalza lo scorso settembre (con Pietro Modiano presidente e come vice Lucrezia Reichlin, la quale, però, si è dimessa dopo l’assemblea del 23 dicembre), aveva avviato il piano di derisking dell’istituto e impostato il percorso di ristrutturazione che sarebbe dovuto partire la prossima primavera. Che cosa è accaduto in pochi mesi? Di sicuro le condizioni di mercato sono peggiorate con l’aumento dello spread a 300 punti base toccato in vari momenti tra ottobre e dicembre (anche oggi il differenziale continua a essere superiore a 250 punti) e questo potrebbe poter aver reso più difficile la collocazione sul mercato del prestito obbligazionario necessario a rafforzare il capitale nei tempi che erano stati richiesti dalla Bce.

  

Che cosa ne pensa Boccuzzi? Il direttore generale del Fondo interbancario ritiene che la crisi di Carige abbia ragioni più profonde e che sia sicuramente antecedente ma che di certo “la pressione esercitata dallo spread alto ha inciso e non aiuta le banche in difficoltà”. Ma esiste il rischio che dopo Carige possano essere richiesti al Fondo interventi simili anche per altri casi? “Dopo questo, dovremmo stare tranquilli per un po’ di tempo”, conclude Boccuzzi.

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