Abolire la crescita in Italia. Fatto
Secondo il bollettino della Banca d'Italia nel quarto trimestre 2018 il pil farà registrare un altro calo. Il paese rischia la “recessione tecnica”. Al ribasso anche la stima per il 2019: +0,6 per cento invece che +1 per cento
Si chiama “recessione tecnica” e si configura quando il pil di un paese evidenza una variazione in negativo per almeno due trimestri consecutivi. L'Italia, come si dice, è a buon punto. Il terzo trimestre del 2018 ha fatto registrare, secondo i dati Istat dello scorso novembre, un -0,1 per cento (primo calo dopo tre anni e mezzo). Per sapere se anche il quarto trimestre è stato negativo bisognerà aspettare il 31 gennaio, quando l'Istituto di statistica pubblicherà la sua stima preliminare. Ma intanto ci pensa Banca d'Italia a dire che, a meno di clamorose sorprese, così sarà.
Per il Bollettino mensile di Palazzo Koch, infatti, “secondo le informazioni finora disponibili, in autunno l’attività potrebbe essersi ulteriormente contratta”. “I modelli di previsione della Banca d’Italia – prosegue il testo – indicano che nel quarto trimestre del 2018 il pil italiano potrebbe essere ancora sceso, dopo la leggera flessione registrata nei tre mesi precedenti. L’attività sarebbe rimasta pressoché stabile nei servizi e si sarebbe ridotta nell’industria in senso stretto; sarebbe aumentata marginalmente nel comparto edile. Sulla base dei nostri modelli, nell’ultimo trimestre del 2018 l’attività industriale sarebbe diminuita; tra gli indicatori disponibili, alle informazioni positive provenienti dai flussi di trasporto di merci si è contrapposta la riduzione dei consumi elettrici. Le nuove immatricolazioni di autovetture hanno registrato una contrazione per il terzo trimestre consecutivo. È proseguito il calo della fiducia delle imprese manifatturiere; segnali analoghi provengono dall’indice dei responsabili degli acquisti delle imprese, che è sceso per la prima volta dalla fine del 2014 sotto la soglia compatibile con l’espansione dell’attività. Nel settore dei servizi l’indice PMI è diminuito nel quarto trimestre, raggiungendo il livello minimo dall’estate del 2013. Nostre stime, che tengono conto anche delle nascite e delle cessazioni di aziende e dei servizi finanziari a famiglie e imprese, prefigurano un sostanziale ristagno del valore aggiunto del comparto. Il settore delle costruzioni avrebbe rallentato, in linea con il peggioramento degli indicatori di fiducia, che rimangono comunque su valori relativamente elevati”. Insomma le speranze che il 2018 si sia concluso con un segno positivo sono pressoché nulle.
Bankitalia: "In Italia, dopo che nel 3°trimestre si era interrotta l’espansione economica in atto da un triennio, a seguito della flessione della domanda interna negli ultimi 3 mesi 2018 il PIL potrebbe essere ancora diminuito". La povertà non si sa ma la crescita è stata abolita
— Claudio Cerasa (@claudiocerasa) 18 gennaio 2019
L'Italia si avvia quindi lungo la strada della recessione tecnica. E le prospettive per il 2019 sono tutt'altro che incoraggianti. Banca d'Italia rivede anche la stima per l'anno appena cominciato. Non più 1 per cento di crescita come previsto inizialmente (e come preventivato dal governo gialloverde) ma +0,6 per cento.
“La proiezione centrale della crescita del pil – scrive Bankitalia – è pari allo 0,6 per cento quest’anno, 0,4 punti in meno rispetto a quanto valutato in precedenza. Alla revisione concorrono: dati più sfavorevoli sull’attività economica osservati nell’ultima parte del 2018, che hanno ridotto la crescita già acquisita per la media di quest’anno di 0,2 punti; il ridimensionamento dei piani di investimento delle imprese che risulta dagli ultimi sondaggi; le prospettive di rallentamento del commercio mondiale".
"Sono invece moderatamente positivi gli effetti sulla crescita dell’accordo raggiunto dal governo con la Commissione europea: l’impatto favorevole della diminuzione dei tassi di interesse a lungo termine compensa ampiamente quello degli interventi correttivi apportati alla manovra. Le proiezioni centrali della crescita nel 2020 e nel 2021 sono dello 0,9 e dell’1,0 per cento, rispettivamente”.
Urgente aggiornare l'elenco delle cose fatte da Luigi Di Maio e dai suoi colleghi di governo: abolire la crescita, fatto.