Debunking Bechis. Dopo i fake sul free vax, i fake sull'occupazione
Come si fa a entrare nella Dibba’s List dei giornalisti con la schiena dritta? Basta manipolare i numeri Eurostat e pubblicarli
Roma. Franco Bechis è uno dei pochi menzionati della Dibba’s list, l’elenco di Alessandro Di Battista dei giornalisti “liberi” e “con la schiena dritta” (gli altri, invece, sono tutti puttane e con la scoliosi). Solo pochi giorni fa il direttore del Tempo aveva pubblicato un presunto scoop: dalle analisi fatte da un’associazione di free vax (più comunemente noti come antivaccinisti) risulterebbe che nei vaccini c’è il diserbante. Le analisi naturalmente sono fallate, ma l’allarmismo su un tema così delicato ha causato la reazione di centinaia di scienziati italiani (tra i più affermati al mondo) che hanno sottoscritto una lettera – pubblicata dal Foglio – di “disapprovazione e condanna per quella che appare un’operazione volta a confondere l’opinione pubblica e instillare pericolosi allarmismi”.
Dopo la microbiologia e l’immunologia, Bechis si è dato all’economia del lavoro e alla statistica tirando fuori un altro scoop: “A novembre, proprio nel primo mese di reale entrata in vigore del decreto dignità, il risultato sulla disoccupazione generale e su quella giovanile è il migliore ottenuto dall’Italia negli ultimi 20 anni”. E la notizia è stata rilanciata immediatamente da tutti i canali di comunicazione del M5s, a partire dal Blog delle stelle.
Possibile che nessuno si sia accorto di questo boom occupazionale che addirittura precede quello economico annunciato da Di Maio? Di quali dati si tratta? Bechis ha scoperto, con un leggero ritardo, i dati Eurostat sull’occupazione del 9 gennaio. Ebbene, il direttore del Tempo si è accorto che a novembre, quasi per effetto del decreto dignità, “la disoccupazione italiana generale è scesa dal 10,6 al 10,5 per cento, mentre quella europea è restata ferma al palo”. Dati simili per la disoccupazione giovanile. In sintesi, dice Bechis: “In Italia ci sono 25 mila disoccupati in meno rispetto al mese precedente, e di questi 15 mila in meno sono giovani. Se si considera che in tutta Europa la disoccupazione giovanile è scesa di 25 mila unità, il dato italiano è clamoroso”. Dice Bechis che addirittura nella storia dell’euro “non è mai capitato su un dato macroeconomico che l’Italia si sia classificata tra i primi 10 posti”, come in questo caso.
Innanzitutto non si sa cosa voglia signifcare questa affermazione, che appare senza senso, basti pensare che da anni l’Italia è costantemente tra i primi paesi dell’eurozona per surplus commerciale (che è, appunto, un dato macroeconomico).
Se si guardano le tabelle di Eurostat si può facilmente constatare che la riduzione della disoccupazione di un punto decimale (dal 10,6 al 10,5 per cento), oltre a non essere in sé un gran valore, è perfettamente in linea con il dato dell’eurozona che ha visto scendere la disoccupazione dall’8 al 7,9 per cento (un decimale, appunto). Nulla di eccezionale. Ma se si va ancora più nel dettaglio si scopre facilmente che il dato è addirittura negativo. Per quale motivo si è leggermente ridotta la disoccupazione? Forse perché sono aumentati i posti di lavoro? No, gli occupati a novembre sono diminuiti di 4 mila unità, si sono cioè persi 4 mila posti di lavoro (e 26 mila nel trimestre). Ma allora come mai ci sono 25 mila disoccupati in meno? Perché sono aumentati gli inattivi di 26 mila unità. In pratica la disoccupazione non è diminuita perché 25 mila persone hanno trovato un posto di lavoro, ma perché 26 mila hanno smesso di cercarlo. La stessa tendenza, in maniera più accentuata, riguarda i giovani: diminuiscono gli occupati dello 0,4 per cento e diminuisce la disoccupazione, ma sempre perché aumentano gli inattivi.
Non c’è nessuna “sorpresa” come dice il M5s, non c’è nessun “miglior risultato degli ultimi 20 anni” come dice Bechis, e non c’ è nessun dato clamoroso come dicono entrambi. Ad essere sorprendente e clamorosa non sono i dati, ma la grossolana manipolazione dei dati fatta dai giornalisti “con la schiena dritta” a favore dei partiti di governo.