I numeri del disastro gialloverde

Non solo la “recessione tecnica” legata al calo del pil negli ultimi due trimestri del 2018. Dal lavoro alla fiducia delle imprese passando per il risparmio degli italiani, ecco tutti i segni meno dell'Italia del cambiamento 

Mariarosaria Marchesano e Enrico Cicchetti

Crescita. Il prodotto interno lordo dell'Italia è passato dall'1,5 per cento registrato nel 2017 ad un tasso che nel 2019, secondo le ultime stime della Banca d'Italia non sarà superiore allo 0,6 per cento (ma in base alle previsioni di altre istituzioni economiche, come per esempio Prometeia, potrebbe essere sotto lo 0,5 per cento). Il rallentamento è dovuto soprattutto ai dati degli ultimi due trimestri del 2018, in cui l'economia è scesa dello 0,1 per cento nel terzo e  dello 0,2 per cento nel quarto.

  

Lavoro. Nel 2018 sono stati persi 88 mila posti di lavoro a tempo indeterminato. Su base annua l'occupazione risulta aumentata (+202 mila unità) perché c'è stato un forte innalzamento dei dipendenti a termine (+257 mila) e degli indipendenti, in pratica le partite Iva (+34 mila) al quale però è corrisposto un decremento dei lavoratori permanenti.

 

Risparmio. Ammontano a 60 miliardi le perdite registrate da imprese e famiglie dopo il voto del 4 marzo. La stima è della Fondazione Hume che sul tema ha avviato un osservatorio permanente. Il calcolo considera esclusivamente quella parte della ricchezza finanziaria di famiglie e imprese che è più sensibile alle fluttuazioni di mercato, in particolare titoli del debito pubblico, obbligazioni, quote di fondi comuni, azioni e altre partecipazioni (incluse le società non quotate).

  

Mercati. Se si considerano nel loro complesso i mercati azionario, obbligazionario e dei titoli di stato, la ricchezza bruciata da investitori istituzionali, sia italiani che esteri, dal 4 marzo a oggi è pari a 110 miliardi di euro.

  

Spread. Il differenziale tra i titoli di stato decennali italiani (btp) e quelli tedeschi della stessa durata (bund) oscilla tra 240 e 250 punti base, dopo aver superato quota 300 tra ottobre e novembre 2019. L'indice è ancora 100-110 punti più elevato rispetto al periodo antecedente le elezioni.

  

Costo del debito pubblico. Il rendimento dei titoli decennali italiani è salito al 2,6 per cento rispetto al 2 per cento di gennaio 2018 (+0,6 per cento) con un aumento del costo di finanziamento da parte dello stato italiano. Secondo l'Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli (università Cattolica), rispetto a stime precedenti (quando lo spread era intorno ai 300 punti base), la stima della maggiore spesa a carico dello stato è scesa ma resta consistente: per il 2019 l'aggravio è di circa 4 miliardi (prima era 5-6 miliardi), che aumentano a 6,6 miliardi nel 2020 e a 8,6 miliardi nel 2021.

  

Fiducia delle imprese. E' in costante calo da sette mesi e a gennaio di quest'anno l'indice composito sul morale delle aziende diffuso dall'Istat è diminuito a 99,2 da 99,7 di dicembre. Si tratta del livello minimo da agosto 2016. Sulla flessione pesa in particolare il settore manifatturiero a causa delle valutazioni delle imprese sugli ordini, soprattutto sul mercato domestico (il settore è stato colpito più di altri dal ridimensionamento del programma industria 4.0).

  

Fiducia dei consumatori. A gennaio l'Istat stima un “parziale recupero” dell'indice del clima di fiducia dei consumatori, che sale da 113,2 punti a 114, dopo "l'ampia flessione di dicembre". Ma, come spiega l'analisi del centro studi di Intesa Sanpaolo, questo non aiuterà la ripresa poiché “il rallentamento dell'economia italiana quest'anno sarà dovuto interamente agli investimenti”.

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