Di Maio fa del reddito di cittadinanza uno show. Confindustria e gli altri svelano il bluff
Sul palco il governo presenta sito internet e la card di Poste. In Senato le audizioni mettono in dubbio l'efficacia della misura tra profili di incostituzionalità e il rischio di intoppi burocratici
Tre chilometri è la distanza che oggi separava due importanti appuntamenti sul reddito di cittadinanza a Roma. Tre chilometri che a quanto pare bastano per capovolgere la realtà. Da una parte il premier Giuseppe Conte insieme al suo vice Luigi Di Maio, in compagnia di altri entusiasti esponenti del governo in quota 5 stelle, impegnati a mostrare la prima card stampata da Poste Italiane e presentare il portale online dedicato alle richieste. Sicuri ormai di aver portato a casa il risultato, ancora prima che il decreto sia convertito in legge. Dall'altra associazioni e istituzioni che nel primo ciclo di audizioni in Senato hanno invece espresso dubbi sull'efficacia e sull'applicabilità della misura di cui nel governo "tutti", ha specificato oggi Conte, "sono orgogliosi perché è una conquista di civiltà".
Eppure Conte e Di Maio farebbero bene a prestare attenzione alle raccomandazioni esposte in Senato. I tempi previsti per la partenza della misura sono piuttosto stretti, la prima rata dovrebbe essere erogata ad aprile, e devono ancora iniziare le selezioni dei seimila navigator. Dopo il primo show con Lino Banfi, svelare oggi l'aspetto della card e del sito web dal palco dell'auditorium dell'Enel non è esattamente una garanzia che sia tutto sotto controllo.
Gestire un milione e mezzo di domande, secondo le attese del governo, non è un affare semplice e a preoccuparsene è l'Anci. A complicare le cose è quota cento, che favorirà un esodo importante con circa 50mila dipendenti pronti alla pensione nei prossimi 12-18 mesi: "Questo vuol dire non avere personale da dedicare all'istruttoria per l'emissione del reddito di cittadinanza", hanno detto i rappresentanti dei comuni italiani ai senatori.
Ma il problema non è solo il numero di impiegati, preoccupano anche i tempi e le informazioni carenti. "I controlli anagrafici risultano eccessivamente onerosi e non sufficientemente disciplinati". Inoltre, il tentativo di restringere la platea degli stranieri (stimati in 256mila) è un altro fattore che in fase esecutiva andrà a ritardare e complicare le procedure: "Il requisito dei dieci anni di residenza, di cui gli ultimi due continuativi richiede tempi molto lunghi, l'impiego di risorse umane dedicate e grandi difficoltà di interlocuzione con gli uffici anagrafici di altri Comuni, in caso di spostamento di residenza". E mentre l'Anci spiegava tutto ciò, a tre chilometri di distanza Di Maio garantiva che il reddito sarà accreditato sulla card il mese successivo alla presentazione della domanda.
"Gli effetti di scoraggiamento al lavoro sono rilevanti", ha detto invece il presidente uscente dell'Inps, Tito Boeri. Il motivo è che secondo i dati dell'istituto quasi il 45 per cento dei dipendenti privati nel sud Italia ha redditi da lavoro netti inferiori ai 9.360 euro all'anno garantiti dal Rdc a chi dichiara un reddito pari a zero. La stessa conclusione cui è giunta Confindustria, che ha detto che lo stipendio medio dei giovani under 30 è di 830 euro netti al mese, contro i 730 del reddito.
Ci sarebbe poi un buon motivo per placare la fretta di mandare i primi assegni, che incalza nel governo per anticipare le elezioni europee di maggio. "In assenza di controllo ex-ante sulla veridicità delle autodichiarazioni patrimoniali da parte dei richiedenti, si rischia di dover poi, in sede di verifica ex-post, essere chiamati al recupero di somme ingenti da famiglie che non soddisfano i requisiti patrimoniali", ha aggiunto Boeri, che per questo propone di posticipare l'avvio del Rdc almeno al momento in cui sarà pienamente operativo l'Isee precompilato. Il rischio che ci siano evasori tra i beneficiari della misura è alto, ha detto Boeri, almeno tra il 50 per cento di chi ne ha diritto, perché si tratta di nuclei che dichiarano zero.
Resta poi da tenere d'occhio il calendario. "Arrivare a realizzare il reddito di cittadinanza è un'operazione abbastanza complicata: servono tre decreti attuativi del ministero del Lavoro, due piattaforme digitali, l'accordo stato-regioni, l'emissione di provvedimenti Inps e Anpal", ha detto oggi Confindustria. Ma soprattutto, per riuscire a realizzare quell'incontro tra domanda e offerta che per Di Maio è l'elemento cruciale della misura, serve riuscire dare una scossa importante ai centri per l'impiego. "Nelle intenzioni del governo la misura vuole essere uno strumento di politiche attive" e "di contrasto alla povertà", ha detto al Senato Confindustria, ma "si passa da uno strumento che affidava queste misure agli enti locali a uno che sposta il baricentro di queste attività sui centri per l'impiego nati e vocati a un altro tipo di attività e che difficilmente potranno supplire alle competenze che erano in capo agli enti locali". Posizione condivisa dal presidente della Corte dei Conti, Angelo Buscema, secondo cui le condizioni attuali dei Centri per l'impiego rendono "difficile, in tempi brevi, il loro rilancio". Buscema ha anche chiesto che sia fatta attenzione "affinché non cresca la quota di spesa pubblica improduttiva e non si spiazzi l'offerta di lavoro legale".
Ancora tutta da costruire è poi l'intesa con le regioni, necessaria per il debutto del Rdc. "Sull'organizzazione dei servizi per il lavoro e le politiche attive, le regioni attendono dal ministro Di Maio risposte puntuali che ad oggi non ci sono", ha detto l'assessore toscano Cristina Grieco, in rappresentanza delle regioni. Uno dei nodi da sciogliere sono i cosiddetti navigator, seimila laureati assunti da Anpal con un contratto di collaborazione di due anni, su cui Grieco ha espresso "perplessità". "Questi precari dovrebbero affiancarsi e sovrapporsi a operatori dei centri impiego. Ci sembra di capire che avranno un profilo più o meno coincidente con gli operatori dei centri per l'impiego. Si pone un grosso problema di organizzazione che mette in conflitto le competenze di stato e regioni – ha detto – Se non correggiamo queste criticità intravediamo un importante profilo di incostituzionalità". Forse Di Maio e il suo staff dovrebbero scendere dai palchi e tornare al lavoro per correggere le storture evidenziate in audizione. Sarebbe un modo più credibile per dimostrare di avere tutto sotto controllo.