C'è in Italia e nel mondo un economista* a cui piace la manovra?
Appello disperato in soccorso del governo. Scriveteci all’indirizzo mail: [email protected]
Roma. La manovra gialloverde è diventata anche un caso di studio internazionale: il prestigioso economista francese Olivier Blanchard l’ha descritta come uno di quei rari casi di “espansione fiscale restrittiva”, ovvero di aumento del deficit che fa ridurre – anziché aumentare – il pil. Di economisti che parlano male della politica economica del governo italiano ce n’è a fiumi, in Italia e all’estero. L’elenco sarebbe interminabile. Per avere però un giudizio più completo, forse è meglio provare a fare l’opposto, e cioè chiedersi: c’è qualche economista che giudica positiva la politica economica del governo? Esclusi quelli che sono nei ministeri, che lavorano come consulenti dei ministri o che fanno parte dei partiti di maggioranza, esistono economisti in patria o all’estero – accademici veri, non i fenomeni da baraccone che girano per i talk-show – che giudicano le misure del governo positive per la crescita? Dopo una prima ma approfondita ricerca, la risposta è negativa.
Ne avevamo individuati tre che avevano accolto con favore la linea anti austerity del governo Conte: Giovanni Dosi, Gustavo Piga e Riccardo Realfonzo, tutti e tre d’impronta neo o post keynesiana. Ma la versione finale della legge di Bilancio ha demolito i motivi del loro iniziale ottimismo. Dosi, professore alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, è un nume tutelare del M5s, ha lavorato alla stesura del programma del movimento ed è il maestro di Andrea Roventini, che era stato indicato da Luigi Di Maio come ministro dell’Economia in campagna elettorale. In altri tempi si sarebbe detto un “intellettuale organico” al M5s. Ebbene, se a settembre Dosi diceva – come trionfalisticamente titolava il Sacro blog – che con la manovra “l’economia reale crescerà”, ora dice all’Espresso che è tutto sbagliato per l’“approccio dilettantesco del governo”: “Si è gonfiata la spesa corrente con provvedimenti di dubbia efficacia”.
E Giovanni Dosi li passa in rassegna. Il reddito di cittadinanza è “giusto” come principio ma per come è stato fatto è “un pasticcio”: “E’ una norma complicatissima che rischia di non funzionare”. Quanto a “Quota cento”, invece, “è una legge sbagliata”. E la cosiddetta flat tax produrrà “un aumento dell’evasione”. Ciò che serviva era “un piano straordinario di investimenti pubblici”, che sono stati tagliati, e fare le grandi opere come la Tav”. Bocciatura completa.
Gustavo Piga insegna a Tor Vergata, dove è collega del ministro Giovanni Tria, ed è stato uno dei professori scelti da Di Maio nel “comitato scientifico” per valutare la convergenza del programma del M5s con Lega e Pd. A ottobre, sul Sole 24 Ore, definiva “rivoluzionaria” la manovra con il deficit al 2,4 per cento perché abbandonava il Fiscal compact e portava l’Italia in “un nuovo paradigma” di “crescita e discesa del debito”. Piga però indicava una condizione essenziale affinché tutto ciò potesse verificarsi: il deficit doveva essere usato per “gli investimenti pubblici”. Sarebbe stato “un errore” usarlo per “politiche redistributive” come “reddito di cittadinanza, pensioni e flat tax”. E’ andata a finire in senso opposto: la manovra riduce addirittura gli investimenti (senza parlare di quelli bloccati dalle varie analisi) e butta tutto il disavanzo in spesa corrente.
Riccardo Realfonzo è un professore all’Università del Sannio, coordinatore della consulta economica della Fiom-Cgil ed economista di riferimento di Maurizio Landini. Anche lui a ottobre vedeva di buon occhio “la svolta rispetto alla vecchia ricetta dell’austerità” rappresentata dal deficit al 2,4 per cento: “E’ una discontinuità salutare che pone le condizioni per spingere l’economia verso tassi di crescita un po’ più soddisfacenti”. Era un giudizio generale, in attesa dei contenuti. Ora però Realfonzo, vista la composizione della legge di Bilancio, boccia la politica economica del governo: “Ha un impatto molto modesto sulla crescita perché trascura gli investimenti, non presenta un disegno di politica industriale e non muta le condizioni del lavoro”, scrive sulla rivista Economia e Politica. “La manovra è caratterizzata da un incremento del deficit finalizzato a un aumento della spesa corrente e dei trasferimenti. Gli investimenti sono fermi al palo. Non vi è una politica industriale in grado di rilanciare la competitività”.
Tre economisti vicini, non ostili o quantomeno senza pregiudizi nei confronti della maggioranza, bocciano la sua politica economica. La domanda resta aperta: c’è in Italia e nel mondo un economista* a cui piace la manovra del governo? Non l’abbiamo trovato. Lanciamo quindi un appello, o meglio, un sos: se esiste può farsi vivo e scrivere un articolo in difesa della “manovra del popolo” all’indirizzo mail: [email protected].
(*Astenersi macchiette televisive)