Anche per gli autotrasportatori è invivibile un paese che non rispetta i patti
Lo psicodramma Tav visto dalla grande logistica. Il capo di Ambrogio Trasporti spiega perché non investe più qui
Roma. “Alla fine si farà questa galleria perché il buonsenso avrà ragione di questi fanatici. Quello che mi fa imbestialire come imprenditore è lavorare in uno stato che rinnega i patti stipulati con l’Europa e con altri paesi. Non è neanche da terzo mondo, possiamo vederlo solo nel Venezuela chavista. Io non investo più in Italia ormai da un anno e qualche giorno, cioè dalle elezioni del 4 marzo scorso”. Livio Ambrogio è presidente della Ambrogio Trasporti, multinazionale della logistica con sede a Torino fondata dal padre Domenico nel 1969, ed è scoraggiato perché il governo Lega-M5s intende riconsiderare l’accordo franco-italiano ratificato dal Parlamento nel 2016 per avviare la Tav Torino-Lione dopo venti anni di proteste.
“Se non restiamo al passo sarà una decrescita molto infelice”, dice Ambrogio al Foglio, perché il trasporto transfrontaliero italiano non è competitivo ormai da un ventennio. La ferrovia Torino-Lione sta diventando un argomento ideologico anziché una seria valutazione di quello che riguarda l’opera infrastrutturale. Il Movimento 5 stelle ha capitalizzato il consenso in campagna elettorale opponendosi alla prosecuzione della costruzione del tunnel e ora, dopo avere deluso i suoi elettori sull’Ilva e sul gasdotto Tap, usa la Tav come ultima risorsa di propaganda. Mentre la Lega è favorevole ma – lungi dall’essere vicina agli imprenditori come dice – non s’impone.
Alcuni sindaci della Val di Susa hanno consegnato una proposta al governo suggerendo come alternativa alla galleria della Tav il potenziamento del traforo ferroviario del Frejus inaugurato nel 1871. Il tunnel di base Torino-Lione è pensato appunto per eliminare un passaggio di montagna come il Frejus più costoso per i trasporti e a maggiore impatto ambientale. “E’ falso che la vecchia linea storica del Frejus abbia capacità residua non utilizzata – dice Ambrogio la cui azienda usa il traforo dal 1970 – Solo quarant’anni fa potevamo dire che il valico storico era efficiente e che Torino era il posto migliore per gestire i traffici merci. Ora non è più così: quel valico di epoca cavouriana è un rudere e la speranza è che tra dieci anni, con la Tav, non servirà più.
Il passaggio è in quota a 1.300 metri e ha una pendenza del 32 per mille, la più alta delle Alpi. Significa che un locomotore può portare carichi fino a 650 tonnellate, mentre con un tunnel di pianura come la Tav la stessa locomotiva può tirare 2 mila tonnellate. Poi c’è un tema di sicurezza. I binari sono due ma i treni non possono incrociarsi in galleria per evitare incidenti: le norme prevedono uscite di emergenza ogni 300 metri, lì invece non ci sono vie di fuga. Per dire, se ti trovi in mezzo ci sono sei chilometri da fare per uscire e questo rende complicato qualsiasi tipo di soccorso. Per le attese dovute all’uso alternato del doppio binario perdiamo in media la metà delle tracce, ovvero delle finestre temporali per il traffico. Attraverso le Alpi ci sono decine di mulattiere che erano trafficate quotidianamente, mentre adesso non ci passa più nessuno. Finirà così anche il Frejus”.
Ambrogio cita, come già detto a Panorama, l’esempio virtuoso della Svizzera, paese dal quale passano i treni verso il nord Europa partendo dallo snodo logistico di Gallarate in provincia di Varese. “La galleria di base del Gottardo, lunga 57 chilometri, dimostra che, attraverso infrastrutture adeguate, è possibile rendere il trasporto merci più efficiente, veloce e sostenibile. I traffici verso il Frejus diminuiranno ancora e senza Tav andrà tutto via strada. Il problema – dice Ambrogio – è che siamo in concorrenza con tutto il mondo come paese esportatore e se il trasporto è inefficiente questo incide sul costo finale dei nostri prodotti. Per esempio, se un carico di tubi siderurgici verso la Francia vale 10.000 il costo del trasporto incide mediamente per il 10 per cento sulla fattura di vendita. Il trasporto ferroviario è meno costoso di quello su gomma e questo incide sulla competitività delle merci e, quindi, dei prodotti italiani. Rinunciare significa danneggiare tutta l’Italia”.
Ambrogio Trasporti è una società forte nel trasporto intermodale in Italia e in Europa, ha 400 dipendenti e fattura 75 milioni di euro. Ma il suo presidente dice che dopo l’esito delle elezioni ha deciso di non investire per quest’anno e aspettare. “Negli ultimi anni abbiamo investito 6-7 milioni di euro all’anno, ho investimenti in corso per 12 milioni di euro in terminal e impianti logistici. Ma da dopo le elezioni mi sono fermato e sto a guardare. Quando ho visto che per fare un dispetto si votano persone con zero competenza non mi sono più fidato”.
L’11 marzo, dopo un rinvio precedente a causa dell’incertezza del governo nel rivedere l’opera, il consorzio franco-italiano Telt, che supervisiona la costruzione della Tav, dovrà avviare i bandi per i cantieri, un rinvio ulteriore farebbe perdere immediatamente 300 milioni di euro di finanziamenti europei. Il M5s vuole bloccare i bandi e rivedere il trattato con la Francia. “Si può discutere di tutto ma la cosa più grave è il voltafaccia, gli sberleffi continui, l’irrisione dell’Europa. E’ inaccettabile. Ho lavorato in Germania, Belgio, Stati Uniti e gli italiani si sono fatti una reputazione. Se non rispettiamo i patti la perderemo, e la stiamo già