Descalzi: “La nuova Eni sarà più eco-compatibile”
Presentato il nuovo piano strategico 2019-2022. Per l’amministratore delegato la vera sfida è creare valore per gli azionisti attraverso la transizione energetica
Milano. Forse non poteva esserci coincidenza più fortunata. Nel giorno della manifestazione globale contro i cambiamenti climatici, Eni dimostra che la svolta green del colosso energetico può andare di pari passo con la redditività. Durante la presentazione del nuovo piano strategico 2019-2022 che si è svolta oggi a San Donato Milanese, l’amministratore delegato, Claudio Descalzi, annuncia infatti un aumento del dividendo del 3,6 per cento a 0,86 euro per azione, in linea con la politica che prevede un progressivo aumento della remunerazione del capitale per gli investitori. Non solo. Descalzi rilancia e spiega che intende mantenere quest’impegno parallelamente al perseguimento di un obiettivo di “decarbonizzazione”, che considera una priorità strategica. In parole povere, l’Eni punta ad abbattere le emissioni nella produzione di petrolio e gas entro il 2030. “Siamo fortemente impegnati a lavorare per un futuro a basse emissioni”, ha detto il manager aggiungendo che la vera sfida è “creare valore per gli stakeholder attraverso la transizione energetica”.
La volontà del gruppo è quindi quella di lanciare un messaggio chiaro in una fase in cui il tema della sostenibilità ambientale è centrale non solo per coloro che si battono per salvare il pianeta, studenti, verdi, ecologisti, ma è in grado in influenzare le scelte di una grossa fetta di investitori istituzionali come i grandi fondi pensione, che non mancano anche nel capitale di Eni. Ma fino a che punto è possibile conciliare la conversione green con le attese di profitto nel lungo termine? Rispondendo in conferenza stampa a una domanda del Foglio, il numero uno dell’Eni ha spiegato: “Abbiamo cominciato cinque anni fa a lavorare sulle rinnovabili e sull’economia circolare assicurando un buon bilancio, la riduzione del debito e dividendi in crescita agli azionisti. Questi però devono anche capire che potrebbe essere necessario rinunciare a qualche punto di profitto per creare valore nel settore green. Un business pulito qualifica la compagnia”.
E sulla coincidenza del nuovo piano strategico con forte impronta green nello stesso giorno della protesta degli studenti per l’ambiente, Descalzi ha detto che la presentazione era stata calendarizzata da tempo ma di essere contento che “sia stata battezzata dai giovani”. Quello che non è un caso è che la giornata sia cominciata per i giornalisti con una visita ai laboratori di San Donato tra geologici, ingegneri e chimici industriali che stanno lavorando alla produzione di bio-oil, di eco-diesel e di altri bio-carburanti di seconda e terza generazione (come quelli estratti da rifiuti organici), di energia solare e che stanno progettando e realizzando nuove centrali per la raffinazione a basso impatto, come quelle di Gela e di Porto Marghera a Venezia. Per l’Italia sono previsti circa 2,4 miliardi di investimenti sugli 8 complessivi per il 2019 e saranno destinati soprattutto alla produzione di energie rinnovabili e di attività eco-compatibili.
Detto questo, il core business di Eni continua a essere l’esplorazione, l’estrazione e la trasformazione di idrocarburi in tutto il mondo con una crescita imponente prevista nel settore upstream grazie alla grande quantità di nuovi permessi in bacini ad alto potenziale, tra Egitto, Angola, Mozambico, Congo ed Emirati Arabi. Uno degli obiettivi centrali del nuovo piano strategico è, infatti, il raggiungimento di 2,5 miliardi di barili di nuove risorse perforando 140 pozzi esplorativi nei prossimi quattro anni. E anche nel mid-stream, cioè nella raffinazione, l’Eni si aspetta un raddoppio degli utili grazie all’acquisizione della raffineria Ruwais negli Emirati. Ma la capacità di creare valore con il green di cui parla Descalzi non riguarda solo la ricerca di nuovi prodotti compatibili con l’ambiente poiché la decarbonizzazione è considerato un elemento trasversale di tutta la strategia e laddove non si riesce a ridurre le emissioni con nuove tecniche produttive si prova a farlo attraverso l’aumento della forestazione dei territori che vengono trivellati. Fino ad oggi, comunque, ad assicurare rendimenti crescenti ad Eni è stato un modello di business basato su un mix di tecnologie avanzate e di strategia finanziaria.
Come spiega Alessandro Pozzi, analista di Mediobanca Securities, la capacità estrattiva di Eni è sicuramente aumentata negli ultimi quattro-cinque anni grazie a un processo innovativo capace valorizzare i giacimenti. “La presenza in house di know how centralizzato e standardizzato consente la valutazione ex ante del rischio geologico delle aree individuate – dice Pozzi – Inoltre, un approccio d’investimento basato sull'acquisto di elevate quote di partecipazione nei giacimenti di idrocarburi permette successivamente all'Eni di coinvolgere partner esterni nella fase di massima valorizzazione degli asset”. Tale modello, ricorda l’analista è stato sperimentato con successo in vari paesi con buoni risultati in termini di redditività, ma quelli forse più interessanti sono stati raggiunti nel giacimento di gas naturale di Zohr, in Egitto, uno dei più grandi del Mediterraneo. Proprio la vendita di una quota di partecipazione in Zohr, infatti, ha consentito al gruppo di acquisire alcune concessioni di petrolio, oil, condensati e gas ad Abu Dhabi entrando così nel mercato degli Emirati Arabi, che ha le riserve di idrocarburi tra le più grandi del mondo. Di recente l'Eni ha anche rafforzato la partnership in Messico con il Qatar Petroleum che è già partner del Blocco 24 dove il gruppo di Descalzi detiene già il 65 per cento.