L'industria italiana ha bisogno di macchine e robot
Il super-ammortamento aveva messo le ali agli investimenti tecnici. L’errore del governo, che non l’ha rinnovato per il 2019
Se si considerano le serie storiche di contabilità nazionale dell’Istat coerenti con il sistema europeo 2010, che partono dal 1996 e arrivano sino a oggi, si potrà constatare che non vi sono mai stati tassi di crescita trimestrali tendenziali anno su anno così forti degli investimenti tecnici delle imprese italiane come è avvenuto dal quarto trimestre 2016 al secondo trimestre 2018. Merito del super-ammortamento e del piano Industria/Impresa 4.0 che hanno letteralmente messo le ali agli investimenti in macchinari, Ict e mezzi di trasporto delle aziende del made in Italy.
La politica economica per gli investimenti tecnici varata nel 2015-16, poi rinnovata con la Finanziaria 2017 e proseguita nel 2017-18, è stata il più efficace volano per l’ammodernamento in tecnologie e nuovi equipaggiamenti delle imprese italiane dai tempi della Legge Sabatini del 1965 e dalla Legge Tremonti del 1994. Non lo dicono solo gli imprenditori ma anche i numeri. Basti pensare che il più forte aumento trimestrale in termini reali degli investimenti tecnici in Italia si è registrato, sull’arco degli ultimi ventidue anni, nel quarto trimestre 2016 (più 14,8 per cento anno su anno); il secondo incremento più alto si è avuto nel secondo trimestre 2018 (più 12,8 per cento); e il terzo nel terzo trimestre 2017 (più 12 per cento). Per ritrovare crescite record vicine a queste degli investimenti in macchinari ed equipaggiamenti delle nostre imprese bisogna risalire all’indietro fino al quarto trimestre 1997 (più 11,1 per cento). Ma senza che allora vi fossero state la continuità e l’intensità sperimentate tra il 2016 e la prima metà del 2018.
Una misura semplice ma efficace si è rivelata il super-ammortamento, molto utilizzato dalle piccole e medie imprese per gli acquisti di torni, macchine transfer, macchine per imballaggio, robot industriali, macchine tessili, macchine per lavorare metalli, legno, ceramiche, materie plastiche, ecc.. Tutte tecnologie, tra l’altro, prevalentemente prodotte in Italia, essendo il nostro paese leader mondiale in questi settori con la Germania e il Giappone. Per cui, in buona sostanza, il super-ammortamento prendeva due piccioni con una fava: da un lato favoriva gli investimenti e l’ammodernamento tecnologico delle nostre imprese rendendole più competitive, e, dall’altro, sosteneva le nostre stesse produzioni meccaniche di eccellenza. Una cosa ben diversa dall’incentivare l’acquisto di computer, pur utili ma prodotti in Cina, come avvenuto in passato. Questa volta, con le politiche mirate sugli investimenti in macchinari, si stimolavano prevalentemente produzioni e tecnologie italiane.
Purtroppo, il governo ha deciso di non rinnovare il super-ammortamento per il 2019 mentre è stato mantenuto l’iper-ammortamento per le tecnologie abilitanti 4.0, con una apprezzabile rimodulazione dello stesso in modo da orientarlo principalmente verso i fabbisogni delle imprese di minori dimensioni. Ma intanto è arrivato il rallentamento congiunturale e nel terzo trimestre 2018 la crescita tendenziale degli investimenti tecnici delle imprese italiane è crollata a un misero più 1 per cento e nel quarto trimestre è andata addirittura sotto zero: a meno 1,1 per cento. Ciò ha contribuito in modo sostanziale alla frenata del pil italiano. E’ quindi auspicabile che sul super-ammortamento il ministero dello Sviluppo economico possa rivedere la sua posizione e valutare una rapida reintroduzione di questo meccanismo per rilanciare gli investimenti delle Pmi e la fiducia tra gli imprenditori.
D’altronde, l’efficacia del super-ammortamento, dalle cui costole sono poi nati anche l’iper-ammortamento e tutto quell’insieme di misure a favore dell’ammodernamento delle imprese che spaziano dal credito di imposta per la ricerca al patent box, è evidente dai dati di contabilità nazionale. Negli ultimi ventidue anni non era mai accaduto che il contributo diretto alla crescita tendenziale del pil italiano fornito dai soli investimenti tecnici toccasse il più 0,9 per cento, come successo nel quarto trimestre 2016. Rispetto al passato, in cui il contributo degli investimenti in edilizia al pil era sempre stato preponderante o uguale a quello degli investimenti tecnici, negli ultimi anni questi ultimi sono stati il principale motore della nostra domanda interna, assieme ai consumi delle famiglie.
Anche alcuni indicatori “fisici” danno una chiara idea di quale rivoluzione tecnologica sia stata attivata dalle misure per gli investimenti delle nostre imprese varate negli ultimi anni. Secondo Ucimu, gli ordini di macchine utensili sul mercato interno italiano sono cresciuti del 57 per cento in termini reali nel biennio 2016-17 (durante il quale sono stati avviati prima il super-ammortamento e poi il piano Industria 4.0). Altrettanto stupefacenti sono stati gli sviluppi della robotica. Secondo la International Federation of Robotics, l’Italia nel 2017 era la settima nazione del mondo per stock di robot (con oltre 64 mila unità installate), pur non possedendo il nostro paese le gigantesche industrie dell’auto o dell’elettronica (nelle quali i robot sono prevalentemente impiegati) di economie come la Germania, la Cina, la Corea o il Giappone. Si pensi che nel solo biennio 2016-17 gli acquisti di robot in Italia sono aumentati rispetto al 2015 del 26 per cento nelle industrie alimentari e delle bevande, del 58 per cento nell’industria della moda, del 62 per cento nel legno-mobili, del 76 per cento nella gomma-plastica-chimica, del 34 per cento nel vetro-ceramiche e del 43 per cento nella metallurgia-meccanica.