I titoli di stato cinesi entrano negli indici globali
Le obbligazioni denominate in renminbi diventeranno la quarta componente valutaria, dopo dollaro, euro e yen giapponese. A Piazza Affari rumors di un interesse del gruppo francese Psa fanno volare le azioni Fca
Milano. Il settore finanziario cinese sarà sempre più integrato con l'economia mondiale. E a partire dal mese di aprile la Cina sarà inclusa nell'indice globale dei titoli "Bloombarg-Barclays", come ha dichiarato stamattina Alfred Schipke, rappresentante del Fondo monetario internazionale durante un'intervista con un'agenzia di stampa cinese. Così, dopo la loro piena inclusione, le obbligazioni denominate in renminbi diventeranno la quarta componente valutaria, a seguito del dollaro, dell'euro e dello yen giapponese. E' questa una delle novità più importanti di oggi per i mercati finanziari mondiali destinata a ad avere un effetto sul lungo termine nel mondo degli investimenti e del risparmio. La Cina è il terzo mercato obbligazionario mondiale, ma è stata tradizionalmente sottopesata dai portafogli degli investitori professionali, quando non del tutto assente. Qualcosa però è gia cambiato nell'ultimo periodo.
Secondo una ricerca di Invesco sul settore obbligazionario, nonostante la compressione dei rendimenti che i titoli di stato cinesi scontano rispetto ai treasury Usa, gli investimenti esteri nel mercato obbligazionario cinese hanno registrato un aumento repentino nel 2018. Ora, con l'inclusione della Cina nell'indice globale che avverrà nei prossimi mesi è atteso un netto incremento degli acquisti di titoli di stato del Dragone da parte di investitori stranieri che desiderano di diversificare le proprie attività. I dati ufficiali riportati dall'agenzia "Xinhua" dicono che il mercato obbligazionario cinese si è attestato a circa 8.600 miliardi di yuan (12,84 miliardi di dollari) entro la fine del 2018, con circa 1,8 trilioni di yuan detenuti da investitori globali, con un aumento del 46 per cento su base annua.
Sul fronte Brexit, si studiano gli effetti del colpo di scena avvenuto ieri a pomeriggio inoltrato, quando il presidente della Camera dei Comuni, John Bercow, ha dichiarato che il piano del primo ministro inglese Theresa May non può essere nuovamente presentato al voto in Parlamento senza sostanziali modifiche, poiché una regola che risale al 1600 lo vieta. Questo vuol dire che almeno per il momento potrebbe non esserci un terzo voto sull’accordo, a meno che il primo ministro non riesca ad apportare queste modifiche sostanziali cambiando il testo entro il 20 marzo. L'alternativa è che il governo britannico trovi una scappatoia che riesca ad aggirare la presa di posizione di Bercow. In assenza di un accordo approvato entro domani, la May sarà costretta a chiedere all'Europa un'estensione lunga della scadenza del 29 marzo (data dell'uscita) per permettere la rielaborazione del piano, elezioni, o un nuovo referendum.
Mentre in Europa si consuma una nuova puntata della Brexit, negli Stati Uniti si attende l'inizio della riunione della Fed che, tra l'altro, dovrà comunicare le nuove previsioni di crescita dell'economia americana. Sui listini del vecchio continente i listini sono in sostanziale stallo, con Piazza Affari che in lieve rialzo grazie anche allo spread sceso sotto i 240 punti base e i rendimenti dei titoli di stato decennali tornati ai livelli della scorsa estate. Sul listino milanese scatta Fca sull'ipotesi di un interesse da parte del gruppo francese Psa, che controlla i marchi Peugeot, Citroen, DS, Opel e Vauxhall. Secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Radiocor che cita il giornale francese Les Echos, Robert Peugeot avrebbe aperto alla possibilità di nuove operazioni straordinarie da parte di Psa e sull'ipotesi di un'aggregazione con Fca, ha detto: "Con loro, come con altri, i pianeti potrebbero allinearsi', alludendo a una prospettiva favorevole. Anche se ha precisato che "niente al momento è sul tavolo".