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L'Italia pagherà 500 milioni l'anno per mantenere i gasdotti tedeschi

Maria Carla Sicilia

L’Autorità energetica di Berlino impone tariffe per i paesi importatori di gas. Così ripagherà anche il Nord Stream 2. Parla Clò

Roma. C’è un filo che lega la sicurezza energetica italiana a un doppio vincolo, nelle mani di Russia e Germania. Da Mosca l’Italia compra più di un terzo del gas che consuma, un volume attualmente insostituibile anche immaginando lo sviluppo dei campi nel mediterraneo orientale, a cui occorrerà ancora tempo, la costruzione del gasdotto EastMed e l’entrata in funzione della Tap. Per ricevere il gas russo le infrastrutture di Berlino saranno presto indispensabili, più di quanto non lo siano già ora che trasportano il metano da Olanda e Norvegia, che insieme ci garantiscono il 24 per cento delle importazioni. L’intesa raggiunta il mese scorso a Strasburgo consentirà alla Germania di terminare i lavori del Nord Stream 2 nel 2020, con il raddoppio dei flussi di gas che partono da Mosca verso l’Europa e il depotenziamento del corridoio che passa dall’Ucraina, che diventerà potenzialmente superfluo.

 

Per l’Italia significa dipendere non solo da un fornitore, ma anche da un unico corridoio di transito. In questa prospettiva la riforma che l’Autorità tedesca dell’energia sta discutendo per ridefinire le tariffe di trasporto potrebbe essere un problema per il mercato italiano. Secondo il disegno del regolatore tedesco, i costi delle infrastrutture andrebbero ripartiti aumentando la quota a carico dei punti in uscita dalla rete: la manutenzione dei gasdotti e le spese di trasporto del metano saranno sostenute in maggiore misura dai paesi che importano gas attraverso la Germania, con un risparmio per i consumatori tedeschi. L’autorità italiana (Arera) ha calcolato che già da quest’anno l’Italia potrebbe pagare un conto di 500 milioni di euro e altrettanto nel 2020. Parlando con gli industriali di Assocarta e Confindustria Toscana durante un seminario a Lucca, Stefano Saglia, che siede da agosto nel collegio dell’Arera, ha detto che la questione può diventare un “problema industriale”, come ha riportato lunedì Staffetta Quotidiana, testata specializzata nei temi dell’energia.

 

Il punto è che il costo delle nuove tariffe tedesche sarebbe riversato sulle bollette di imprese e famiglie italiane e, come ha detto Saglia, è nell’interesse nazionale “segnalarlo perché ci sia un confronto ai massimi livelli”. La fotografia dell’Arera però non tiene conto del Nord Stream 2. “Quelle di cui discutiamo oggi sono dinamiche consolidate da lungo tempo, parte di un progetto che porterà la Germania a essere leader indiscusso nel mercato europeo del gas e l’Italia una sua provincia – dice al Foglio Alberto Clò, economista e direttore della Rivista Energia – L’Autorità italiana può certamente segnalare il problema ma i margini di manovra sono a zero, doveva segnalarlo prima al Governo perché giocasse la sua parte a livello europeo. Temo che non potremo farci nulla. Anzi, la spesa aumenterà con l’inizio delle attività del Nord Stream 2 e la Germania caricherà i costi del nuovo gasdotto anche sui consumatori italiani. Cornuti e mazziati. Ora i nodi vengono al pettine, ma questo è solo il risultato dell’inspipienza italiana di definire una sua strategia energetica, il frutto di una serie di fallimenti politici”.

 

Come spiega Clò, l’efficacia del progetto tedesco dipende dalla completa sinergia tra la politica industriale e quella energetica, che ha spinto la Germania a perseguire scelte coerenti e convenienti per il paese. “Abbiamo già subito la politica tedesca sulle rinnovabili, ora sta succedendo sul metano e temo avverrà per l’isteria dell’auto elettrica”. Il gas è un tassello necessario del fabbisogno energetico tedesco, che si appresta a staccare la spina al nucleare e gradualmente anche al carbone, da cui dipende ancora per circa il 40 per cento. “Con il Nord Stream 2 Berlino è riuscita a garantirsi volumi di gas sufficienti per sé e indispensabili per l’Europa, la partita è chiusa”. E pensare, dice Clò, che all’angolo c’è finita l’Italia, “che può ben dirsi abbia fatto il mercato europeo del metano”.

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