L'ex capo economista del Mef dice che la crescita 0 è ottimistica
“La mia previsione è meno 0,5 per cento, ma solo se il pil crescerà nel secondo semestre. Serve subito un segnale sul debito”, dice Lorenzo Codogno
Roma. In realtà, vista la situazione dell’economia, non si comprende perché il governo sia scontento delle previsioni di crescita zero. “Per l’anno in corso la mia previsione di crescita è negativa, -0,5 per cento” dice Lorenzo Codogno, fondatore della società di consulenza LC macro advisors, visiting professor alla London School of Economics ed ex capo economista del ministero dell’Economia. “Prevedo il primo e il secondo trimestre in negativo a cui si aggiunge il trascinamento negativo dell’anno scorso. Non è uno scenario pessimista perché prevede che nella seconda metà dell’anno la crescita dell’economia torni in territorio positivo”. Insomma, per avere una contrazione del pil di mezzo punto bisogna sperare che le cose vadano bene? “Le mie previsioni sono al di sotto di quelle di consenso, ma c’è il rischio che le cose possano andare anche peggio. Gli ultimi indicatori non sono rassicuranti, suggeriscono il rischio di una contrazione più profonda”.
Significa che il prossimo Def indicherà il ritorno della recessione? “Ho forti dubbi che il governo metta un numero negativo di crescita nel Def. Ma il 7 maggio arriveranno le previsioni della Commissione europea, che probabilmente mostreranno una contrazione per il 2019”. Sarebbe vista come l’ultima pugnalata della Commissione uscente a un governo euroscettico. “In realtà favorisce il governo, perché se le stime indicheranno una crescita negativa l’Italia sarà esonerata da una correzione del saldo strutturale di bilancio”.
Sembra paradossale, ma la Lega e il M5s dovrebbero tifare per il segno meno? “Eviterebbe una correzione del saldo al netto degli effetti ciclici e delle una tantum, ma il governo dovrebbe rispettare comunque il limite nominale del 3 per cento e, a mio avviso, non sarà facile visto che con queste stime siamo al limite”. La frenata riguarda anche la Germania, che però ha un debito molto più basso e un surplus di bilancio, quindi un largo spazio fiscale per reagire alla frenata. “Ma il ministro Scholz ha già detto che rispetterà il vincolo black zero sul deficit. Per quanto la Bce stia suggerendo possibili ulteriori misure accomodanti, le sue armi sono spuntate. Servirebbe un aiuto anche dal lato fiscale. Alcuni paesi possono permetterselo. Invece l’Italia, che non ha fatto consolidamento fiscale negli ultimi anni, ha un grosso handicap”.
Pil in contrazione, deficit in aumento e privatizzazioni scritte sulla sabbia significano debito pubblico in crescita. Questo può creare tensioni sui mercati? “La situazione è molto critica. Se il governo non farà nulla e se non coprirà le clausole di salvaguardia, il rapporto debito-pil tenderà a salire, e di molto. Se le mie previsioni sono corrette, con una crescita reale del pil a meno 0,5 per cento e un deflatore a 0,5 per cento, la crescita nominale sarà zero. Il debito-pil crescerà molto, e la sua dinamica diventerebbe esplosiva senza una correzione”. Come si fa? “C'è solo un modo: riportare il surplus primario a 3-3,5 per cento, ma è un’impresa difficoltosa, soprattutto con il paese in recessione. Va fatto gradualmente, ma il segnale va dato subito”.
Lega e M5s sperano nelle elezioni europee, ci sarà una nuova Commissione. “Un cambiamento politico radicale è impossibile. Le regole possono essere riformate solo alla fine di un lungo percorso e hanno bisogno di un ampio supporto politico. Se anche i populisti vincessero ovunque, la destra in Germania e Olanda è molto diversa da quella italiana. È una destra che pretenderebbe il pieno rispetto delle regole e non un loro allentamento”. I sovranisti italiani finiranno per rimpiangere Juncker? “Penso che la prossima Commissione sarà più guardinga e meno politica, ma questo lo vedremo. In ogni caso il problema vero non è l’Europa, ma convincere i mercati finanziari che la sostenibilità del debito non è a rischio. E per farlo occorre risanare la finanza pubblica e rilanciare la crescita, ma questo richiederebbe un cambio di direzione nella politica economica”.