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La trappola danese

Gabriele Moccia

Le ragioni che portano la Danimarca a voler mettere in difficoltà il gasdotto tedesco Nord Stream 2

Roma. La trappola danese potrebbe presto ingabbiare il tubo russo del Nord Stream 2 con lo zampino di Washington. L’Agenzia danese per l’energia ha formalmente richiesto che venga effettuata una valutazione ambientale sul tracciato del gasdotto che dovrà passare per le acque del paese scandinavo per arrivare in Germania, una mossa che potrebbe di fatto ritardare il progetto. Come ha riferito Ture Falbe-Hansen, il portavoce dell’Agenzia, “si tratta di un’area che è diventata disponibile a seguito di una trattativa di demarcazione con la Polonia, pertanto ci vorranno diversi mesi, ma non è possibile dire quanto ci vorrà per completare la valutazione ambientale”. L’Agenzia danese ha chiesto alla società del progetto Nord Stream 2 di indagare sugli impatti ambientali per la rotta nell’area continentale a sud di Bornholm. Al momento non sono emersi dettagli relativi a una tempistica: quando la società Nord Stream 2 fornirà alle autorità danesi una valutazione sull’impatto ambientale, dovrà passare attraverso la normale procedura con delle consultazioni pubbliche. Il portavoce del Nord Stream, Jens Müller, ha invece replicato come la scelta danese non fermerà il progetto il cui completamento resta confermato per la fine del 2019. Tuttavia, secondo alcune fonti, dietro la mossa di Copenaghen ci sarebbe lo zampino della diplomazia energetica americana.

 

Donald Trump da qualche mese ha lanciato la sua offensiva contro il gasdotto voluto dal Cremlino e sia la Polonia sia la Danimarca sono due importanti tasselli di questa strategia. Il ministro degli Esteri polacco, Jacek Czaputowicz ha recentemente ribadito l’opposizione di Varsavia al gasdotto Nord Stream 2 dalla Russia alla Germania, poiché costituisce una minaccia politica ed economica per la Polonia e la regione del Mar Baltico nel suo complesso. In cambio dell’appoggio di Varsavia, gli Stati Uniti si sono impegnati ad aprire entro l’anno una base militare per aumentare le capacità di difesa del paese. Anche la mossa danese sarebbe il frutto delle pressioni americane che avrebbe condizionato un importante investimento da parte di Google nel territorio del paese scandinavo alla postura nei confronti del Nord Stream. Il colosso americano ha in programma un investimento di circa 700 milioni di euro per la costituzione di un data center nella città di Fredericia. Una volta completato, il data center potrebbe diventare uno dei più grandi mai installati in Europa.

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