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Cosa non va negli attacchi a Tria

La colpa del ministro secondo i grillini è quella di ammettere le grandi difficoltà economiche del paese e di non voler assecondare altre decisioni politiche scellerate del governo

Roma. Il ministro Giovanni Tria è di nuovo sotto attacco da parte della sua maggioranza, e in particolare del M5s. E’ già capitato altre volte, quando il ministro dell’Economia ha cercato molto timidamente di opporsi alle scelte scriteriate dei gemelli del deficit (avendo peraltro ragione a posteriori). Stavolta la colpa del ministro è quella di ammettere le grandi difficoltà economiche del paese e di non voler assecondare altre decisioni politiche scellerate sulle banche, sul ristoro automatico degli investitori, sulle nazionalizzazioni, sul prossimo Def. E così è partito un attacco che coinvolge Claudia Bugno, una esponente del “cerchio rosa” (perché tutto al femminile) che consiglia il ministro: la Bugno è accusata di avere un passato nell’ancien régime e di aver fatto assumere il figlio della moglie di Tria nell’azienda del suo compagno. A questo si aggiunge il fatto che la Bugno sia in corsa per un posto nel cda della partecipata St Micrelectronics e che si opponga alla nazionalizzazione dell’Alitalia attraverso una partecipazione diretta del Tesoro nel capitale.

 

Ora, è naturale che ci siano dissidi all’interno di un governo ed anche normale che ci siano avvicendamenti e sostituzioni se alcuni collaboratori non sono in sintonia con le scelte politiche della maggioranza. Ma ciò che è intollerabile è la pratica di farlo attraverso la delegittimazione personale e il coinvolgimento dei familiari. Era accaduto qualcosa di simile con l’ex capo di gabinetto del Mef Roberto Garofoli, giudicato anche lui poco collaborativo con il nuovo corso e troppo legato all’ancien régime, e costretto alle dimissioni dopo una campagna stampa di demolizione personale con accuse riguardanti le attività della casa editrice della moglie. Se non c’è più sintonia e le divergenze politiche sono profonde, la maggioranza ha il pieno diritto di chiedere le dimissioni o sostituire il ministro dell’Economia. E’ una questione di metodo: il killeraggio personale e familiare è una pratica più adatta al banditismo che alla politica.

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