Debunking dei luoghi comuni e dei falsi miti sui maledetti 80 euro
Proliferano le fake news sulla tanto bistrattata misura introdotta dal governo Renzi. Ecco cosa dicono veramente i dati diffusi dal ministero dell'Economia
Pochi provvedimenti economici sono stati bistrattati come gli 80 euro. Giudicati con sufficienza dagli economisti e dai tecnici, bollati come “mancia elettorale” dagli oppositori politici di Renzi (anche se il bonus Irpef è strutturale dal 2014 e nessuno si azzarda a toccarlo), gli 80 euro non hanno mai goduto di buona fama mediatica. E, secondo una certa vulgata da talk show, sembra quasi che facciano ribrezzo perfino a chi li riceve. Per altri critici, invece, gli 80 euro sono stati dati ai “ricchi” e non a chi ne avrebbe avuto realmente bisogno. In realtà, gli 80 euro valgono più di 9 miliardi di euro/anno, finiscono nelle tasche di oltre 11 milioni di italiani e quando sono entrati a regime hanno spinto all’insù i consumi come non accadeva da un bel pezzo, dando al pil una accelerata notevole. I consumi delle famiglie italiane, infatti, hanno toccato, non a caso, la loro massima crescita percentuale tendenziale dal 2001 ad oggi nel terzo e nel quarto trimestre 2015 (più 2,3 per cento in entrambi i trimestri, con un contributo all’aumento del pil pari a più 1,4 per cento). E’ chiaro che adesso gli 80 euro hanno in parte esaurito il loro effetto novità e la loro spinta propulsiva, ma la verità è che sono stati una delle chiavi di volta della ripresa che ci ha portati fuori dalla crisi, assieme alle decontribuzioni per le assunzioni a tempo indeterminato, al super-ammortamento e al Piano Industria 4.0. Tuttavia, il piacere quasi sadico con cui gli 80 euro vengono irrisi o denigrati non viene mai meno. Prova ne è che anche nei giorni scorsi, quando il Mef ha diffuso i dati sulle dichiarazioni dei redditi 2018 per l’anno 2017, la notizia più rilanciata da vari organi di stampa è stata quella che “2 milioni di italiani hanno dovuto restituire in tutto o in parte gli 80 euro”. Quasi che questi 80 euro siano una maledizione divina, qualcosa da cui tenersi alla larga, una specie di persecuzione oltre che un fallimento sul piano della politica economica.
La situazione reale è alquanto diversa e niente affatto catastrofica rispetto a come è stata presentata. Il dato esatto è che 1,77 milioni di dipendenti hanno dovuto restituire completamente o parzialmente il bonus Irpef (anticipato in prima battuta dal sostituto di imposta) per il semplice motivo che, una volta accertata a fine anno la loro situazione reddituale complessiva, essi banalmente non avevano diritto agli 80 euro. E, in ogni caso, la notizia sparata dai media è un sostanziale flop giacché tali 1,7 milioni di contribuenti, avendo sforato la soglia massima o minima per poter fruire del bonus, rientravano già in partenza tra i percettori marginali del medesimo e hanno perciò restituito complessivamente una somma limitata, pari a 493 milioni di euro, cioè circa 280 euro medi annui a testa, equivalenti a poco più di 23 euro/mese. Inoltre, lo stesso Mef precisa in un comunicato stampa che “di tali soggetti 1,2 milioni hanno però ottenuto anche la restituzione di ritenute Irpef indebitamente versate, pari a 770 milioni di euro” (notizia naturalmente passata in secondo piano o completamente ignorata dalla maggior parte dei giornali e telegiornali).
Di fronte al proliferare di fake news sugli 80 euro, proveremo perciò a mettere un po’ d’ordine, come sempre partendo dai dati. Secondo il dipartimento delle Finanze del Mef, i dipendenti persone fisiche soggetti Irpef nel 2017 sono stati 21,8 milioni. Di questi 21,8 milioni di contribuenti, stando alle classi di reddito considerate dal Mef, 15,3 milioni hanno denunciato un reddito inferiore a 26.000 euro, cifra che rappresenta il tetto massimo (approssimato) per potere ricevere, almeno in parte, il bonus degli 80 euro (che è invece goduto in forma piena nella misura di 960 euro/anno fino a 24.000 euro di reddito). Dal bonus degli 80 euro sono anche esclusi, verso il basso, gli incapienti di imposta, cioè coloro che si trovano nella cosiddetta No tax area, con redditi inferiori agli 8.000 euro (valore approssimato).
Ma quanti sono gli italiani a cui nel 2017 è spettato il bonus degli 80 euro? La cifra esatta è 11,6 milioni di persone, cioè il 76 per cento circa dei dipendenti con reddito inferiore ai 26.000 euro. Si tratta di una cifra invero notevole perché dimostra che il beneficiario del bonus Renzi è il ceto medio-basso sino alla soglia della No tax area. Altro che soldi dati ai ricchi.
I 15,3 milioni di contribuenti a cui nel 2017 è spettato il bonus Irpef hanno ricevuto complessivamente 9,5 miliardi di euro, per una media di 820 euro a contribuente. Al Nord sono spettati 4,8 miliardi di euro di bonus Irpef, al Centro 1,9 miliardi, al Mezzogiorno 2,8 miliardi.
In soldoni: 930 milioni di euro sono spettati alla classe di reddito 7.500-10.000 euro (790 euro a testa); 899 milioni di euro alla classe di reddito 10.000-12.000 euro (860 euro a testa); 1,3 miliardi di euro alla classe di reddito 12.000-15.000 euro (890 euro a testa); 2,7 miliardi di euro alla classe di reddito 15.000-20.000 euro (930 euro a testa); e 3,4 miliardi di euro alla classe di reddito 20.000-26.000 euro (840 euro a testa).