Mario Draghi (foto LaPresse)

Perché l'illusione dell'eccezionalismo italiano ci sta demolendo

Mario Seminerio

Gli altri ci odiano, il deficit non esiste, la Bce è autoritaria, la globalizzazione ci fiacca. I mantra vittimisti portano allo schianto

Come in uno stanco rituale, anche l’ultimo aggiornamento delle previsioni di crescita per l’Italia, elaborato questa volta dall’Ocse (ma il teatrino si ripete per qualsiasi ente di ricerca ed organizzazione internazionale si azzardi a prevedere la “sottoperformance” della nostra economia), è stato accolto a Roma e dintorni da fremiti di sdegno pavloviano ed accuse di condotta anti-italiana, frammiste a concetti del tipo “voi non capite, le cose non stanno in questi termini”. Ogni volta, pare che agli incauti previsori sfugga la “ricetta segreta”, quella che metterà pepe e benzina nella crescita italiana. Ogni volta, mestamente, i consuntivi ratificano che l’ingrediente magico non è affatto magico, e spesso si rivela addirittura tossico.

 

Anche a questo giro, quindi, dall’Italia non sono mancati i rilievi, tra priapismo mascellare e condiscendente pedagogismo, sulla mancata comprensione dell’eccezionalismo della nostra economia. Quelli di Matteo Salvini, uno abituato a mangiarsi lo spread a colazione e postarne la foto sui social, o quelli di Luigi Di Maio, che per un divertente riflesso pavloviano vede complotti di “austerità” contro l’Italia ogni volta che qualche osservatore esterno si dice in disaccordo con le misure di politica economica del governo

  

Quanto al premier Giuseppe Conte, sempre alla ricerca di qualche interlocuzione per rinviare il più possibile la scelta dell’albero a cui impiccare il paese, il suo vaticinio resta saldo: un primo semestre zoppicante per cause esterne (ça va sans dire) e poi un’accelerazione da luna park per toccare i livelli di crescita vaticinati a inizio anno nei documenti di bilancio.

 

Perché, vedete, loro avevano esattamente previsto il rallentamento: anche per quello hanno evitato di scrivere una crescita del 3% ed oltre, come invece strologato dall’ex ministro Paolo Savona, che aveva ipotizzato di “invitare” le controllate pubbliche a dar fondo nel 2019 ai budget di spesa per il successivo quadriennio ed oltre; invito rimasto incomprensibilmente inascoltato.

 

Ma forse serve fermarsi a riflettere sull’eccezionalismo italiano, che ormai sta mettendo profonde radici nel modello culturale del paese. L’ultimo bollettino mensile della Bce ha certificato un nuovo primato: il nostro paese è l’unico in Eurozona a necessitare di un avanzo primario per stabilizzare il rapporto debito-Pil. Nel 2017, infatti, tutti i paesi dell’area euro tranne il nostro hanno registrato tassi di crescita nominale superiori al costo medio del debito pubblico, la condizione necessaria a ridurre l’indebitamento. Avere un avanzo primario alimenta un circolo vizioso di soffocamento dell’economia del paese, a cui vengono sottrarre risorse destinabili alla crescita.

 

Per la maggioranza dei nostri politici, invece, avere un avanzo primario è condizione per ritirare un premio presso la Commissione Ue, che consiste nella possibilità di fare più deficit. Ovviamente si tratta di deficit ad altissimo moltiplicatore, quello che si ripaga alla grande. Una specie di Campo dei Miracoli di collodiana memoria.

 

Ma siamo eccezionali e differenti in molto altro: ad esempio, nel sostenere che lo spread italiano aumenta non perché siamo a crescente rischio di insostenibilità del debito (date le premesse di cui sopra), ma perché “la Bce ha terminato i suoi acquisti”. Buffo, però: pare che gli acquisti della Bce siano terminati solo per l’Italia e per nessun altro paese. L’unica spiegazione possibile è che si tratti dell’ennesimo complotto contro il nostro paese, dove l’istituto guidato (ancora per poco) da Mario Draghi compra nottetempo i titoli di stato francesi, portoghesi, spagnoli, calmierandone i rendimenti.

 

Ma niente paura: presto saremo in grado di rimpatriare tutto il nostro oro, e sommarlo a quello già presente nei caveau di Banca d’Italia. Riprendendo in mano il nostro destino, saremo in grado di scoprire se si tratta di lingotti veri oppure di cioccolato, e manco fondente. Potremo anche mettere a leva i circa 90 miliardi di euro di controvalore dello stock aureo e, sempre col Grande Moltiplicatore, abbattere la rischiosità degli oltre 2.300 miliardi di debito pubblico, come del resto pianifichiamo da lustri nelle varie combinazioni possibili, dagli immobili pubblici alla spending review. Anche la grande “operazione click” per cancellare centinaia di miliardi del nostro debito pubblico si inserisce in questa tradizione di ingegneria finanziaria per disperati e falliti.

 

Resta da chiedersi: perché l’Italia resta la Grande Incompresa della Ue, del sistema solare e probabilmente di questo lato della galassia? 

 

Forse il pianeta, ad un certo punto, è mutato al punto da divenire un ecosistema ostile all’Italia. Ad esempio, la globalizzazione ha spostato il nostro paese a competere in prevalenza con produzioni a basso valore aggiunto, mentre la marginale dimensione media del nostro sistema produttivo è finita a rappresentare l’ostacolo naturale a ricerca e sviluppo, ostacolando l’adozione di nuove tecnologie. Oppure l’incoercibile matrice anarco-socialista del nostro paese porta a vedere l’economia come un gioco a somma zero, dove un vincitore può essere tale solo sottraendo risorse nella stessa entità ad altri.

 

Quale che sia la spiegazione, l’eccezionalismo italiano (la cui immagine speculare è il vittimismo nazionale) garantisce un percorso fatto di autoinganni e carriere politiche costruite sull’inganno. Attenzione, però: in chiave evoluzionistica, eccezionalismo significa che un dato organismo non è più idoneo all’ambiente circostante, ed è quindi destinato a soccombere. 

Di più su questi argomenti: