La grande scommessa di Rcs che piace in Borsa
La querelle Cairo-Blackstone interessa gli investitori. In sei mesi le azioni del gruppo sono salite del 55 per cento
Milano. La sfida lanciata lo scorso novembre dall’editore Urbano Cairo al fondo americano Blackstone per l’immobile di via Solferino, sede storica del Corriere della Sera, è sembrata ambiziosa agli occhi di più d’un osservatore e si vocifera che anche ai piani alti di Intesa Sanpaolo, la banca che nel 2016 ha finanziato l’opa di Cairo su Rcs e che è rappresentata nel consiglio di amministrazione da Gaetano Micciché, non sia mancato qualche malumore. Il fatto stesso di mettere in discussione un contratto di compravendita chiuso tra le parti nel 2013 fa, infatti, temere al mondo degli affari che i grandi investitori possano considerare inaffidabile il mercato immobiliare italiano. Ma la decisione della Corte Suprema di New York di rimettere il caso nelle mani della giustizia italiana, lasciando quindi che sia l’arbitrato costituito presso il tribunale di Milano a decidere (la prossima udienza si terrà a settembre), riaccende le speranze di coloro che scommettono su un esito a favore di Cairo, che in questa querelle internazionale è assistito dall’avvocato Sergio Erede a titolo personale, anche se – ma potrebbe essere una coincidenza – nel consiglio di amministrazione di Rcs sta per sedersi Stefano Simontacchi, presidente dello studio Bonelli-Erede.
Nell’eventualità – poco probabile – di una vittoria piena, Rcs potrebbe ottenere la differenza tra il prezzo di vendita dell’immobile di Solferino (120 milioni) e quello che ritiene fosse all’epoca della vendita il giusto valore di mercato (all’incirca 180-200 milioni), ma anche nel caso di un accordo tra le parti, il gruppo dei media avrebbe tutto da guadagnare rispetto a Blackstone, che ha dovuto rinunciare a rivendere il palazzo al gruppo Allianz da quando Cairo ha contestato il contratto del 2013. Non è da escludere che l’arbitrato possa dare ragione al fondo statunitense, assistito dallo studio Gatti-Pavesi-Bianchi, e in questo caso Cairo sarebbe tenuto a un costoso risarcimento danni, ma l’ipotesi che per far fronte a questa eventualità Rcs debba addirittura vendere la controllata spagnola Unidad Editorial, come riferito da alcuni media, appare remota.
Intanto, gli investitori sono tornati a comprare a piene mani le azioni di Rcs proprio a cavallo della trasferta pasquale di Urbano Cairo negli Stati Uniti per assistere di persona alla decisione di Salian Scarpulla, il giudice della sezione civile della Suprema Corte dello stato di New York. Nella seduta di Borsa del 24 aprile, quando è emerso che la giurisdizione competente è l’Italia, il titolo della casa editrice ha fatto un balzo di quasi il 5 per cento in una giornata negativa per piazza Affari e anche ieri si sono registrati vivaci acquisti, seppure in misura più contenuta. La fiammata di questi giorni consolida la straordinaria performance degli ultimi sei mesi: da quando è scoppiata la querelle, cioè da novembre 2018, a oggi, le azioni del gruppo dei media sono salite del 55 per cento, passando da un prezzo di poco inferiore a 0,88 euro per azione a 1,29 euro (chiusura di ieri), con un guadagno in termini di maggiore capitalizzazione di mercato di oltre 200 milioni. Nulla a che vedere con i principali gruppi concorrenti, come l’editoriale Gedi (Repubblica) e Mondadori, i cui guadagni di Borsa nell’ultimo semestre sono stati di gran lunga inferiori, mentre l’indice che rappresenta il settore media sul listino milanese è cresciuto solo del 12 per cento. Secondo gli analisti finanziari consultati dal Foglio, a questo boom del titolo Rcs ha contribuito una serie di fattori, in primis la riduzione del debito, passato da 430 milioni – livello raggiunto quando Cairo ha rilevato il gruppo a luglio 2016 dopo la cessione di Rcs Libri – a 160 milioni di marzo di quest’anno, ma l'appeal speculativo assunto dalla battaglia legale contro il fondo americano ha giocato un ruolo fondamentale. I rumors dicono che gli investitori stanno scommettendo sul fatto che Cairo porterà comunque a casa un risultato e quest’entusiasmo mette in ombra le previsioni di una marginalità che rischia di non crescere a livello di gruppo a fronte delle deludenti prospettive del mercato pubblicitario per il 2019, che, peraltro, riguardano tutto il settore dei media.