Ripartire dagli investimenti (privati)
“Il governo ha cambiato approccio, ma non basta”. Parla la dg di Confindustria Marcella Panucci
Roma. Mentre Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, parla con il Foglio, così si esprime il rapporto di aprile dell’associazione degli industriali “Congiuntura flash”: “L’economia non cresce. Gli investimenti sono attesi in calo, i consumi sono deboli e con prospettive incerte”. Una smentita del “rimbalzino” della produzione di febbraio, e del “boom di assunzioni” annunciato da Luigi Di Maio. Anche il ridimensionamento delle aperture di credito accordate al vicepremier da Vincenzo Boccia? “Nessun ridimensionamento. Abbiamo una visione chiara dello stato attuale dell’economia”, dice Panucci. “L’aumento della produzione industriale di inizio 2019 era dovuto alla ricostituzione delle scorte. La fiducia delle imprese e delle famiglie è in calo da mesi, i consumi deboli. C’è però una novità positiva. Il governo pare aver cambiato approccio verso le imprese dopo che per mesi le ragioni del mondo produttivo erano state trascurate. L’approvazione dei decreti ‘sblocca cantieri’ e ‘crescita’ è una buona notizia. E’ un bene aver potenziato il fondo garanzia per le Pmi, necessario per far fronte al rallentamento del credito, aver corretto la mini-Ires e reintrodotto il superammortamento. Vuol dire comprendere l’importanza per la crescita degli investimenti privati, oltre a quelli pubblici. A Milano, nel suo intervento al nostro Consiglio generale, Di Maio ha riconosciuto che il paese non cresce e si è impegnato sui due provvedimenti. Gliene abbiamo dato atto, ma vigiliamo sui risultati”.
Quanto ci si aspetta dalle due misure? “Ci paiono realistiche le stime del Def che prevede un decimale in più di pil quest’anno, due nel 2020. Poi, secondo le nostre elaborazioni, non si va molto oltre, se non cambia il quadro internazionale, non si interviene sul debito e non si assicura continuità e coerenza alle politiche per le imprese e per la crescita, che sono fatte di tanti tasselli. La prima cosa non è solo nelle nostre mani, le altre sì. Aumenti di deficit, e quindi di debito pubblico e del suo costo immediato, tolgono ogni spazio alle misure di crescita. Ci auguriamo che la stima della Banca d’Italia di rivedere il segno più nel primo trimestre sia giusta; ma un decimale non fa primavera”.
Che cosa vi aspettate dalle elezioni europee? “Il nostro paese deve fare attenzione a non restare isolato nei futuri assetti, che vedranno probabilmente ancora in maggioranza le due principali famiglie, Ppe e Pse, e l’Alde, il gruppo liberale nel quale entrerà il partito di Emmanuel Macron. Bisogna evitare di rimanere fuori dalle alleanze che contano, considerato che lo stesso fronte sovranista si compone di partiti e movimenti politici molto distanti su temi chiave: Alternative für Deutschland ha sul rispetto delle regole di bilancio opinioni opposte a quelle leghiste”.
Si rischia di non avere commissari di peso? “Per l’Italia sono cruciali Industria, Commercio e concorrenza. Intanto per il peso crescente dei regolatori, poi perché andranno normalizzate le relazioni con gli Stati Uniti chiunque vada o resti alla Casa Bianca. Il trattato transatlantico Ttip fu silurato dalle ostilità reciproche; si deve andare oltre le minacce sui dazi, va instaurato uno spazio di libero scambio Europa-Usa: per noi l’America vale 50 miliardi di export, dieci volte la Russia, che pure è importante”.
Ieri sera sull’Italia si è pronunciata Standard & Poor’s: per Confindustria che cosa significano i rating? “Alcuni mesi di tregua, tempo per capire come intendiamo spendere le risorse pubbliche. Faccio due esempi: è apprezzabile il decreto crescita, così come aver mantenuto il piano Industria 4.0. Che però va monitorato e continuamente implementato per stare dietro all’innovazione tecnologica. Il secondo esempio riguarda i giovani: quota 100 e reddito di cittadinanza li riguardano molto poco. Al contempo vengono ridotti gli incentivi per la ricerca e non si prevedono misure per fare incontrare la domanda di lavoro con le richieste delle imprese di profili specializzati e anche meglio retribuiti. I giovani sono i grandi dimenticati. Non da oggi, certo. Ma soprattutto oggi”.