Le previsioni di Bruxelles sono “farlocche”? Al governo non hanno letto il Def che hanno approvato
Ha ragione Tria quando dice che le stime della Commissione europea corrispondono a quelle del documento licenziato dal consiglio dei ministri
Le previsioni della Commissione europea non sono affatto piaciute al governo gialloverde. Secondo il premier Giuseppe Conte si tratta di “stime ingenerose e pregiudizialmente negative”. Il M5s, con una nota predisposta dai componenti della commissione Bilancio alla Camera, ha rincarato la dose definendole “farlocche” e elaborate con l’unico intento di “colpire il governo”. Per il vicepremier Matteo Salvini non vale neanche la pena commentarle perché “non ne hanno mai beccata una”. L’unica voce fuori dal coro è stata quella del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che, per nulla sorpreso, ha dichiarato: “Le cifre pubblicate corrispondono a quelle contenute nel Documento di economia e finanza (Def)”. In sostanza, secondo il capo del dicastero di Via XX Settembre, il quadro macroeconomico predisposto dalla Commissione europea è uguale a quello descritto dall’esecutivo nel Def: i numeri sulla crescita, il mercato del lavoro e i conti pubblici lo dimostrano. Andiamo per ordine.
Primo, la crescita. Secondo Bruxelles, l’Italia è sostanzialmente ferma. Per l’anno in corso, il prodotto interno lordo dovrebbe registrare una variazione dello 0,1 per cento, sostanzialmente in linea con lo 0,2 previsto dal governo. In effetti, questa stima è coerente con le valutazioni elaborate nel Def dell’impatto delle due misure chiave: reddito di cittadinanza e quota 100. Nonostante l’ammontare significativo di risorse destinate ai suddetti interventi per il triennio 2019-2021 – 43 miliardi di euro su un totale di circa 50 miliardi –, l’effetto complessivo è sostanzialmente nullo. Secondo il documento, il decimo di crescita dovrebbe arrivare dallo sblocca cantieri e dal decreto crescita appena approvati. La Commissione, pertanto, si è limitata a riscrivere semplicemente quello che il governo ha già scritto nel Def. Le previsioni di Bruxelles, tuttavia, sono coerenti anche con i dati forniti dell’Istat. A cominciare da quello sul pil del primo trimestre. Come spiegato dal presidente Gian Carlo Blangiardo, la flebile ripresa – pari a 0,2 per cento dopo due trimestri con il segno meno – è ascrivibile all’apporto positivo della componente estera netta e a quello negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte). In assenza dei dati disaggregati, al momento si può concludere che a trainare la crescita sarebbero state le esportazioni mentre i consumi e, soprattutto, gli investimenti avrebbero fatto da freno. Tali dinamiche sono coerenti con il quadro di Bruxelles, che prevede per l’anno in corso una contrazione degli investimenti pari allo 0,3 per cento, in controtendenza con gli altri paesi dell’Eurozona dove questa componente del pil è prevista in aumento (la media dell’area si attesta al 2,3 per cento).
Secondo, il mercato del lavoro. Bruxelles prevede una riduzione dell’occupazione pari allo 0,1 per cento, un dato che ha fatto molto arrabbiare il governo (per l’Eurozona è prevista una crescita di quasi un punto percentuale). Eppure, anche in questo caso, la cifra è coerente con il contenuto del Def, che calcola sull’occupazione un impatto negativo di quota 100 per tre decimi di punto e un impatto sostanzialmente nullo del reddito di cittadinanza. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, Bruxelles prevede – così come il Def – un peggioramento rispetto al 2018 (10,6 per cento). In questo caso, però, il governo (11 per cento) è persino più negativo della Commissione (10,9 per cento).
Terzo, i conti pubblici. La stima del disavanzo per quest’anno – (in crescita dal 2,1 del 2018 al 2,5 per cento) – è in linea con quello del Def (2,4 per cento). Quella per l’anno prossimo, invece, è diversa – in aumento per Bruxelles (al 3,5 per cento), in diminuzione per il governo (al 2,1 per cento) –, a causa del diverso trattamento dell’Iva. La Commissione ha, infatti, tenuto conto di ciò che è stato promesso dai diversi esponenti della maggioranza al momento della pubblicazione del Def: “L’Iva non aumenterà, perché faremo esattamente come si è sempre fatto”. Fino ad ora, nessuno ha mai fatto aumentare l’Iva (salvo il premier Letta): le clausole di salvaguardia sono sempre state disinnescate attraverso maggiore disavanzo. In base a queste dichiarazioni, Bruxelles ha, quindi, deciso, di non incorporare nella sua previsione i 23 miliardi di euro che deriverebbero da un innalzamento dell’Iva.
In conclusione, ha ragione Tria quando dice che le stime della Commissione europea corrispondono a quelle del Def, documento approvato dal consiglio dei ministri. Chi dal governo le definisce farlocche” o “sbagliate” non ha letto (o capito) ciò che ha approvato.