L'allarme di Visco dimostra che il problema dell'Italia non sono i litigi del governo: è il governo
A quasi un anno da quando lo spread è stabile sopra quota 200, il governatore di Bankitalia dice che "emergono segnali di tensione" sui tassi bancari. Colpite soprattutto le piccole imprese
Il compleanno del contratto di governo che si festeggia in questi giorni è anche l'occasione per ricordare un'altra ricorrenza: dal 16 al 25 maggio 2018, in meno di dieci giorni, il differenziale tra i titoli di stato italiani e tedeschi ha subito un'impennata di oltre 50 punti base e poi, da quel giorno, non è mai più sceso sotto quota 200. Come ha ricordato questa mattina il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, parlando alla conferenza annuale dell'Aaron Institute for Economic Policy di Israele, i valori registrati in questi giorni in cui lo spread ha superato i 270 punti base ("più del doppio rispetto all'inizio del 2018 e prima delle elezioni politiche"), espongono "l'Italia alla volatilità dei mercati finanziari". Ma se fino a ora l'impatto sui prestiti a famiglie e imprese è stato limitato – ha detto Visco – oggi le condizioni di credito per gli istituti bancari stanno iniziando a cambiare e si registrano i primi "segnali di tensione". Un altro risultato da segnare nell'elenco degli obiettivi raggiunti dal governo Lega-M5s.
"Secondo le nostre indagini – ha detto Visco – le condizioni di credito si sono irrigidite, specialmente per le piccole imprese, in seguito all'aumento dei costi di raccolta bancaria e al peggioramento delle previsioni economiche. Nel lungo periodo questo colpirà l'economia reale". Per questo, ha aggiunto il governatore di Bankitalia, "una strategia credibile per ridurre il fardello dell'alto debito pubblico non può più essere posticipata e vanno affrontati i fattori che inducono gli investitori a percepire rischi più alti, come le condizioni di bilancio trascurate e la prevalenza di sussidi e trasferimenti su misure destinate a sostenere la crescita". In questo senso, a leggere tra le righe, a innervosire i mercati non sono solo le recenti dichiarazioni del vicepremier Matteo Salvini, che di certo non hanno reso felici chi ha investito in titoli di stato italiani, ma l'intera struttura economica che sostiene il Def e quindi la legge di Bilancio 2019. Basta ricordare che secondo le stime contenute nel documento di economia e finanza i due pilastri gialloverdi – reddito di cittadinanza e quota 100 – avranno un effetto sulla crescita dello 0,2 per cento. In pratica lo stato ha previsto di spendere circa 11 miliardi (lo 0,6 per cento del pil) per avere una crescita di circa 3,5 miliardi.
Inoltre, "trascurare le condizioni di bilancio" non significa solo minacciare di sforare i vincoli del patto di Stabilità. Non aiuta, ad esempio, nemmeno l'atteggiamento irresponsabile di Lega e M5s rispetto alla questione dei 23 miliardi di euro che, nella prossima manovra, dovrebbero servire a non aumentare le aliquote Iva. Disinnescare le clausole di salvaguardia senza reperire le risorse necessarie porterebbe il disavanzo al 3,4 per cento del pil nel 2020, secondo i calcoli del capo economista della Banca d'Italia, Eugenio Gaiotti, esposti un mese fa in audizione alla Camera. L’1,3 percento in più di quanto previsto nel Def.
Così, per quanto il ministro dell'Economia Giovanni Tria continui a ripetere che gli unici obiettivi del governo sono quelli approvati nel documento di economia e finanza, come ha fatto anche oggi da Bruxelles, è difficile non prendere di peso le continue provocazioni dei due principali esponenti del governo, Luigi di Maio e Matteo Salvini. Non è solo quando litigano che innervosiscono gli investitori, pronti a orientarsi verso titoli di stato più solidi, ma ogni volta che si lasciano andare a dichiarazioni da campagna elettorale. Detto altrimenti, il governo agita i mercati da quando il governo stesso esiste, come dimostrano i dati relativi all'andamento dello spread nell'ultimo anno.
Per approfondire leggi anche: