Salvini a vanvera
Aumentare il debito per ridurre la disoccupazione è una pericolosa bufala smentita anche nel Def
“Siamo pronti a sforare il limite del 3 per cento per dimezzare la disoccupazione” ha dichiarato il vicepremier Matteo Salvini a margine dell’inaugurazione della sede della Cassa depositi e prestiti a Verona. “Questi vincoli affamano le famiglie italiane – ha spiegato, pertanto – è mio dovere superarli”. Il piano d’azione che ha in mente è semplice. Visto che Bruxelles non consente di implementare le misure decise a Roma senza le coperture, bisogna invertire l’ordine: “prima faccio e poi mi godo i frutti”. In altre parole, per diminuire il tasso di disoccupazione italiano, il terzo più elevato dell’area dell’euro dopo quello della Grecia e della Spagna, è necessario spendere senza dover necessariamente trovare nell’immediato le risorse finanziare per rispettare le regole fiscali europee. Il debito deve, quindi, poter crescere anche oltre questi limiti. Ma fino a che punto dovrebbe crescere? Il ministro ha in mente un obiettivo preciso: l’incremento deve essere tale da raggiungere un tasso di disoccupazione intorno al 5 per cento. La ricetta è facile, efficace e andrebbe applicata il prima possibile. Il governo, però, non sembra condividere questa posizione. Basta leggere il Documento di economia e finanza (Def), dove è spiegato che a fronte di aumento del debito pubblico al 132,6 per cento (dal 132,2 per cento del 2018), la disoccupazione continua a crescere, tanto da salire all’11,1 per cento nel 2021. Il Def delinea, pertanto, una relazione inversa da quella descritta da Salvini, eppure il documento è stato approvato anche da lui.
Anche l’evidenza delle economie dove la disoccupazione è diminuita (secondo le stime della Commissione europea, la disoccupazione quest’anno dovrebbe scendere in tutti i paesi dell’area dell’euro ad eccezione dell’Italia) non avvalora la ricetta del leader della Lega. Prendiamo, ad esempio, i tre paesi che vantano un tasso di disoccupazione vicino all’obiettivo auspicato dal ministro – la Germania con il 3,4 per cento, il Belgio con il 6 per cento e il Portogallo con il 7 per cento –, e soffermiamoci sul periodo post-crisi, ossia dopo il 2015. In tutti e tre i casi, il debito ha registrato una dinamica calante: quello tedesco dal 71,6 al 60,9 per cento, quello belga dal 106,4 a 102 per cento è quello lusitano dal 128 al 121 per cento. Nel contempo, la disoccupazione nel 2018 è diminuita, rispettivamente, di 1 punto percentuale, di 2,5 punti percentuali e di 5,6 punti percentuali. Della relazione descritta da Salvini – “più debito, meno disoccupazione” – non c’è traccia: questi paesi hanno ridotto la disoccupazione senza fare ricorso a nuovo indebitamento. Attribuire la responsabilità della performance del mercato del lavoro a Bruxelles e ai suoi vincoli che non consentono incrementi del debito non è, pertanto, corretto.
Il ministro, peraltro, data la sua lunga esperienza di europarlamentare, dovrebbe sapere che il mercato del lavoro non è una competenza europea: le decisioni in questo campo vengono prese dai governi nazionali. Per il triennio 2019-2021, il governo gialloverde ha scelto di concentrare la maggior parte dei 116 miliardi di risorse complessive ai due cavalli di battaglia, quota 100 e al reddito di cittadinanza. Eppure, sempre nel Def, il governo stima che l’effetto delle suddette misure sarà negativo sull’occupazione e pressoché nullo sulla crescita. Con queste scelte (e queste previsioni), è davvero difficile dare la colpa all’Europa per la mancanza di lavoro e crescita in Italia.
Per far ripartire l’economia e creare occupazione, servono riforme - a cominciare da quella della Pubblica amministrazione (fino ad oggi si è parlato unicamente di assunzioni nonostante l’assenza di una chiara definizione del perimetro d’azione), tagli alle tasse (l’Italia ha un cuneo fiscale che è 11 punti più elevato di quello della media dei paesi Ocse), e spending review che preveda, non solo una riduzione delle spese ma, anche, una riqualificazione a favore di quelle più produttive. A cominciare da quelle in “innovazione e capitale umano”, uno dei comparti con maggiore impatto sulla crescita, a cui il governo destina meno di due miliardi di euro.
In conclusione, il debito pubblico italiano deve essere messo su una traiettoria decrescente così come promesso dal premier Giuseppe Conte nel suo discorso di insediamento. Dichiarare di volere continuare a aumentarlo, come ha fatto Salvini, serve solo a minare la fiducia di chi investe nel nostro paese e compra il nostro debito: l’incremento dello spread di queste ore lo dimostra. Ciò che è accaduto lo scorso autunno, con lo spread che ha superato i 300 punti base, dovrebbe servire da lezione.