foto LaPresse

Più forti dello stato sbruffone

C’è un’internazionale del capitalismo che fa impallidire il sovranismo

Con l’acquisto da parte di Mediaset del 9,6 per cento di ProSiebensat.1, secondo gruppo televisivo europeo con base in Baviera, continua la stagione di grandi accordi internazionali delle principali aziende italiane. Segue di pochi giorni l’annuncio del deal tra Fiat Chrysler e Renault, che con l’aggiunta di Nissan-Mitsubishi può generare il maggior produttore mondiale di auto; e di poche settimane la definizione delle governance nelle fusioni Luxottica-Essilor e Fincantieri-Naval Group. Mentre proseguono gli acquisti all’estero di big come Ferrero o di attività italiane di gruppi stranieri, come in Conad-Auchan.

 

Secondo uno studio del 2018 della banca Hsbc oltre il 40 per cento delle imprese italiane medio-grandi ha concluso almeno un’acquisizione, nell’80 per cento dei casi oltreconfine. Certo con i rischi connessi all’impresa, a cominciare dalle difficoltà nelle integrazioni. Ed è egualmente anche gli stranieri fanno shopping di aziende italiane, con più o meno successo. Tutto ciò ha a che fare con l’accelerazione del processo di consolidamento della grande industria, dall’Auto alle banche: proprio quest’ultimo sarà il prossimo fronte di internazionalizzazione per le aziende italiane. Non c’è nulla di sorprendente (tutte le gloriose case automobilistiche inglesi sono da tempo in mani straniere, anche italiane), se non che da parte italiana il cosmopolitismo privato aumenta mentre a livello pubblico il mood della maggioranza predica il sovranismo per noi e per gli altri, sbandierando un nazionalismo che sta già materializzandosi in isolamento internazionale. Ultimoi esempio il no dell’ungherese Viktor Orbán ad accordi con Matteo Salvini. E a livello industriale la fuga di possibili acquirenti stranieri da un’Alitalia statalizzata. I mercati premiano le aziende a maggior vocazione internazionale: Fitch ha migliorato ad A il rating di Generali, un livello che il Tesoro si sogna. Mentre l’europeismo delle industrie presuppone rapporti costruttivi con i governi europei e i “poteri forti” che i gialloverdi indicano come nemici del popolo. Mike Manley, ad di Fca, è andato a parlare con Emmanuel Macron essendo il governo francese azionista di Renault: ce li vedete Salvini e Luigi Di Maio?

Di più su questi argomenti: