Cottarelli ci spiega lo scambio epistolare “complicato” con Bruxelles
“Come si trovano 35/40 miliardi in pochi mesi?”. I dubbi dell’economista sul 2020 e l’analisi del modello iberico
Mentre Bruxelles approfondisce la situazione italiana, dopo aver già giudicato insufficienti i nostri progressi, si guarda con attenzione alla lettera del ministro Giovanni Tria e con preoccupazione alla “to do list” leghista, in parte già accolta dallo stesso ministro dell’economia nella sua “spoilerata” epistola alla Commissione. Di lettere, bilancio, Europa, interrogativi e modelli abbiamo discusso con l’economista Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, intervistato per il Foglio e Radio Radicale. Nel governo gli equilibri sono cambiati e nessuno sa bene come andrà a finire. Quel che possiamo fare però è attenerci al contenuto di ciò che è stato effettivamente spedito alla Commissione europea.: “La lettera finale per la verità non è tanto diversa da quella iniziale – dice Cottarelli – Distinguerei due parti della lettera: quella in cui si parla del 2018-2019, che mi sembra tutto sommato bene argomentata, e quella dal 2020 in poi. La Commissione ha dato il proprio ok alla scorsa legge di bilancio, a dicembre. Da allora non molto è mutato. L’economia ha rallentato e abbiamo un deficit un po’ più alto. Naturalmente io non sono d’accordo con l’ultima legge di bilancio, tuttavia l’argomento portato avanti dal governo è valido: se avete dato l’ok a dicembre, che cosa è cambiato di sostanziale?”.
Veniamo alla seconda parte della lettera. “La parte della lettera che guarda al 2020 in poi l’ho trovata invece abbastanza debole – dice Cottarelli – Ci sono delle decisioni di spesa (come quota cento e reddito di cittadinanza) che avranno il loro pieno effetto il prossimo anno. La lettera conferma gli obiettivi di bilancio per il prossimo anno e afferma l’intenzione di realizzare una riforma fiscale, presumibilmente la flat tax. Bisognerebbe però trovare all’incirca 35/40 miliardi. E come si trovano, anche con la spending review, in quattro o cinque mesi? “Più che la Commissione, però, Cottarelli teme i mercati finanziari. “La Commissione deciderà come comportarsi, ma per la verità a decidere saranno quelli che ci prestano i soldi: decine di migliaia di piccoli, grandi e medi investitori italiani ed esteri che comprano ogni mese titoli di stato italiani. Il governo proverà a ‘ottenere’ un deficit più alto, spostandosi così da quell’obiettivo del 2,1 per cento per il 2020 annunciato poco più di un mese fa. Quanto in alto il governo riuscirà a spostare questa soglia non sappiamo, ma intanto i mercati finanziari decidono in autonomia. Lo scontro con la Commissione può però fornire la scintilla capace di innescare un attacco speculativo. Anche se la scintilla non partisse da lì, può provenire da qualche altro evento nel mondo che cambi l’umore dei mercati. Con un deficit-pil di questo livello o più alto, siamo molto esposti a crisi di fiducia e attacchi speculativi, che potrebbero catapultarci in una situazione simile a quella del 2011".
Oggi la Lega di Salvini si gioca molto sulla flat tax, mentre si discute un’altra misura controversa: l’aumento dell’Iva. Una buona parte di economisti ed esperti – tra cui anche Cottarelli – è abbastanza convinta che la soluzione sarà poca spending review e diverse misure in deficit. “Alcune cose si possono inglobare nella struttura di tassazione, per esempio gli 80 euro di Renzi, che porterebbero circa 10 miliardi di euro. Questo però non è esattamente un taglio netto, anche perché gli 80 euro venivano già considerati dall’Istat un aumento di spesa, di fatto un taglio della tassazione. Si possono tagliare altre spese fiscali, detrazioni, deduzioni, ma arrivare a 35-40 miliardi mi sembra comunque difficile”. Non sembra esserci altra strada per il governo che andare oltre quel 2,1 per cento contrattato con la Commissione, che già ci rende complicatissima la riduzione del rapporto deficit-pil. “Le regole possono essere interpretate. La Commissione alla fine può dare una valutazione politica, ma comunque l’eventuale procedura sul deficit eccessivo richiede un giudizio a parte del Consiglio europeo. Mi aspetto un autunno piuttosto complicato”.
Come se non bastasse, il programma di governo deve fare i conti con la bassa crescita italiana, con le guerre tecnologico-commerciali Usa-Cina, con il rallentamento di paesi importanti come la Germania. In Europa per la verità ce ne sono anche altri che oggi segnano tassi di crescita interessanti. Di molti di questi paesi europei lo stesso Carlo Cottarelli si è occupato nel suo precedente incarico di direttore esecutivo per il Fondo monetario internazionale: Portogallo, Grecia, Spagna. In diversi in Europa parlano del miracolo portoghese e guardano con attenzione alla generale tenuta della penisola iberica, con la Spagna che sta ritrovando anche stabilità politica, oltre che economica. Ma esiste un qualche modello in Europa da seguire? “Prendiamo la Spagna. Ha avuto un grosso vantaggio rispetto a noi, già prima della crisi: debito molto basso, intorno al 40 per cento. del pil, mica come il nostro. Ha quindi potuto utilizzare quello spazio per sostenere economia e banche. Ha recuperato molta competitività, grazie anche a elementi strutturali diversi dai nostri: evasione fiscale più bassa, indici della burocrazia migliori, tempi della giustizia più rapidi”. E anche il Portogallo cresce. “Il Portogallo è un paese che ha messo in ordine i conti pubblici con il programma europeo e del Fmi. L’attuale governo socialista ha fatto una campagna elettorale contro l’austerità, ma una volta arrivato al potere ha più o meno continuato con una politica dei conti pubblici molto prudente”.
Tenere la barra dritta insomma, si può. “A un certo punto in Portogallo c’era la necessità di spendere di più in alcune aree. Lo hanno fatto, compensando con altri tagli. Spending review efficace suddivisa per anni. Quando nel 2017 Lisbona ha segnato più deficit (passando dal 2 al 3 per cento del pil) tutti hanno gridato: ‘Ecco il Portogallo si riprende perché ha abbandonato l’austerità!’. In realtà quell’anno il deficit cresceva perché Lisbona decideva di ricapitalizzare la principale banca pubblica di risparmio del paese, Caixa Geral de Depositos. Operazione puramente contabile e non maggiore spesa pubblica. Subito dopo infatti il deficit continuava a scendere. Ora sono vicini al pareggio di bilancio”.
In Italia proprio la Lega ha preso in prestito alcuni “spunti portoghesi”. Forse però superficialmente. La Lega e il governo vogliono richiamare dall’estero i pensionati italiani offrendo loro una pensione detassata, purché spostino la propria residenza nel Mezzogiorno d’Italia e in comuni entro i 20 mila abitanti, operazione che consentirebbe di ripopolare e sostenere aree depresse. Anche in Portogallo lo hanno fatto, forse in modo diverso, più appetibile. “Dovrei andare a rivedere le statistiche – dice Cottarelli – però l’impressione è che in Portogallo la detassazione per stranieri e pensionati abbia avuto un effetto, ma non così rilevante. Sono state altre le cose che il Portogallo ha fatto: mantenere stabilità sui conti pubblici, recuperare competitività, investire bene i fondi strutturali europei nel turismo, che oggi segna un boom eccezionale”.
Il Portogallo insomma funziona con una qualche leva fiscale, ma solo perché prima hanno messo in ordine i conti pubblici. In Italia invece si comincia dal tetto, anziché dalle fondamenta: “In Italia abbiamo ricominciato a crescere nel 2014-2015. Se avessimo messo da parte le maggiori entrate dello Stato derivanti da questa piccola crescita, senza nemmeno tagliare la spesa pubblica ma tenendola ferma, oggi saremmo al pareggio di bilancio. Ma queste risorse già allora sono state utilizzate con un bonus qui e un bonus là”. C’è più di un dubbio sul fatto che l’Italia possa risollevarsi solo attraverso una qualche operazione fiscale. “Non credo che oggi ne abbiamo le risorse. La proposta di riportare pensionati italiani all’estero nel Mezzogiorno si può verificare, non credo abbia un impatto enorme. Se invece si parla più in generale di utilizzare la leva fiscale tagliando le tasse in deficit, mi sembra una strategia molto rischiosa. I mercati si preoccupano, agiscono ed eliminano gli eventuali benefici che i governi sperano di produrre. Meglio intanto rimettere in ordine i conti sul lato della spesa”.