Incertezza e conti a rischio sono il cocktail letale di una nuova crisi italiana
Procedura d’infrazione, investitori in fuga, debito in salita, nuove frasi irresponsabili. L’economia è in un guaio, occorre svegliarsi
Crisi di governo, elezioni anticipate, procedura d’infrazione per violazione della regola sul debito, manovra correttiva, scontro con l’Unione Europea, nuova crisi finanziaria? Cosa succederà nei prossimi mesi? La risposta dipende da come si comporteranno i tre protagonisti del dramma a cui stiamo assistendo.
Il primo protagonista è l’Unione europea. Il suo comportamento è abbastanza facile da prevedere. Salvo sorprese, nei prossimi giorni la Commissione Europea dichiarerà che intende proporre l’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione delle regole sul debito pubblico. E a luglio il Consiglio approverà la proposta. A quel punto l’Italia sarà sotto stretta sorveglianza. Entro un periodo di tempo da definire, dovrà presentare un piano credibile di rientro dal debito. Se il piano non è ritenuto credibile, o se non sarà attuato, scatteranno delle sanzioni che aumenteranno progressivamente, fino a prevedere il blocco delle erogazioni dei fondi strutturali a favore dell’Italia. Questi passaggi avranno tempi lunghi, in modo da consentire al governo italiano di prendere le decisioni necessarie. Ma fino a che resterà in violazione delle raccomandazioni europee, l’Italia sarà esclusa dall’ombrello protettivo della Bce in caso di crisi finanziaria.
Il secondo protagonista è il governo italiano. Qui il copione del dramma è ancora da scrivere. Tuttavia lo scenario più probabile è che il governo non duri oltre luglio, e che si vada a votare a settembre. I contrasti politici sono troppo forti, e le sfide che il governo deve affrontare troppo impegnative, per pensare che l’attuale coalizione possa sopravvivere. Se vi saranno nuove elezioni, è anche facile prevedere che la Lega imposterà la sua campagna elettorale contro l’Europa e le sue regole. Forse pure il Movimento cinque stelle sarà tentato da una campagna in chiave anti-europea.
In questo scenario, la risposta chiesta dall’Unione europea sul piano di rientro dal debito arriverà in autunno avanzato, quando si sarà formato il nuovo governo. Ma che tipo di risposta sarà? E come sarà scritta la legge di bilancio? Naturalmente dipende dall’esito delle elezioni. In base ai sondaggi attuali, la Lega dovrebbe uscire vittoriosa e Matteo Salvini potrebbe essere il capo del nuovo governo. In questo caso, potrà Salvini rimangiarsi le promesse fatte in campagna elettorale e cercare un compromesso con l’Europa? Oppure prenderà atto che il rientro dal debito è troppo impegnativo, e sceglierà di scontrarsi con l’Unione Europea? Il futuro del nostro paese potrebbe dipendere dalla risposta a questi interrogativi. Il che non è molto rassicurante. Da un lato, è possibile che la Lega, una volta diventata la principale azionista del governo, si trasformi e diventi più responsabile e moderata. Avrebbe tutti gli incentivi a farlo, perché la sua base elettorale al centro-nord avrebbe solo da perdere da una crisi finanziaria dagli esiti imprevedibili. D’altro lato però, la storia dei partiti populisti in America Latina insegna che queste svolte sono improbabili, e influenti esponenti della Lega sembrano genuinamente convinti che l’Italia starebbe meglio fuori dall’Euro.
E qui entra in gioco il terzo protagonista del dramma italiano: i mercati finanziari e le agenzie di rating. Anche il comportamento di questo protagonista è difficile da prevedere. Con un debito pubblico così elevato, l’Italia è sempre a rischio di crisi finanziaria. Basta una scintilla per far perdere la fiducia dei mercati e scatenare le vendite.
E nello scenario sopra descritto le scintille non mancheranno: l’avvio della procedura d’infrazione, l’annuncio di elezioni anticipate, dichiarazioni irresponsabili durante la campagna elettorale, potrebbero indurre le agenzie ad abbassare ulteriormente il rating del nostro debito pubblico e scatenare una crisi sul debito. A questo si aggiunge che il debito pubblico è ormai così alto, che farlo scendere è davvero difficile. Senza una correzione fiscale, la corsa del debito diventerà inarrestabile. Ma una manovra restrittiva potrebbe comunque avere effetti temporaneamente negativi su un’economia già in stagnazione, rendendo la discesa del debito ancora più lenta.
In questo dramma pieno di incognite vi sono tuttavia anche alcune certezze. Primo, è imperativo uscire al più presto da un clima di continua propaganda elettorale. Da quando è nato questo governo, i partiti che lo sostengono sono stati perennemente in campagna elettorale: prima per le elezioni locali, poi per le europee, ora per le imminenti e possibili elezioni anticipate. Per quanto denso di incognite, lo scenario di elezioni anticipate con conseguente assunzione di responsabilità da parte della Lega è comunque meno negativo rispetto al protrarsi di una situazione di crisi politica imminente, in cui i partiti di governo pensano solo al prossimo mese, cercando di posizionarsi al meglio nel caso di nuove elezioni.
Secondo, l’incertezza nuoce all’economia. Fino a che resteranno dubbi sulla tenuta dell’Italia e sulla sostenibilità del suo debito pubblico, l’economia non potrà tornare a crescere in modo sostenuto. La recessione da cui siamo appena usciti, e in cui rischiamo di rientrare, è dovuta anche a un calo degli investimenti e della domanda interna, direttamente riconducibile alla mancanza di fiducia e all’aumento dello spread. Per rilanciare la crescita, il rientro dal debito pubblico deve essere la priorità che guida la politica economica. Da questo punto di vista, l’avvio di una procedura d’infrazione potrebbe essere il minore dei mali, se non ci porta a uno scontro totale con l’Europa.