Perché Airbnb può aiutare a riorganizzare il settore turismo
Al di là delle strutture alberghiere non esiste una caratterizzazione sistematica, e aggiornata, all’interno dell’ordinamento nazionale per definire le strutture ricettive diverse dagli alberghi
Roma. Molti probabilmente sanno già dove andranno in vacanza, nel senso della meta scelta. Ma è difficile dire dove si trascorrono le ferie in Italia. Al di là delle strutture alberghiere, infatti, non esiste una caratterizzazione sistematica, e aggiornata, all’interno dell’ordinamento nazionale per definire le strutture ricettive diverse dagli alberghi che tenga conto della diffusione delle piattaforme turistiche digitali come Airbnb che nel nostro paese è utilizzata da 220 mila proprietari di case e che, nel 2018, ha registrato 9,6 milioni di arrivi per una media di 3,6 notti di permanenza.
Una questione che investe il governo dal momento che ha avocato a sé la delega per la riorganizzazione del settore turistico nazionale: una opportunità per armonizzare il comparto, con audizioni degli operatori presso la Commissione Attività produttive della Camera in queste settimane.
Secondo uno studio realizzato dal Devo Lab di SDA Bocconi, e commissionato da Airbnb Italia, il quadro normativo è appunto schizofrenico e caotico. Esistono oltre venti tipologie diverse di ricettività extra-alberghiera, per sistemazioni che potrebbero rientrare molto semplicemente nell’unica categoria dei Bed & Breakfast. Inoltre, fatta eccezione per gli agriturismi – unica categoria uniforme sul territorio – nessuna tipologia di struttura extra-alberghiera è condivisa a livello nazionale: non c’è una regione o una provincia autonoma che non ha introdotto o disciplinato un tipo di struttura che invece esiste in un’altra regione. Per capire la grande diversità basti ricordare che ci sono categorie poco note come le case del camminatore, presenti solo in Umbria e Lazio, o l’ittiturismo, solo in Campania, Emilia Romagna, Liguria, Puglia, Sardegna, Veneto.
A ogni struttura non alberghiera corrispondono, poi, differenti legislazioni regionali o provinciali. Il problema maggiore sorge in quanto, per le medesime strutture, sono necessari requisiti dimensionali e normativi differenti al punto che, benché sia teoricamente semplice definire una casa vacanze come Bed & Breakfast, l’affastellamento di definizioni e norme rende oltremodo complesso gestire una struttura ricettiva e, soprattutto, intraprendere una iniziativa imprenditoriale turistica. “La categoria case e appartamenti per vacanze – dice lo studio Sda Bocconi – presenta requisiti che variano molto tra le diverse Regioni. Campania, Piemonte, Puglia e Sicilia consentono una permanenza massima di 90 giorni consecutivi, mentre Basilicata e Liguria fino a 12 mesi”, per non parlare di requisiti dimensionali o obblighi di pulizia della struttura.
Le leggi regionali sul turismo cambiano in media ogni anno. In sei regioni (Calabria, Liguria, Lombardia, Marche, Sardegna e Toscana e nella Provincia Autonoma di Bolzano), dice lo studio bocconiano, i testi normativi in tema di strutture ricettive extra-alberghiere sono stati modificati nell’ultimo lustro con cadenza annuale. In Liguria ci sono state cinque modifiche in cinque anni, un record. Altrove le leggi quadro relative al turismo sono invece antiquate: in Sicilia e Valle d’Aosta risalgono al 1996, prima della diffusione capillare di internet. Un effetto perverso della modifica rapida delle leggi è che i tribunali amministrativi sono esposti a ricorsi per illegittimità o incostituzionalità.
Per tentare di sistemare una situazione caotica Airbnb ha suggerito di istituire un portale unico per la raccolta dei dati e di creare un codice unico per l’identificazione delle strutture ricettive esistenti. “La Commissione ha mostrato grande attenzione per i temi da noi rappresentati, e siamo grati per l’occasione che ci è stata data – dice Matteo Frigerio, amministratore delegato di Airbnb per l’Italia – Si tratta di questioni di buon senso, non per questo meno cruciali: l’istituzione di un portale unico per la raccolta dei dati, come accade già in Croazia, e il rilascio di un codice identificativo unico per tutta la ricettività, devono essere l’occasione per superare l’attuale proliferare di codici regionali. Quante targhe dovrebbe esporre altrimenti un’automobile?”. Inoltre, secondo Airbnb, l’ipotesi di porre limiti di permanenza in strutture ricettive extra-alberghiere non incentiverebbe lo sviluppo del settore turistico: ridurrebbe la durate della stagione di vacanza senza aiutare a marciare l’economia in zone sotto popolate, come borghi e isole. “Abbiamo espresso preoccupazione per le posizioni di chi vorrebbe applicare copia e incolla a tutto il mercato dei criteri pensati per contesti urbani molto differenti – dice Frigerio – Penso a chi vuole estendere un limite temporale a tutte le città italiane: finiremmo solo per concentrare l’offerta in alta stagione”, ovvero con costi maggiori per i turisti.
tra debito e crescita