Nessuno è campione in casa sua
Le mega fusioni sono ostaggio dei nazionalismi, ma superarli è vitale
L’indiscrezione di una possibile controfferta di Renault a Fiat Chrysler Atomobiles dimostra che l’ondata di nazionalismo politico che attraversa l’Europa, ben al di là del sovranismo velleitario stile Salvini, fa e sempre più farà a pugni con le ragioni dell’industria, quindi della produzione e del lavoro. Il fin qui mancato deal per creare con base europea (e dove sia quella base interessa solo ai collezionisti di bandierine) il maggior gruppo automobilistico del mondo, con impianti, tecnologie e clienti dall’America all’oriente, è un’occasione persa dall’Europa stessa. Occasione di reagire a una crisi dell’Auto che taglieggia la crescita del continente. Egualmente l’incapacità di Commerzbank e Deutsche Bank di trovare partner (dopo il no a Unicredit, quello a Ing) che le salvi dai guai è autolesionismo puro incoraggiato dal sistema politico tedesco auto-conservatore benché bisognoso di rinnovarsi. Nella televisione l’accordo progettato tra Mediaset e la tedesca Prosiebensat1, in attesa del quale il Biscione si fonde con Mediaset España, indica l’urgenza dei broadcaster generalisti di consolidarsi. Dopo Alstom-Siemens l’Antitrust europeo ha bloccato la fusione ThyssenKrupp-Tata. E se la francese Ratp che gestisce la metropolitana di Parigi darà seguito all’interessamento per la concessione dei trasporti pubblici milanesi (contro una cordata con Atm, A2A, Ferrovie, Hitachi e altri) qualcuno brandirà lo scudo dell’“interesse locale” anziché incoraggiare la concorrenza (ce ne fosse per Roma). La realtà è che all’Europa non manca solo l’Unione bancaria, ma anche quella industriale e quella dei servizi. I tre grandi paesi manifatturieri vantano campioni nazionali, che però sono campioni soprattutto a casa loro. I nazionalismi politici guardano al consenso immediato, anziché al futuro. Se ognuno avesse difeso il proprio confine non ci sarebbero Netflix o Amazon. E’ il caso di replicarli, non di rinunciare a sfidarli.