Ragioni per cui Atlantia non dovrebbe abbandonare Alitalia
Tre report spiegano perché una (piccola) spesa per la compagnia aerea può valere la (redditizia) fine delle ostilità col governo
Roma. La smentita di Atlantia sull’eventuale ingresso in Alitalia non convince il mercato che continua a scommettere sul fatto che l’operazione si possa fare e che, anzi, rappresenta un’opportunità unica per la società del gruppo Benetton di “normalizzare” i rapporti con il governo gialloverde dopo la vicenda del crollo del ponte Morandi. A fronte del contributo al salvataggio della compagnia aerea, Atlantia, sempre secondo quest’ipotesi che circola tra gli operatori di Borsa, dovrebbe chiedere come contropartita l’interruzione della revoca della concessione per la gestione delle autostrade italiane avviata proprio in seguito all’incidente genovese. E il fatto che l’imprenditore romano, Claudio Lotito, presidente e azionista della Lazio, si sia fatto avanti con una proposta di cui non si conoscono i dettagli ha rafforzato la convinzione che è questo il momento giusto per i Benetton di sedersi al tavolo delle trattative visto che può contare anche sull’appoggio della Lega di Matteo Salvini, che ha definito Atlantia un “partner naturale” per Alitalia.
Secondo gli analisti, il titolo della società dei Benetton è riuscito risollevarsi dal collasso dopo il crollo del ponte Morandi dello scorso agosto – il valore delle azioni è risalito a 23,4 euro dopo avere toccato il minimo di 17,5 euro i primi di settembre 2018 – anche per merito della neo acquisita società spagnola Abertis, che contribuisce a generare maggiori margini di profitto, ma anche perché il mercato ha subodorato la possibilità che il ministero dei Trasporti possa interrompere la revoca della concessione. Del resto, lo stato italiano è tenuto a un risarcimento miliardario per la rescissione del contratto. Quindi trovare un punto d’incontro potrebbe convenire ad ambo le parti. Questa teoria, però, non tiene conto del fatto che Atlantia non ha mai incontrato esponenti di governo e che il dossier Alitalia è gestito dal ministero dello Sviluppo economico di Luigi Di Maio, capo del M5s, ostile alla compagnia dei Benetton. A ogni modo, tra il 12 e il 13 giugno, nei giorni a cavallo della smentita da parte del ceo Giovanni Castellucci, sono stati pubblicati tre report che spiegano le ragioni per cui l’operazione sarebbe opportuna per Atlantia.
Secondo Banca Imi, il processo di salvataggio di Alitalia rimane incerto poiché Lotito ha inviato una lettera al gruppo Fs con quella che è solo una manifestazione di interesse non vincolante. “Vediamo il potenziale ingresso di Atlantia in Alitalia come catalizzatore per normalizzare il rapporto con il governo”, spiegano gli analisti aggiungendo però che sarebbe meglio se questo obiettivo fosse raggiunto dalla società senza dovere arrivare a un esborso di 300-400 milioni di euro.
Per la casa di brokeraggio Fidentiis, invece, il gioco potrebbe valere la candela se la contropartita fosse l’interruzione della procedura di revoca della concessione. “In effetti, un investimento di poche centinaia di milioni di euro in Alitalia, anche se genera una perdita una tantum, sarebbe molto poco rispetto al valore della concessione autostradale. Pertanto, consideriamo un possibile accordo con il governo positivo per Atlantia”, dice il report di Fidentiis.
Banca Akros si sofferma sui benefici che potrebbero derivare ad Atlantia dalla sua partecipazione in aeroporti di Roma in termini di aumento del traffico commerciale e conclude ricordando come la cancellazione della concessione autostradale dopo il ponte Morandi abbia peggiorato il profilo di rischio dell’azienda veneta e di conseguenza come il ripristino del contratto potrebbe, invece, portare maggior valore. Su Atlantia, come su tutte le concessionarie pubbliche, grava il rischio delle potenziale revoche e delle modifiche normative. Inoltre, nel caso della holding dei Benetton si aggiunge il contenzioso con lo stato spagnolo su Acesa, concessionario autostradale controllato da Abertis, che risale al 2011.
tra debito e crescita