Sulla Popolare di Bari ben fatto, Mef
Logica economica e compatibilità europee, a dispetto dei gialloverdi, nella norma che salverà la banca barese
La norma che salverà la Popolare di Bari è costruita bene e non è poco di questi tempi. Arriva dal Mef, dalla parte di amministrazione che è rimasta esente dalle infiltrazioni gialloverdi e quindi scrive le regole cercando di rispettare sì il mandato politico (anche in aspetti che sarebbero discutibili) ma anche la logica economica, gli interessi da difendere, i colleghi delle autorità di vigilanza e le compatibilità europee. Ed è un piacere sentire il leghista Giulio Centemero, relatore, dire in commissione con soddisfazione e dandosi un tono autorevole che “la norma ha l’ok della direzione generale competition”. Altro che “se ne faranno una ragione” si rivendica invece un sano europeismo preventivo, col bollino incorporato. Aiutata dalle “merde del Mef” (cit. di Rocco Casalino) e guidata dal faro regolatorio dei “burocrati di Bruxelles” (cit. di autori vari in ambito leghista e grillino) la maggioranza può rivendicare una misura che salva una banca per la quale le ore di sonno del ministro Giovanni Tria e pare anche del governatore Ignazio Visco subivano qualche danno e favorire, in modo sensato, aggregazioni tra imprese e tra banche meridionali, migliorandone i conti e probabilmente anche la gestione. Nuovamente tutto il contrario di ciò che si predica.
La maggioranza che esalta le Pmi intuisce, sempre grazie agli aiuti intellettuali già citati, che bisogna invece favorire fiscalmente la crescita dimensionale delle imprese. E la maggioranza che esalta le banche locali zitta zitta piazza la norma che le banche le fa aggregare, dà un aiutino fiscale ai bilanci (con un meccanismo che, detto un po’ all’ingrosso, permette di scontare in anticipo future detrazioni se si accetta di fondersi con altre banche) e, probabilmente a strapparle al rapporto asfissiante col territorio oppure a fare in modo che un rapporto a volte positivo non venga troppo danneggiato da pressioni, intimidazioni, collusioni.
Nelle stesse ore e nello stesso provvedimento si sanciva quanto già anticipato, e ci stiamo spostando verso nord, per prorogare il sostegno pubblico, con tanto di fideiussione a garanzia, per le emissioni di obbligazioni a favore della Carige. Un doppio aiuto alle banche, avrebbe dovuto strillare il grillino doc o il leghista arrabbiato (sebbene dimentico non solo di Credit Euronord ma anche di Veneto Banca e Vicenza). Ma il grido non si è sentito, è rimasto strozzato in gola. Neanche un’invettiva di Gianluigi Paragone, una filippica di Elio Lannutti, un sussurro puntuto di Emilio Carelli, un rutto leghista. Niente. E va bene così, al Mef sanno cosa fanno e la Banca d’Italia da sempre è favorevole alle aggregazioni e gradisce che, fisco aiutando, un bubbone brutto come la Popolare di Bari si rifaccia il look. E poi niente odore stantìo di massoneria in occasione del probabile, ci buttiamo a indovinare, interessamento di qualche potere locale per far sì che la banca barese non facesse patatrac. Quegli effluvi un po’ marci gli autori degli instant book evidentemente li avvertono solo nel centro Italia, ma qui si salvano banche in Liguria e in Puglia, e soprattutto li avvertono solo quando il pre-tentativo di salvataggio arriva da parlamentari prossimi a perdere referendum ed elezioni. Insomma il salva-Bari come la rinnovata fiducia a Carige cui si dà altro tempo non odorano di niente, se non del sobrio profumo di cuoio e legni antichi degli uffici del Mef. E intanto, sempre nel poliedrico decreto crescita, arrivano anche le norme finalmente operative per far avere un ristoro a chi era incappato in titoli delle banche finite in risoluzione o nell’azzeramento del capitale. Il criterio è presuntivo: si paga subito e senza la minima complicazione a chi ha acquistato per somme fino a 50.000 euro. Gran parte degli animatori dei comitati di protesta che tanto filo da torcere hanno dato al governo saranno soddisfatti. E con questa norma si chiude il cerchio degli aiuti esterni. Dopo i tecnici del Mef (ascoltando anche Bankitalia) e dopo l’ok preventivo della direzione concorrenza della commissione europea ecco l’emendamento salva-risparmiatori pensato e presentato dal Pd. Adesso la maggioranza può tornare a inveire.