Così il virus gialloverde mette a rischio l'industria farmaceutica
Il settore italiano è in crescita ma ha paura. Scaccabarozzi (Farmindustria): “Non si distrugga uno degli ultimi settori trainanti del Paese solo perché abbiamo i numeri in ordine”
Il futuro si avvicina a grandi passi e in pochi anni, entro il 2025, ci sarà una rivoluzione nella risposta ai bisogni di salute. Il messaggio di Farmindustria durante i lavori della sua assemblea annuale è chiaro: siamo di fronte a un rinascimento dell’innovazione, testimoniato da un numero crescente di nuovi medicinali. Se tra il 2014 e il 2018 ogni anno nel mondo i nuovi farmaci erano 46, nei prossimi cinque anni saranno in media 54. E l’Italia ha tutte le carte in regola per essere un player attivo di questa partita. Come dimostrano i numeri del 2018: 32 miliardi di produzione, 26 di export, 3 di investimenti, 1,7 in ricerca e 1,3 in impianti produttivi di alta tecnologia, 66,500 addetti, tra cui molti giovani e donne, 6,600 ricercatori con una quota femminile oltre il 50 per cento. Ce la giochiamo con la Germania ad armi pari a livello europeo.
Tutto bene, quindi? Non esattamente perché dall’Assemblea pubblica che si è svolta all’Auditorium della Conciliazione è emersa una paura, espressa ad un certo punto proprio dal presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi: “Chiediamo regole condivise, certe, durature. Non si distrugga uno degli ultimi settori trainanti del Paese solo perché abbiamo i numeri in ordine”. Il concetto è semplice: questi investimenti nella ricerca, nella sperimentazione dei farmaci, nel digitale che sarà la nuova frontiera hanno un costo. Brevettare un farmaco ha un costo. “Le spese per la salute sono un investimento – ripete Scaccabarozzi – che fa bene alle persone e al Paese”. Gli investimenti sono aumentati del 35 per cento in 5 anni, più della media europea, arrivando a rappresentare il 7 per cento del totale italiano.
Eppure il settore che contribuisce in modo determinate alla crescita del pil è sempre tirato in ballo, se si pensa anche all’evidente sottofinanziamento della spesa farmaceutica pubblica pro-capite in Italia “ancora oggi inferiore alla media dei big europei di oltre il 25 per cento”. Anche il Servizio sanitario è il primo comparto ad essere sottopressione quando si deve risparmiare qualcosa per far quadrare i conti pubblici. Lo dice bene Fabrizio Greco, amministratore delegato di AbbVie: “Il farmaceutico è un settore che copre un bisogno, la salute è qualcosa che continua a crescere perché la popolazione invecchia e l’invito al governo gialloverde è di avere “un quadro normativo certo, una prospettiva stabile per gli investimenti”. Prospettiva che a quanto pare non è ancora definita.
Dal 1978, anno in cui è stata fondata Farmindustria ma, soprattutto, è nato il Servizio sanitario nazionale, l'aspettativa di vita degli italiani si è allungata di 10 anni. Rispetto agli anni Ottanta il 64 per cento delle persone riesce a superare le crisi cardiocircolatorie mentre due persone su 3 a cui è diagnosticato un cancro sopravvivono dopo 5 anni (30 anni fa non arrivano a una su tre). E progressi sono stati fatti anche nella cura delle malattie respiratorie e digestive, nonché nella prevenzione dell'Aids.
Il ministro della Salute, Giulia Grillo – che quest’anno ha partecipato all’appello di Famindustria dopo essere stata assente nella scorsa edizione – ha auspicato “un giusto equilibrio” e “una leale collaborazione” per la tenuta del sistema sanitario. Il ministro del M5s ha spiegato che ci sono farmaci che costano in modo spropositato e inoltre bisogna valutare se le terapie all’avanguardia sono “davvero innovative”. “Da troppi anni siamo in attesa di un vero aggiornamento del Prontuario – ha ricordato Grillo – Ancora oggi abbiamo differenze di prezzo di farmaci non giustificate dal loro valore terapeutico. La sostenibilità della salute che verrà passa anche da questi aspetti”.
Per quanto riguarda l'aggiornamento del Prontuario, il ministro ha detto presso l'Agenzia Italiana del farmaco (Aifa), che “si sta lavorando a un documento che sarà sottoposto all'attenzione dei soggetti interessati. Appropriatezza prescrittiva ed efficienza del sistema sono e saranno le regole auree che indicheranno la linea”. L'intenzione è di applicare, anche a questo capitolo, “il modello di lavoro, improntato al confronto leale e trasparente, che abbiamo portato avanti fin dal mio primo giorno al ministero”.
Il timore è che si vogliono togliere dal commercio i farmaci che non servono perché sono vecchi o “doppioni” di altri medicinali in vendita, abbattere i prezzi e accrescere l’utilizzo di generici e biosimilari. L’idea che hanno in testa al ministero della Salute è di risparmiare 2 miliardi grazie a questo screaming. E intanto è aperta la partita del payback che il presidente Scaccabarozzi chiama senza mezzi termini “un ulteriore tassa alle imprese farmaceutiche”. Di cosa si tratta? È il tema della governance, ossia la riforma dei complicati meccanismi che nel nostro sistema sanitario fissano i prezzi dei farmaci e stabiliscono un tetto di spesa oltre il quale sono le stesse industrie a intervenire (payback). Un tema che le imprese giudicano centrale per garantire la competitività dell'Italia.
La posta in gioco è alta. Negli ultimi cinque anni le industrie hanno versato 7 miliardi di payback ai quali si sommano 1,3 miliardi di risorse stanziate e non spese. A conti fatti la spesa farmaceutica è cresciuta in termini reali dello 0,3 per cento. Risorse davvero limitate considerando che sono in arrivo oltre 15mila medicinali per patologie anche molto gravi con un tasso di innovazione molto alto e, ovviamente, costi adeguati. Per introdurre questi farmaci e rendere sostenibile il Servizio sanitario è inimmaginabile – per gli operatori del settore - pensare alla revisione del prontuario oppure al ricorso di farmaci similari. Il rischio è che salti il banco con un grave danno per i cittadini e la capacità di investimento di molte aziende. Per questo Farmindustria propone un'alleanza con le istituzioni per creare “un modello nuovo di finanziamento basato su un sistema di regole certe e stabili superando la logica dei tetti e sull'uso efficiente di risorse pubbliche che devono essere destinate alla farmaceutica e rimanere nel settore”.