L'artista del debito
Milionario ma senza un soldo. Chi è Patrick Drahi, che grazie alla casa d’aste Sotheby’s si è guadagnato un posto tra i potenti
La filosofia del re del debito è semplice: “Dormi sonni più sereni con un debito di 50 miliardi sulle spalle piuttosto che quando devi rimborsare 50 mila euro”. Forse lo pensano in tanti ma solo Patrick Drahi, il cosmopolita uomo d’affari che oggi Forbes accredita di un patrimonio personale di oltre sette miliardi di euro, l’undicesima fortuna di Francia, ha avuto il coraggio (e la faccia tosta) di rispondere così. E lo ha fatto in un’audizione del 2014 al Senato francese, che si domandava come avesse fatto questo finanziere, all’epoca sconosciuto al grande pubblico, a impadronirsi di Sfr, il secondo gestore delle tlc francesi con un investimento di 13,5 miliardi di euro, per lo più a debito. Sfr è un colosso cui Drahi non lesina attenzioni, a partire dallo sforzo per trasformarlo nel gruppo leader per l’audience sportiva (370 milioni all’anno per l’esclusiva della Champions League fino al 2021). Avanti a suon di debiti, insomma, tra un’asta d’arte e il gol di un campione.
La formula del finanziere a capo del colosso Altice, specie in un momento in cui il denaro costa sempre meno, sembra funzionare
Secondo i calcoli di Proxinvest, che raggruppa gli azionisti di minoranza, gli impegni vecchi e nuovi contratti dal finanziere assorbiranno i flussi di cassa della tesoreria per i prossimi dieci anni. Ma Drahi non demorde: tanti debiti, tanto onore. E così il prezzo concordato con il presidente di Sotheby’s, l’avvocato Domenico De Sole (vecchia conoscenza della finanza tra Piazza Affari e gli Stati Uniti dai tempi di Gucci), sarà saldato in parte cedendo una piccola quota di azioni di Altice Usa (il 2,5 per cento del capitale, valore 400 milioni di dollari), rilevando il debito della stessa Sotheby’s e sfruttando una linea di credito che gli è stata concessa da Bnp Paribas per due miliardi abbondanti. Bruscolini o poco più per il finanziere franco-israeliano che siede su una montagna di debiti, oltre 49 miliardi, sapientemente distribuita tra le società europee (il 60 per cento) e quelle americane.
Bastano questi numeri per garantire il titolo di “re del debito” dei due mondi a Patrick Drahi, 55 anni, figlio di una coppia di insegnanti di Matematica di Casablanca che, già a undici anni, dimostrava di sapere fare di conto, dando una mano ai genitori nella correzione dei compiti degli studenti di liceo. E che da allora è sempre andato avanti a suon di debiti “buoni”, necessari per sostenere una lunga marcia. Un finanziere che ha saputo farsi strada nel mondo del business parigino, sfidando i mostri sacri, da Martin Bouygues a François Pinault, cui fa capo l’altro colosso dell’arte all’incanto, Christie’s, fino al concorrente Xavier Niel di Iliad, uno dei proprietari del Monde cui lui può opporre il controllo di Libération, salvata dal fallimento, dell’Express e di Expansion – per non parlare della presenza radio e tv garantita da Bfm e Rmc. Ma la marcia nei media non si limita all’Esagono: la presenza nel media via cavo di Altice copre l’Europa occidentale (Francia, Belgio, Portogallo e Svizzera), gli Stati Uniti, Israele, la Repubblica dominicana e i Caraibi. Tra le sue imprese figura 24 News, la tv israeliana in cui “mi sono fatto la mano nel mondo dell’informazione” con un obiettivo ambizioso: “Mostrare il vero volto di Israele”, trasmettendo in inglese, francese, ebraico e arabo. La tv sarà esportata negli Stati Uniti per “riportare le informazioni secondo il punto di vista dei cittadini di Tel Aviv, ma anche di quello di Gaza”.
Le mani sui media, Libération e l’Express. Con 24 News, emittente israeliana, vuole “mostrare il vero volto di Israele” al mondo
Non si è accontentato di una quota di maggioranza, ma ha voluto ritirare il titolo dalla Borsa, liberando Sotheby’s dagli occhi indiscreti
“Sotheby’s fa profitti per un centinaio di milioni di dollari anno, un risultato che non giustifica il prezzo”, continua l’anonimo informatore, “ma il controllo della casa ti garantisce un posto a tavola assieme agli uomini più ricchi e potenti”. Non a caso Drahi non si è accontentato di una quota di maggioranza, ma ha voluto ritirare il titolo dalla Borsa, liberando la società dal controllo di occhi indiscreti. Del resto, l’arte garantisce notorietà ma soprattutto prestigio per chi è in cerca di riconoscimenti al proprio potere. Come hanno ben capito i francesi che hanno imposto, chiavi in mano, il loro know how alle collezioni. Un ruolo ambito dai ricchi del petrolio, dal Qatar agli Emirati Arabi, fino all’assurdo dell’odissea del Salvator Mundi, l’opera attribuita a Leonardo battuta all’asta di Christie’s per 450 milioni di dollari per poi svanire nel nulla per due anni prima di ricomparire, si dice, negli arredi dello yacht dal principe saudita Mohammed Bin Salman costruito da Fincantieri. Non è difficile immaginare che Drahi farà largo uso delle entrature garantite da questo biglietto da visita unico, che lo aiuterà a fare ottimi affari in giro per il mondo, a partire dagli Stati Uniti. E’ qui che, secondo le sue ultime dichiarazioni, vuole mettere il centro principale dei suoi business, e poi è questa la terra del suo mito, John Malone, il re delle tv via cavo. “Questo paese mi ha accolto a braccia aperte, senza alcun pregiudizio”.
Per ricambiare tanta fiducia Drahi ha già messo in cantiere la prossima grande impresa: diventare lui il numero uno della tv via cavo d’America, dove già possiede Sudderlink e altre società minori che fanno di lui, per ora, il numero quattro del mercato. Senza dimenticare la Francia dove non sono mancate le critiche e le perplessità che hanno accompagnato la sua ascesa. Specie dopo che, a sorpresa, nel 2014, quasi sconosciuto, si aggiudicò l’asta per il controllo di Sfr (oggi posseduta tramite Altice) promossa da Vivendi, sconfiggendo non solo Bouygues ma anche il volere del governo socialista. L’allora ministro Arnaud Montebourg insorse contro “un gruppo che fa capo a una holding lussemburghese quotata alla Borsa di Amsterdam, guidato da un signore che ha la sua residenza fiscale a Guernsey, paradiso fiscale inglesee la residenza personale in Svizzera”. Secca la risposta di Drahi. “Non ho intenzione di prendere di nuovo la residenza in Francia, ma ci investirò tre miliardi di euro. Vi basta come rimpatrio?”.
Ha un’ossessione per la riduzione dei costi che alimenta gossip e leggende. Dalla carta per le fotocopie al logo aziendale
Di lì passa al gruppo svedese Kinnevik, per cui cura la ristrutturazione della rete via cavo in Andalusia: una missione quasi impossibile, a detta dei superiori, che lui realizza in tempi record. Nel 1993, compiuti 30 anni, Drahi decide di mettersi in proprio: non ha senso sacrificare talenti e ambizioni sotto padrone. I soldi? Non sono un problema, quando sei pieno di idee. La scalata al successo imprenditoriale comincia come azionista e responsabile europeo dell’americana Upc, una partecipazione che vende prima di essere travolto dalla bolla internet di fine millennio. Seguirà, per una dozzina d’anni, una lunga serie di operazioni nel settore per mettere assieme una massa critica sufficiente per aspirare al primo posto in un campo molto frequentato.
Dalla sua, oltre alla fiducia che raccoglie tra gli investitori istituzionali, Drahi può contare su una volontà ossessiva, quasi un incubo per i dipendenti. La sua ossessione per la riduzione dei costi ha alimentato per anni il gossip aziendale: stretta sulla carta per le fotocopie ma anche sulla stessa carta igienica oltre che sulle camicie per gli addetti alle relazioni con il pubblico. Quando si tratta di disegnare il nuovo logo aziendale Drahi, per risparmiare, rifiuta le offerte delle agenzie. Se ne occuperà lui stesso in prima persona. Come non accadrà probabilmente a Sotheby’s, abituata al trattamento che si deve per le aziende che vantano tanta nobiltà. Ma con un arista della finanza qual è Drahi non si può mai dire.