Atlantia apre all'ingresso in Alitalia per mettersi alla cloche
L’operatore autostradale e aeroportuale, definito “decotto” da Di Maio, ora potrebbe essere l'unico in grado di salvare il governo da una condizione disperata
Roma. L’operatore autostradale e aeroportuale Atlantia ha comunicato di essere disponibile a partecipare al salvataggio di Alitalia, in seguito alle pressioni degli altri soci coinvolti, da Ferrovie dello stato a Delta Airlines, per evitare il definitivo collasso della compagnia aerea e i relativi contraccolpi sull’aeroporto di Fiumicino, gioiello della società controllata dalla famiglia Benetton. L’apertura è stata comunicata ieri al termine del Consiglio di amministrazione di Atlantia, nel quale Alitalia non era all’ordine del giorno. Il cda ha dato mandato all’amministratore delegato Giovanni Castellucci di “approfondire la sostenibilità ed efficacia del piano industriale relativo ad Alitalia – inclusa la compagine azionaria e il team manageriale – e gli opportuni e necessari interventi per un duraturo ed efficace rilancio della stessa”. La decisione deriva dalle valutazioni in riferimento alla “società controllata Aeroporti di Roma per una compagnia di bandiera competitiva e generatrice di traffico”.
Dopo il tentativo fallito di attrarre vettori da ogni parte del globo, il governo Lega-M5s era in una condizione disperata a tre giorni dalla scadenza per la presentazione delle offerte, il 15 luglio, perché mancava una azionista rilevante. Le adesioni assicurate erano inferiori al 60 per cento del capitale con Ferrovie dello stato (30-35 per cento), il ministero dell’Economia (15), l’americana Delta Airways (10), l’unico partner industriale. Ora con l’apertura di Atlantia si prospetta un ulteriore proroga, non breve, per la successiva presentazione delle offerte. L’impegno di Atlantia appare condizionato dall’opportunità di valutare la strategia della compagnia, sia il piano industriale sia il management. Il piano industriale preparato in questi mesi da Ferrovie e Delta Airlines, secondo indiscrezioni, prevederebbe una riduzione delle più profittevoli tratte di lungo raggio per Alitalia. Atlantia dal 2016 controlla con Aeroporti di Roma l’aeroporto di Fiumicino dove oltre il 30 per cento del traffico è operato da Alitalia e dal quale deriva il 28 per cento dei ricavi aeronautici per la società. La compagnia dei Benetton ha dunque interesse ad avere voce in capitolo sulla strategia della compagnia affinché sia in grado di sostenersi nei prossimi anni senza ulteriori tracolli. Il traffico di Alitalia sarebbe sostituibile in un medio periodo da compagnie internazionali che impiegherebbero due anni per generare lo stesso volume di traffico e di ricavi. Altrettanto Atlantia si riserva valutazioni sui compagni di viaggio eventuali e sui posti di comando in azienda. A completare la compagine azionaria, oltre a Fs e al Tesoro, si sono affacciati il presidente del club della Lazio, Claudio Lotito, il gruppo Toto, altro concessionario autostradale, e Germán Efromovich, imprenditore appena estromesso dal controllo della colombiana Avianca perché non è riuscito a ripagare un debito verso la United, ma ambiva a diventare presidente di Alitalia.
Il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, aveva prima definito Atlantia “decotta”, ovvero inadeguata a salvare Alitalia. In tandem con il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, aveva annunciato la revoca delle concessioni autostradali come punizione preventiva in seguito al crollo del ponte Morandi che però comporterebbe un indennizzo da parte dello stato di circa 20 miliardi.
Alitalia nel 2018 ha perso circa mezzo miliardo di euro ed è piccola per essere competitiva, con quote di mercato calanti anche in Italia. A livello europeo trasporta ormai circa il 2 per cento dei passeggeri, contro oltre il 13 per cento di Lufthansa e di Ryanair. Una strategia stand alone era impossibile e soprattutto poteva essere un suicidio. Per Atlantia è il terzo intervento in dieci anni come azionista della compagnia ed era l’unica alternativa, sia per l’esperienza nel settore aereo sia per la stazza, per tentare un ennesimo rilancio. Nel 2018 ha avuto ricavi per 11,4 miliardi e un margine lordo di 5,2 miliardi, è quindi capace di mettere una fiche di circa 300 milioni per avere il 30-35 per cento di Alitalia. Se il governo voleva piegare Atlantia ora è la società dei Benetton a essere nella posizione per mettersi alla cloche.