Autonomia e altre distrazioni dal disastro salviniano. Parla Vescovi
Per il presidente di Confindustria Vicenza, “il governo più statalista e assistenziale da anni sta bloccando l’Italia”. Le due Leghe, quella che amministra il nord e quella che condivide con il M5s le responsabilità di malgoverno
Roma. “Abbiamo il governo più statalista e assistenziale da anni a questa parte. Un governo che blocca l’Italia, come sulla Tav le altre infrastrutture, ma impegna tempo, energie, risorse per rimettere in piedi l’Alitalia come compagnia di bandiera, un carrozzone decotto in puro stile Iri, un’azienda che io lascerei al suo destino, il fallimento, poiché graverà a tempo indefinito sui contribuenti e sul sistema produttivo”. Parla Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza, la prima del Veneto con 1.600 imprese associate per 85 mila addetti, il 96 per cento di dimensione medio-piccola. Cioè 45 miliardi di pil, circa il tre per cento di quello nazionale. E una disoccupazione a livelli tedeschi: il 5,3 per cento, con un’offerta di lavoro del 71,3, la più alta degli ultimi 15 anni.
Vescovi, 56 anni, laureato a Ca’ Foscari e titolare di un’azienda di costruzioni, potrebbe ritenersi soddisfatto. Sul Foglio del 5 marzo ha pubblicato una lettera per documentare come i suoi associati siano invece scoraggiati dall’esecutivo: un’analisi affidata all’Università di Verona evidenzia un indice di fiducia a sei mesi negativo per il 26,9 per cento, “un valore tremendo”, che andava a confrontarsi con il dato positivo di gennaio 2018. Quattro mesi fa il governo e l’Italia erano paralizzati da veti reciproci, campagna per le europee e contrasti con l’Ue. Ora che la procedura d’infrazione è almeno rinviata, che le europee sono state stravinte dalla Lega, che cosa cambia? Soprattutto, che fa Matteo Salvini (la Lega nel vicentino ha ottenuto un plebiscito del 52,7) per sboccare l’Italia? “Nulla”, dice Vescovi. “Perché di fatto le Leghe sono due: quella che amministra il nord e quella salviniana, che condivide con i 5 stelle le stesse responsabilità di paralisi e malgoverno”.
La questione del momento (fondi russi a parte) è l’autonomia bloccata dai grillini. “Non è una battaglia identitaria, così come non condivido gli slogan ‘prima gli italiani’ non sottoscrivo quelli sul prima i veneti o i lombardi. E neppure una questione politica: la richiesta è stata sottoscritta dalla regione Emilia-Romagna e da decine di ottimi sindaci del Pd. Serve invece a sbloccare questa parte del paese perché il resto segua”. Vescovi parte dalla carenza di 6 mila tecnici denunciata dall’ad di Fincantieri, Giovanni Bono. “Un manager pubblico, politicamente esposto. Ma poiché è intellettualmente onesto su questo tasto insiste da almeno dieci anni. L’autonomia c’entra, perché sottrarre la scuola e la formazione allo statalismo e alla demagogia pubblica affidandola alle regioni significa affrontare uno dei maggiori problemi del momento: l’istruzione. E farlo mentre le risorse sono dirottate sulle pensioni e sull’assistenzialismo”. Il capo degli industriali vicentini parla di istruzione come recupero “di professionalità scientifiche e tecniche strappandole a una visione novecentesca. Oggi un saldatore è un professionista di laboratorio, che lavora in un ambiente di precisione con l’informatica di Industria 4.0”. L’ostilità del M5s all’autonomia, dice Vescovi, fa il pendant “con l’antimeritocrazia del reddito di cittadinanza, del decreto dignità, del salario minimo”.
Ma aggiunge: “Basta con Salvini che vorrebbe ma non può e Di Maio che frena. Il governo è unico, il giudizio condiviso”. Parlando delle “due Leghe” Vescovi fa riferimento al patto di Milano che nel 2002 dette il via ai contratti aziendali con incentivi legati agli obiettivi, firmato dall’allora ministro del Lavoro Roberto Maroni e da Cisl e Uil: “Maroni che attuò anche lo scalone per le pensioni, una riforma moderna, altro che quota 100”. Al posto dei Maroni e degli Zaia, Salvini ascolta gli euroscettici Rinaldi, Bagnai, Borghi? “E’ un fatto. Così come è un fatto che il nord è profondamente europeo per natura. Figuriamoci: nei nostri contratti aziendali ci sono anche corsi di tedesco con premi legati al livello di conoscenza della lingua”. E’ nell’euroscetticismo populista che il presidente di Confindustria Vicenza individua sia il collante della responsabilità congiunta sia l’alibi che frena l’Italia. L’altro alibi invece riguarda il solo Salvini: “Basta con la campagna sugli sbarchi. E’ tempo che si occupi seriamente di un’economia ultima in Europa. E non saranno i porti chiusi a farla ripartire”.