Il governo raccoglie i mattoncini per ridurre il debito
Palazzi storici, conventi, fari e appartamenti di pregio. Quanto valgono le dismissioni degli immobili che il Demanio ha messo in vendita
Il piano di dismissione degli immobili pubblici doveva arrivare in primavera, e invece è arrivata prima l’estate. Martedì il ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato il testo di legge che stabilisce come procedere e ieri, senza perdere altro tempo, il Demanio ha lanciato i primi tre bandi che fanno parte del piano per raccogliere 950 milioni di euro per fare cassa in vista della prossima manovra.
Le prime vendite che il Mef spera di chiudere entro novembre riguardano 93 immobili per un valore a base d’asta di 145 milioni di euro. Dentro c’è una parte significativa del patrimonio pubblico italiano, tra palazzi storici, conventi, carceri, terreni edificabili e appartamenti di pregio. Questa prima operazione è stata infatti portata avanti con lo scopo di offrire gli immobili più spendibili, quelli con destinazioni d’uso già pronte, per attrarre investimenti e chiudere i primi round con il massimo guadagno. Ci sono edifici storici, come Villa Bardini a Firenze e l’ex convento delle Vincenzine a Parma, che risale alla prima metà dell’800. C’è anche un pezzo della caserma Mameli di Bologna e un faro sulla costa ionica calabrese. L’edificio di maggiore valore è Palazzo Costa Ferrari a Piacenza, che tra saloni affrescati e circa 4.000 metri quadrati di superficie parte da una base d’asta di 3,1 milioni di euro.
Per il ministro Giovanni Tria è una scommessa importante, visto che il piano fa parte delle risposte con cui l’Italia ha tranquillizzato Bruxelles sulla riduzione del deficit che il governo ha garantito di ottenere. Ma a livello operativo la strada è ancora lunga e nel complesso il contributo dell’intero piano di dismissioni vale circa lo 0,6 per cento del pil.
Il decreto prevede che vengano recuperati altri 275 milioni di euro da bandi non ancora pubblicati che riguarderanno altri 327 beni del Demanio. A questi si aggiungono altri 38 milioni di euro che dipendono da beni con valore minore, alcuni venduti con trattative dirette e altri con aste frammentate gestite dagli enti locali. Così, il Mef conta di racimolare 458 milioni di euro piazzando sul mercato 1.600 immobili pubblici.
A questi si sommano altri 160 milioni di euro che Tria confida di raccogliere dalla vendita di 40 caserme che fanno capo alla Difesa. Resta poi l’ultima fetta del piano, quella più corposa, nelle mani di Invimit. La società immobiliare completamente controllata dal Mef ha il delicato complito di recuperare 610 milioni di euro cedendo altri beni ai fondi immobiliari che gestisce (500 milioni attraverso la cessione di quote dei fondi e 110 milioni attraverso la vendita diretta). In questo caso si tratta di strutture in capo ad altri enti territoriali e pubbliche amministrazioni, edifici ad uso diverso da quello abitativo, come uffici, spazi commerciali o espositivi.
Con queste tre macro aree di intervento, il decreto conta di recuperare 1,2 miliardi fino al 2020. Un tassello di quei 18 miliardi che secondo gli impegni presi con Bruxelles nel Documento di economia e finanza il governo racimolerà da operazioni di privatizzazione. In ballo c’è circa 1 punto percentuale di pil nel 2019 e lo 0,3 per cento nel 2020, cifre necessarie per ragionare sulla prossima manovra finanziaria da affrontare in autunno. Ammesso che il governo resti ancora in piedi. Al momento, Lega e M5s non sembrano comunque preoccuparsi degli altri 17 miliardi che mancano ancora all’appello. Il governo raccoglie i mattoncini per ridurre il debito.