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L'Istat conferma: Italia a crescita zero

Samuele Maccolini

I dati dell'Istat per il secondo trimestre del 2019 dicono che il pil italiano è rimasto stazionario. La responsabilità del governo gialloverde

Lo aveva previsto il governo, che nel Def aveva aggiornato le stime di crescita del pil per il 2019 passando dall'1 per cento di fine 2018 a un più parco 0,1. Ne aveva parlato lunedì sul Foglio il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi, seguito dai dati del Centro studi di Confindustria, che in un'indagine pubblicata qualche giorno fa scriveva: “Per l’intero 2019 difficilmente si potrà andare oltre una crescita dello 0,1”.

 

Oggi i dati dell’Istat sembrano confermare questo scenario. Secondo le stime dell’Istituto, infatti, il secondo trimestre del 2019 il pil italiano è rimasto stazionario, sia rispetto al trimestre precedente, che su base annua. In sintesi l’Italia ha fatto registrare una “crescita zero” proseguendo io trend negativo iniziato nel secondo trimestre del 2018. Con questo, infatti, sono cinque i trimestri consecutivi in cui la variazione è stata prossima allo zero. Si era registrata una piccola crescita dello 0,1 per cento nell'ultima rilevazione trimestrale; ma ora il dato si riconferma stazionario.

 

Secondo l'Istat la variazione congiunturale si spiega con l'indebolimento del comparto dell'agricoltura, silvicultura, pesca e industria. Si registra un aumento del valore aggiunto nei servizi. Per quanto riguarda la domanda, sia la componente nazionale che quella estera netta danno un contributo nullo.

 

Nel suo manifesto pubblicato lunedì sul Foglio Bonomi sottolineava le responsabilità del governo gialloverde, incapace di rilanciare l'economia: “Le forze di governo hanno anteposto a tutto ciò che loro vedevano bene come proprio interesse elettorale a breve, quota 100 e reddito di cittadinanza. Ma hanno perso di vista ciò che a loro appariva come sfocato e molto meno interessante, una seria e sostenibile prospettiva di sostegno alla crescita, che dalla fine del 2013 aveva pian piano preso velocità e spessore. Man mano che i dati della stagnazione si infittivano, abbiamo dovuto aspettare per cinque mesi che si compisse la campagna elettorale in vista delle europee, prima di veder approvati i decreti cosiddetti crescita e sblocca cantieri. (…) E ora, visto il crescendo delle divisioni e delle polemiche tra loro, rischiamo di dover aspettare altri mesi di esasperanti polemiche, prima che si chiarisca la volontà di proseguire o dismettere la loro collaborazione di governo. Questo è il quadro in cui ci troviamo”.