Marco Bonometti (foto LaPresse)

Fate presto, o ripartite da zero. Così pensano gli industriali lombardi

Daniele Bonecchi

Bonometti di Confindustria Lombardia non si espone (troppo) sul voto, ma si preoccupa molto per lo stallo che dura da tempo

Milano. E’ stato uno dei nomi di imprenditori chiamati in causa da Matteo Salvini, ma del resto era stato anche tra i primi a protestare contro la politica dei No, a partire dalla Tav e dalle grandi infrastrutture che “rappresentano la spina dorsale dello sviluppo”, in Lombardia, come in buona parte del paese. Ed era stato proprio Marco Bonometti, capo di Confinustria lombarda – con più di una simpatia mai celata nel centrodestra – a denunciare la paralisi, lo stop della crescita. Con lui si era schierato tutto il mondo dell’impresa, gli artigiani, i commercianti per sostenere infrastrutture e sviluppo. “Sono al lavoro, tanto per cambiare, perché qualcuno bisogna pur che lavori”, dice al telefono Bonometti, alla scrivania alla vigilia di Ferragosto, nel suo studio alle Officine Meccaniche Rezzanesi, il gruppo industriale che guida.

 

Ma basta parlare della crisi che scuote i palazzi romani, con il profilarsi di una maggioranza di governo assai diversa a quella che, se non lui, di certo Salvini sogna per trasformarlo in un torrente in piena. “Le forze politiche devono trovare, in modo responsabile, una soluzione, se la scelta migliore è quella di restituire ai cittadini la possibilità di esprimere la loro volontà, facciamolo. Se troviamo la soluzione di un governo che risolva i problemi veri, facciamolo. Continuare a litigare col teatrino della politica sta creando seri problemi al paese, minacciando la credibilità anche fuori dai nostri confini. Una merce che manca da troppo tempo”. E al centro c’è una situazione economica al collasso. “Gli industriali, e in particolare quelli lombardi, non fanno politica ma avvertono fortemente la necessità che alla guida del paese ci sia un governo saldo e capace di rispondere rapidamente ed efficacemente alle sfide che abbiamo davanti e che condizioneranno il futuro dell’Italia. L’Italia vive da troppo tempo una pericolosa fase di galleggiamento, riempita solo da un’insostenibile campagna elettorale permanente”. E sulle ipotesi che sembrano prendere corpo, dal governo istituzionale a quello di legislatura, Bonometti, pur mantenendo “le distanze” dalla politica, sbotta: “Probabilmente la nostra classe politica non conosce la situazione reale del paese. L’abbiamo detto più di una volta: siamo in grave difficoltà. Gli industriali stanno tentando di difendere le imprese e la politica sembra che difenda solo le poltrone e i suoi interessi. Di fronte a questa situazione occorre dare una risposta”. E le iniziative più recenti del governo dimissionario sembrano essere un buco nell’acqua: “Lo sblocca cantieri, con 26 miliardi già autorizzati, non è servito a niente, non ne è partito neanche uno. Solo l’apertura di quei cantieri contribuirebbe a far crescere il pil dell’uno per cento all’anno, per tre anni. Adesso si aggiunge la caccia alle risorse per non aumentare l’Iva e domattina? Domani ci sarà magari il problema dell’energia. Insomma le decisioni prese non sono servite a niente”.

 

Poco ottimismo. “La preoccupazione che da mesi abbiamo espresso è che manca la fiducia. Certo le immagini che abbiamo visto (in Senato ndr) fanno capire che avevamo ragione. Le forze politiche devono ritrovare senso di responsabilità”. Bonometti non vuole entrare “nei discorsi della politica”, le parole di Salvini restano di sfondo, “a faccio un discorso terra terra: noi domattina dobbiamo essere messi nelle condizioni di poter lavorare, ma mi sembra difficile che ci siano le condizioni”. La produzione lombarda presenta una svolta negativa del dato congiunturale (meno 1,2 per cento). E lo scenario nazionale è anche peggiore. “Non si vede una via d’uscita, sembra venir meno il senso di responsabilità. Sembra che l’interesse generale venga messo in secondo piano rispetto alle logiche partitiche”, conclude sconsolato Bonometti. “Se non trovano una soluzione abbiano la compiacenza di dire ricominciamo da zero. Ma bisogna farlo rapidamente perché il mondo della produzione e del lavoro non può aspettare”.