Pubblicità Quota 100 su un autobus a Roma (foto LaPresse)

Come ammainare la bandiera di quota 100. Parla Codogno

Alberto Brambilla

Nel programma di governo Pd-M5s non se ne fa cenno. Eppure, secondo l'ex capo economista del ministero dell'Economia si potrebbe aumentare l'età minima di uscita dal lavoro, mentre il reddito di cittadinanza potrebbe trasformarsi in un modello di flex-security "in linea con i più avanzati paesi europei"

Roma. Se il governo Lega-M5s era cominciato con la promessa di consacrare il programma alla propria base elettorale, cioè a chi aveva lavorato e a chi non lavora, il governo Pd-M5s dovrebbe cominciare a smontare gradualmente quell’impianto per recuperare margini per ridurre la spesa pubblica prima di chiedere flessibilità di bilancio a Bruxelles. Eppure nel programma di governo di quota 100 e di reddito di cittadinanza non si parla, anzi per il sottosegretario alla presidenza del consiglio del M5s Riccardo Fraccaro le misure “non si toccano”. Il reddito di cittadinanza era la bandiera del M5s e, anche se alcuni membri del Pd erano critici sulla possibilità che il sistema dei navigator consentisse di permettere di trovare un lavoro ai destinatari del sussidio, è difficile al momento prevedere modifiche radicali. “E’ più facile agire sul reddito di cittadinanza e trasformarlo in qualcosa di diverso; è uno schema mal disegnato, ma con il tempo può esser trasformato in un modello di flex-security in linea con i più avanzati paesi europei, con politiche attive nel mercato del lavoro veramente efficaci”, dice Lorenzo Codogno, ex capo economista del ministero dell’Economia e oggi a capo della sua società di consulenza e analisi LC Macro Advisors. E’ possibile, per esempio, che il governo vada a incidere sulle sanzioni per chi beneficia del sussidio, fino a 780 euro al mese, ma non rispetta le condizioni per ottenerlo come presentarsi agli incontri per l’orientamento alla ricerca di impiego perdendo così il beneficio.

 

Più complicato iniziare a smontare la misura bandiera della Lega di Matteo Salvini, lo schema di anticipo pensionistico a 62 anni con 38 anni di contributi, in scadenza nel 2021 dopo tre anni di sperimentazione, perché ha un indice di gradimento alto nella popolazione. “L’abbassamento dell’età pensionabile è stato un provvedimento malsano viste le tendenze demografiche di una popolazione in rapido invecchiamento e una riduzione della forza lavoro in ingresso. C’è ovviamente la corretta tentazione di modificarlo subito. Questo toccherebbe però interessi specifici di una fascia di elettori – dice Codogno – e quindi politicamente è una cosa molto delicata”. Le domande per l’anticipo pensionistico sono state molto ridotte rispetto alle attese e potrebbero essere risparmiati 4 miliardi su 8. Tuttavia smontare quota 100 già l’anno prossimo spiazzerebbe chi sta già progettando l’uscita dal lavoro. E’ più probabile che ci sarà una modulazione dello schema come suggerito su questo giornale da Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali che è stato consigliere di Salvini per la riforma pensionistica salvo poi bocciarla per come è stata realizzata. Secondo Brambilla, una modifica sarà necessaria con la previstone dell'innalzamento dell’età minima di uscita a 64 anni dal 2021, motivo per cui quota 100 diventerebbe quota 102. Lorenzo Codogno è della stessa opinione: “Si possono fare modifiche in maniera cauta; sarebbe utile trasformarla in quota 102 o in quota 105, ma dovrebbe essere fatto spiegandolo con chiarezza agli elettori, possibilmente senza stravolgere l’attuale logica della riforma. Essa infatti garantisce alcuni vantaggi rispetto alla situazione precedente, come ad esempio la maggiore flessibilità in uscita e una maggiore omogeneità di trattamento tra le categorie di lavoratori. Comunque prima questo verrà fatto e meglio è; il problema è squisitamente politico”. D’altronde sono pochi i soggetti che a 62 hanno già versato contributi per 38 anni. E’ possibile innalzare il requisito anagrafico di uscita a 64 anni e lasciare flessibilità, ovvero opportunità di scelta, a chi vuole uscire più tardi, anche a 70 anni, sempre con 38 anni di contributi. “A mio avviso, in Italia ci dovrebbero essere iniziative che dovrebbero essere condivise da tutti i partiti politici, secondo criteri oggettivi come la demografia. Solo in Italia accade che quando cambia il governo si cambia radicalmente atteggiamento e politiche; altrove si studiano i problemi con commissioni tecniche per anni e poi arrivano soluzioni ampiamente condivise. Con la condivisione si può trovare l’equilibrio. Le regole del sistema pensionistico non dovrebbero essere né di destra e né di sinistra”, conclude Codogno.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.