Perché Gentiloni può dare una spinta gentile a Bruxelles
Le riflessioni di Altomonte (Bruegel) tra politiche fiscali e monetarie europee dopo che i rossogialli hanno un commissario
Milano. Queste ultime settimane alla presidenza della Banca centrale europea rischiano di essere per Mario Draghi le più difficili del suo mandato durato otto anni. Alla vigilia della riunione del 12 settembre crescono nel board della Banca centrale europea le resistenze dei ‘falchi’ – in particolare dei rappresentanti di paesi come Oanda e Austria – nei confronti di alcune misure espansive come il Quantitative easing e si allarga il dibattito sull’efficacia di una politica monetaria basata solo sul sostegno del sistema finanziario.
Allo stesso tempo, la nomina di Paolo Gentiloni a commissario europeo per gli Affari economici apre una nuova prospettiva per l’Italia e l’Europa sul fronte delle politiche fiscali, quelle che oggi vengono indicate da molti osservatori come le uniche davvero in grado di aiutare i governi a sostenere la domanda interna. “Potremmo dire che Gentiloni comincia dove Draghi finisce”, sintetizza con una battuta l’economista Carlo Altomonte, ordinario di politiche economiche europee all’Università Bocconi e membro del think thank Bruegel. Per Altomonte, il passaggio di consegne ai vertici della Bce tra Draghi e Christine Lagarde e l’ascesa di Gentiloni nella stanza dei bottoni della Commissione europea, presieduta dalla tedesca Ursula von der Leyen, fanno parte di un unico grande momento di cambiamento degli equilibri europei. “La politica monetaria di Draghi è stata vitale per stabilizzare l’euro dopo la grande crisi finanziaria del 2008, ma ha progressivamente perso efficacia come strumento di politica economica rispetto all’esigenza degli stati di aumentare la spesa per investimenti. Gentiloni dovrebbe avere lo stesso coraggio che ha avuto Draghi di intraprendere strade non convenzionali per provare a cambiare le regole della politica fiscale europea. Ci sono tutti i presupposti: ha l’appoggio della von der Leyen ed è uno dei politici italiani più in sintonia con la Francia, inoltre potrebbe in futuro superare le ostilità della Germania che attraversa una fase di rallentamento”.
Il passaggio di consegne ai vertici della Bce tra Draghi e Lagarde e l’ascesa di Gentiloni nella stanza dei bottoni della Commissione europea fanno parte di un unico grande momento di cambiamento degli equilibri europei. L’ex premier ha l’occasione di lasciare il segno come ha fatto Super Mario
In Italia, intanto, il governo Conte Bis sta per affrontare il delicato banco di prova della legge di Bilancio per il 2020. E qui le capacità di Gentiloni saranno subito messe alla prova. “L’azione di questo governo si potrà misurare solo con la manovra per il 2021 dove si potranno investire i risparmi dei minori costi per interessi sul debito pubblico, se lo spread si manterrà ai livelli attuali. Per il 2020, considerando la scarsità di risorse a disposizione, è già tanto se si riesce a evitare l’aumento dell’Iva”. Secondo l’economista, è da miopi pensare che l’ex presidente del Consiglio vada a Bruxelles solo per trattare uno o due punti di flessibilità sulle leggi di bilancio italiane, tanto più che avrà gli occhi puntati addosso del ‘falco’ Valdis Dombrovskis con cui dovrà collaborare. “Il disegno dev’essere di più ampio respiro e Gentiloni ha l’occasione di lasciare il segno, come ha fatto Draghi quando ha dato una mano agli stati membri nel momento in cui erano alle prese con la crisi del debito sovrano”.
Entro domani i vertici dell’Eurotower dovranno trovare una soluzione che soddisfi le attese dei mercati che sono state alimentate dai suoi stessi annunci. Le indiscrezioni della vigilia dicono che il “bazooka” di Draghi potrebbe trasformarsi in un arma di calibro minore: un taglio dei tassi d’interesse di 10-20 punti base e i dettagli dell’annunciato nuovo round di prestiti agevolati alle banche (i Tltro). “Probabilmente non si andrà oltre questo – prosegue Altomonte – Difficile pensare, allo stato del dibattito interno alla Bce, che Draghi annunci la seconda edizione del Quantitative easing”. Eppure, i mercati da mesi scontano, nei valori, l’arrivo di un nuovo programma di riacquisto titoli che si pensava potesse essere esteso a nuove categorie di titoli, per esempio quelli azionari. “Temo che resteranno delusi, Draghi non rischierà di creare una contrapposizione all’interno del consiglio per dare il via a tutti i costi a un nuovo Qe per il quale, francamente, non ci sono neanche le condizioni. Così facendo consegnerebbe nelle mani della Lagarde la guida di una banca centrale senza ulteriori margini di manovra”.
Anche il futuro presidente ha contribuito ad alimentare le aspettative degli investitori parlando di una Bce più vicina ai cittadini nel suo discorso al Parlamento europeo. E diversi analisti hanno interpretato le sue parole come un modo per inaugurare una nuova retorica, quella di una People’s Bce (Bce del popolo). “Per la verità Lagarde ha parlato molto anche di Eurobond, titoli di stato sovranazionali garantiti da tutti i paesi membri, come strumento per stabilizzare l’economia europea. Ma quest’aspetto del suo discorso ha avuto meno risonanza mediatica anche perché manca un dibattito pubblico sul tema”. Insomma, Draghi lascia una Bce in un momento in cui l’immissione di liquidità nel sistema non sembra più essere una priorità, mentre lo è quello di smussare gli effetti collaterali di misure espansive precedenti, come i tassi di deposito negativi. E Gentiloni diventa commissario per gli affari economici nel momento in cui gli stati ambiscono a ottenere maggiore flessibilità da Bruxelles. “Gentiloni dovrà mostrarsi imparziale nei confronti dell’Italia e poi usare questo credito per dar vita a nuova politica fiscale europea che si può riassumere in tre punti: trovare una strada per recuperare decine di miliardi di tasse dai giganti del web come Google e Facebook che attualmente versano al fisco l’equivalente di una media azienda Ue; la promozione di un safe asset europeo – volendo, anche legato al settore green o alla protezione dell’ambiente –cogliendo, quindi, l'invito della Lagarde; la riduzione del rischio nel sistema bancario”.