Nemmeno Facebook con Libra riesce a sfondare la barriera del digitale
Problemi per la moneta elettronica. Una riunione a Basilea con comitato di 26 Banche centrali, tra cui la Fed e la Bank of England
Milano. Siamo abituati a considerare ogni mossa di Facebook come un processo inarrestabile. Mark Zuckerberg ha creato il più grande social network del mondo, ha comprato Instagram e l’ha trasformato nel più grande social fotografico del mondo, sgominando e scopiazzando la concorrenza, ha comprato WhatsApp e l’ha trasformato in uno dei più grandi servizi di chat del mondo. Nel dominio del digitale, l’impero di Facebook non ha limiti. Per questo quando Facebook ha svelato il progetto Libra, una moneta digitale che ha l’obiettivo esplicito di fare la disruption del sistema finanziario globale, tutti hanno pensato: è arrivato il momento in cui Facebook sta per passare dal dominio dei rapporti d’affetto al dominio dei rapporti finanziari. Facebook ha messo su un consorzio con qualche decina di partner di peso, ha installato una nuova società a Ginevra e si è preparato all’attacco del sistema. Ma fuori dal digitale il potere di Facebook è più limitato. Il sistema finanziario globale ha risposto con ferocia al tentativo di aggressione di Facebook, e il progetto Libra, a pochi mesi dalla sua presentazione, non sembra godere di ottima salute.
Ieri il Financial Times ha rivelato che i dirigenti del consorzio di Libra, di cui Facebook in teoria è soltanto uno dei membri ma di cui in realtà è una specie di primus inter pares, sono stati chiamati in audizione a Basilea da un comitato di 26 Banche centrali, tra cui la Fed e la Bank of England, e l’incontro non è stato facile. Da mesi ormai banchieri, regolatori e legislatori accumulano una sull’altra dichiarazioni critiche e bellicose contro Libra. L’incontro è stato presieduto da Benoît Coeuré della Bce, che già in precedenza aveva detto che per Libra “l’asticella dell’approvazione regolatoria sarà altissima”.
Giovedì scorso il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha detto che l’introduzione di Libra in Europa dovrà essere bloccata perché mina la “sovranità monetaria” degli stati, e il giorno dopo i governi di Francia e Germania hanno emesso un comunicato congiunto in cui ribadiscono la loro intenzione di bloccare Libra: “Nessuna entità privata può detenere potere monetario, che spetta di diritto alla sovranità delle nazioni”. Gli stati e le banche centrali vedono Libra come una minaccia alla sovranità monetaria perché con la sua valuta digitale Facebook intende creare un network globale di pagamento e di fornitura di servizi finanziari capace di superare i confini tra gli stati e le barriere di commissioni, regolamenti e cambi di valuta che adesso rendono difficoltose le transazioni da una parte all’altra del mondo specie tra piccoli risparmiatori.
Dopo le accuse di Le Maire David Marcus, uno dei creatori di Libra e ceo di Calibra, il portafoglio digitale con cui Facebook vorrebbe fornire servizi finanziari basati su Libra, ha difeso la sua creatura in un lungo thread su Twitter in cui ha detto che Libra non è una nuova valuta che nasce dal nulla minacciando la sovranità monetaria, ma è agganciata a un paniere di valute esistenti in rapporto 1:1. Significa che per ogni quantità x di libra ci sarà una quantità x di euro o di dollari. I regolatori, tuttavia, non sono per niente convinti, e la cattiva reputazione di Facebook nella protezione dei dati e della privacy degli utenti gioca a sfavore di Libra.
Non capita spesso che Facebook veda la sua marcia trionfale così bruscamente interrotta, anche se ovviamente l’ultima parola ancora non è detta, e forse tra qualche anno questo giornale costerà una libra e ottanta. Nel frattempo, però, bisogna segnalare che quando i giganti della Silicon Valley cercano di avventurarsi fuori dal mondo digitale le cose sono sempre più complesse di come vorrebbero. E’ successo ad Amazon, che voleva costruire un gigantesco quartier generale a New York ed è stato cacciato dai locali preoccupati per l’aumento dei loro affitti; sta succedendo a Google, che vorrebbe costruire una smart city fuori da Toronto, in Canada, ma deve affrontare un’opposizione agguerrita. Facebook ha ambizioni ancora più grandi, ma per ora sono in pausa.