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L'illusione del “tutto rinnovabili”

Umberto Minopoli

I paesi virtuosi nella riduzione delle emissioni carbonifere sono solo quelli che fanno ricorso all’energia nucleare

Tra il 1970 e il 1990 la Svezia, facendo ricorso all’energia nucleare ha dimezzato le sue emissioni totali di carbonio e ha ridotto di oltre il 60 per cento le emissioni per abitante. All’opposto la Germania ha raddoppiato la sua produzione di energia da rinnovabili, ma ha ridotto il contributo del nucleare. Risultato? Le emissioni di CO2 non sono diminuite. Anzi sono aumentate negli ultimi anni e l’energia in Germania rimane fortemente dominata dalle fonti fossili, in particolare il carbone. Francia, Belgio e Svizzera hanno fatto come la Svezia. E non come la Germania. Da loro le emissioni di CO2 sono minori che in Germania. Ecco la verità: i paesi virtuosi nella riduzione delle emissioni carbonifere sono solo quelli che fanno ricorso all’energia nucleare. Il “tutto rinnovabili”, proclama del partito maggioritario del governo italiano, è una pia illusione. E pura propaganda: la Germania ne è la prova evidente. Essa, se l’Europa decidesse una ulteriore stretta ai limiti emissivi di CO2 avrà problemi enormi, che Svezia, Francia e altri (grazie al nucleare) avranno in misura assai minore, per stare negli eventuali nuovi obiettivi di de-carbonizzazione.

 

L’errore tedesco è stato aver utilizzato le fonti rinnovabili per sostituire l’energia nucleare no-carbon (con la chiusura di alcune centrali nucleari, dopo Fukushima, e il promesso phase-out delle altre entro il 2022). Il risultato di questo errore è che la Germania, nella migliore delle ipotesi, si ritroverà tra vent’anni con energia da rinnovabili che peserà per il 44 per cento, con un peso “residuo” delle fonti fossili per la quota rimanente, e con un peso enorme delle emissioni da carbone-lignite (le più elevate). E’ evidente che la Germania, a cui il costo di questa conclamata “transizione (die Wende) energetica” peserà oltre 1.000 miliardi di dollari in vent’anni, dovrà fare sforzi ulteriori enormi (in un’economia che oggi non brilla) per rispettare nuovi eventuali limiti emissivi dell’Europa. C’è chi scommette, perciò, che per la seconda volta nella sua storia – avvenne già trent’anni fa dopo Chernobyl – la Germania rivedrà la decisione del phase-out del nucleare alla scadenza, oggi fissata, del 2022, con una semplice life-extension delle sue centrali in esercizio.

 

Il “tutto rinnovabili”, 100 per cento di energia prodotta da fonti non fossili entro il 2050, contiene un equivoco distruttivo: non è possibile, tecnicamente, non prevedere, a fianco delle fonti rinnovabili oggi note (idroelettrico, solare, eolico, biomasse ecc.) una quota ineliminabile di energia basica, necessaria al funzionamento del carico elettrico del paese h24 e necessaria per attenuare gli scompensi ineliminabili creati dai limiti delle energie rinnovabili (specie da fonte eolica e solare): intermittenza, limiti fisici (necessità di spazi enormi per generare potenza equivalente a un impianto convenzionale (gas, carbone o nucleare), assenza di possibilità di stoccaggio dell’energia prodotta oltre tempi e quantità limitate. Le rinnovabili, per tutto questo (e altro ancora) non sono “sostitutive”, come si pretende, delle fonti di energia convenzionali (gas, carbone, nucleare): sono utili e lodevoli “fonti collaterali”. Qualunque sia il quantitativo di energia da rinnovabili che un paese si prefigge di raggiungere ci sarà sempre bisogno di un quantitativo di energia convenzionale.

 

“Tutto rinnovabili” è solo uno slogan. Chi vuole decarbonizzare dovrebbe puntare a imitare la Svezia e non la Germania: cambiare il mix delle fonti convenzionali e non puntare solo a elevare la quota di rinnovabili. Le fonti convenzionali, in quanto a emissioni carbonifere, sono assai diverse tra loro: il nucleare è no-carbon, il gas è low-carbon, il carbone è heavy-carbon. La Germania, al contrario di altri paesi europei, ha usato le rinnovabili per sostituire il no-carbon nucleare con l’heavy-carbon del carbone-lignite. Insensato. E l’Italia? Noi siamo messi peggio di tutti: non abbiamo più molto carbone da sostituire, e non abbiamo un nucleare da utilizzare nella contabilità di emissioni no-carbon. In caso di nuovi limiti emissivi europei saremo costretti a tassare pesantemente l’unica fonte di base di base di cui disponiamo: il gas. Che già costa enormemente in termini di fattura estera (e vogliamo pure bloccare le trivellazioni). Qualcuno si rende conto di cosa vuol dire, per la nostra economia, lo slogan “tutto rinnovabili”? O ulteriori strette ai “limiti di emissioni di CO2” delle nostre centrali convenzionali?

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