Perché Confindustria può essere il ministero per il nord
Nessun desiderio di staccarsi dall'Europa, volontà di investire su giovani e competitività. Il discorso del presidente di Assolombarda è quello di una categoria che, non sapendo più a che santo votarsi, sembra pronta a far da sola
Milano. E quindi eccola qui, Assolombarda. Eccolo qui il nord che produce. Eccolo qui, che sgomita e si sbraccia per attirare l’attenzione di un governo che sembra non averlo a cuore, come fosse convinto che tanto, il nord, si arrangia da solo. Eccolo qui, con il suo vestito migliore, a chiedere (pretendere non si può dire che pare brutto) un sistema paese che funzioni, che cammini. Che non si perda più in bizantinismi e balbettii. Che non esiti. Che innovi. Che cresca. Che non lasci indietro nessuno, né tra gli ultimi (che vanno aiutati) né tra i primi (che non vanno azzoppati).
Si sentiva forte, questa richiesta, all’Assemblea Generale di Assolombarda alla Scala di Milano. Gli industriali hanno detto chiaro, molto chiaro, al limite della schiettezza cosa vogliono e cosa no. Cosa il nord si aspetta dal governo Conte Bis. “Stupiteci”, ha detto il presidente Carlo Bonomi al nuovo e vecchio premier. Un’esortazione che rende chiara l’idea del misto di fiducia e cautela con cui si guarda al nuovo esecutivo. Fiducia, perché la sua storia è tutta da scrivere. Cautela perché il Conte I agli industriali lombardi è piaciuto poco o nulla.
Dunque eccola la lista di quel che i lombardi chiedono: innovazione, tanto per cominciare; riforme, che snelliscano la bizantina macchina burocratica italiana (a tal proposito è stato anche mostrato un cortometraggio facile facile, di quelli che non capire non si può); taglio del cuneo fiscale; un rapporto buono e costruttivo con l’Europa, senza più nemmeno l’ombra delle ostilità anti Bruxelles degli scorsi mesi. Chiaro, no? Se non lo fosse abbastanza, Bonomi ha snocciolato anche quello non vuole più: niente che somigli al primo governo Conte, non solo perché “Non si governa dalle spiagge e dai balconi’, ma anche perché “se il discorso di richiesta della fiducia del governo Conte Bis ci è molto piaciuto, non dimentichiamo i precedenti 14 mesi”. E poi, “Via quota cento, che penalizza i più giovani, via il reddito di cittadinanza pensato per finanziare le politiche del lavoro e non, come dovrebbe, le fasce più deboli, via l’errore del decreto dignità, via la flat tax”. Non si parli, poi, se non per burla, di tassare merendine, biglietti aerei o l’uso del contante, si vada invece a prendere l’evasione vera. Partano, invece, i nuovi investimenti. L’Italia, è il senso di quel che dice Bonomi, può fare grandi cose, se solo ne avesse l’opportunità. “Lo spread oggi è a circa 140 punti. Non accontentiamoci. Possiamo arrivare a 80/90 punti”.
E’ stato tutto così, esplicito e franco, il discorso che Bonomi ha tenuto davanti alla platea di Assolombarda ed è stato in parte sovrapponibile a quello del sindaco della città, Beppe Sala, che, senza false modestie, ha detto che la sua città è il modello del paese del futuro e che assai gradita sarebbe una riforma in senso autonomista, non per lasciare indietro chi è messo peggio, ma per crescere a beneficio di tutti.
Due discorsi di apertura venati di accento milanese, dai quali di intuiva che si stava parlando d’altro. Si stava parlando di un nord che non intende staccarsi di un centimetro dall’Europa, che vuole investire nei più giovani, nella formazione, nella competitività. Di un nord che, oggi, sembra non sapere più a che santo votarsi. E che allora, se nessuno lo aiuta, sembra pronto a far da solo. Un far da sé che – si badi – non significa in nessun modo riabbracciare le spinte scissioniste bossiane, che oggi sono buone solo per le fiction con Stefano Accorsi. Per carità. Un nord che vuole far da solo nel senso che, se non c’è un ministero possibile, si vuole prendere Confindustria. Anzi: vuole essere Confidustria. Difficile infatti pensare che sia un caso il fatto che tutti i nomi che circolano per il dopo Vincenzo Boccia arrivino dal settentrione: c’è Bonomi, dato per favorito, c’è il bresciano Giuseppe Pasini (Feralpi) e si vocifera voglia correre anche il genovese Edoardo Garrone (Erg). Se a stupire non dovesse essere il bis di Conte, potrebbe essere uno di loro.