L'ultima battaglia di Draghi per l'euro contro Berlino e l'Eurotower
Il gotha della finanza tedesca si avvia, dopo otto anni, a cancellare la presenza scomoda di quel banchiere che, a un passo dall’uscita dai vertici della Bce, ha avuto il coraggio di dire no
Milano. “La Bce sembra finita nel bel mezzo della Guerra delle due Rose” commenta, dopo la lettura dei verbali della riunione di settembre della Banca Centrale Europea, il capo economista tedesco dell’olandese Ing. “Il primo compito di Christine Lagarde sarà di sistemare le spaccature emerse nel consiglio”. Ovvero, visto il pulpito da cui arriva il messaggio, mettere riparo ai presunti danni inferti alla macchina da guerra comandata a distanza da quell’italiano che non si è arreso ai diktat in arrivo dai falchi della Bundesbank, di Allianz e delle altre “cattedrali” della politica economica d’oltre Reno: Mario Draghi, romano cresciuto in Goldman Sachs, tollerato in questi dal gotha della finanza tedesca che si avvia, dopo otto anni, a cancellare la presenza scomoda di quel banchiere che, a un passo dall’uscita dai vertici della Banca centrale, ha avuto il coraggio di dire no ad una parte rilevante del blocco che governa il sistema: diversi colleghi del board, tra cui i governatori di Germania, Francia e Olanda, ma anche, non meno potenti, i membri del Consiglio di governo e i capi struttura di Francoforte, gente non abituata a essere disobbedita anche se Super Mario l’ha fatto per quattro volte di fila, dal 2011 in poi. Anche per rimediare ai guasti prodotti dalla disgraziata scelta di Jean-Claude Trichet che, alla vigilia del crack di Lehman Brothers, si piegò ad aumentare i tassi come volevano gli gnomi di Francoforte quando tutti, salvo “i dinosauri che governano il sistema” (espressione del Financial Times), avevano capito che occorreva fare l’esatto opposto.
“Ma così corriamo il rischio di fare esplodere l’inflazione”, fu la spiegazione del banchiere: una scelta scellerata che avrebbe probabilmente portato alla fine dell’euro se Draghi, nel 2021, non si fosse spinto a promettere di fare “whatever it takes“ per salvare la moneta unica. Oggi, se possibile, la partita è ancora più difficile, senz’altro più complessa: l’inflazione poco sopra lo zero. le locomotive d’Europa, Germania in testa, scivolano nella depressione. E i tassi bassi, anzi ben sotto lo zero nell’Europa “core”, lungi dall’alimentare la ripresa, mettono a rischio i “dinosauri”: Deutsche Bank, che pure ha già i suoi guai, lamenta di dover pagare 400 milioni di euro per parcheggiare i suoi depositi presso la Bce a tassi sotto lo zero. Ancor peggio, per la prima volta i clienti delle banche tedesche, come ha rivelato il presidente del Fondo interbancario Salvatore Maccarone, spostano i loro depositi nelle tanto disprezzate banche italiane, che garantiscono ancora un seppur modesto interesse. Una provocazione che ha suscitato la levata di scudi della Germania che conta, pronta a mettere alla sbarra assieme all’Olanda e anche alla Banca di Francia, a sostenere che la colpa è della politica di Draghi, a partire dalla riedizione, seppur in forma ridotta del Quantitative easing. Ma sarà così?
Dalla lettura dei verbali emerge che nella Bce, accanto ai falchi, ci sono colombe di vario tipo, anche quelle che contestano “da sinistra” il banchiere romano, a confronto perenne con i falchi che annusano aria di vincita. Non si sa bene per fare cosa perché, se è pur vero che i tassi bassi non sono sufficienti (anche perché la Cina non beve più l’export d’Oltrereno), è pur certo che una stretta avrebbe effetti devastanti.
Il rischio, insomma, è che per tamponare la perdita di interessi per i risparmi dei pensionati olandesi si compromettano le speranze dei giovani del continente. Ma, per ora, l’obiettivo è più limitato: far capire a Madame Lagarde, l’erede di Draghi, che la finanza del Sacro Romano Impero del nord Europa intende liquidare al più presto l’esperienza dell’italiano che è riuscito a sopportare le pressioni di Wolfgang Schäuble e a compiacere per lunghi tratti Angela Merkel. Un vero europeo che ha impedito finché ha potuto, la guerra delle Due Rose. Peccato che in Germania, il paese che ha più da perdere in caso di frattura dell’Eurozona, molti non l’hanno capito.